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Numero 1(65)
Privatizzata l’ultima compagnia petrolifera di stato

    La Slavneft è stata l’ultima azienda petrolchimica russa ad essere privatizzata prima delle elezioni. Il suo nuovo proprietario, il gruppo che include la Sibneft e la TNK, con quote di partecipazione 50:50, ha pagato, il 18 dicembre, 1,86 miliardi di dollari, per il 75% della società. In seguito alla privatizzazione queste due aziende controllano il 99% della Slavneft (il 54.8% appartiene alla Sibneft, e il 45.2% alla TNK), ed hanno partecipazioni azionarie notevoli alle principali succursali della stessa Slavneft.
    Come una volta, nella privatizzazione non è mancato lo scandalo. Il prezzo, pagato per il pacchetto, ha superato solo del 9.4% il prezzo di partenza, che era di 1.7 miliardi di dollari. Ciò ha consentito ad alcuni media di affermare che la prima asta di privatizzazione, organizzata sotto Vladimir Putin, ricorda l’esperienza delle aste “di pegno” dei tempi di Eltsin. In particolare, il giornale francese Le Monde ha pubblicato un articolo con dure critiche alla situazione creatasi attorno alla Slavneft. Secondo l’autore dell’articolo, la privatizzazione avrebbe comportato di nuovo una lotta fra gruppi “oligarchici”.
    Tale paragone è dovuto soprattutto all’evidente mancanza della competizione per la Slavneft. Le aziende russe, comprese la LUKoil, la Surgutneftegas e la Rosneft, sono uscite dalla lotta senza aspettare l’asta stessa, forse perché non avevano sufficienti possibilità per farsi valere. Inoltre, a qualche giorno dall’asta, la gara è stata lasciata anche dall’azienda petrolchimica cinese CNPC, che avrebbe potuto pagare per la Slavneft una cifra assai maggiore. Ma visto che la Duma aveva approvato una norma secondo la quale aziende pubbliche straniere non possono partecipare alle aste, tale esito era del tutto prevedibile: in caso contrario, l’asta poteva essere riconosciuta non valida. Mancando una gara vera e propria, il risultato dell’asta era evidente in anticipo.
    La differenza principale dall’epoca di Eltsin è, quindi, solo questa: mentre prima uno scandalo del genere diventava di dominio pubblico in Russia, ora tutto sembra assolutamente civile. Lo Stato vende la sua proprietà a buon mercato, ma non per un tozzo di pane, i concorrenti si escludono con metodi vietati, ma non commentano ciò che è successo. Del resto, si può solo essere d’accordo con quello che scrive l’autore dell’articolo di Le Monde: nessuno per ora ha abolito la struttura oligarchica dell’economia russa.
    Ma dal punto di vista del clima d’investimenti, il rapporto tra gli oligarchi e lo Stato non è l’unico aspetto valido: alla fine, in molti Paesi del mondo grosse aziende possono godere di un rapporto esclusivo con lo Stato. A questo punto, la domanda assai più importante è questa: cosa succederà con la Slavneft, diventata di proprietà privata.
    Esistono tre opzioni relative alla prossima attività dell’azienda: gestione unita; divisione di giacimenti della Slavneft; o nella terza ipotesi, la Slavneft sarà cambiata, una parte dopo l’altra, con quegli attivi che possedeva nella TNK e nella Sibneft prima della privatizzazione. La prima opzione, quella della gestione unita, sarebbe inedita per la realtà russa, perché i flussi finanziari delle aziende petrolchimiche vengono gestiti in un modo che permette di ridurre le spese fiscali. Se nel caso della Slavneft lo schema della gestione unita sarà realizzato lo stesso, diventerà una seria dimostrazione dell’aumento della trasparenza delle aziende petrolchimiche, nonché il primo precedente di tale collaborazione tra le imprese russe. Ma per ora questo sviluppo sembra poco probabile.
    La divisione della Slavneft in singoli giacimenti è invece assai probabile. L’unica mancanza di questo scenario è il fatto che i nuovi proprietari dovranno prima portare tutte le imprese della Slavneft ad un’azione unica, e solo successivamente potranno dividerle tra i proprietari. Soltanto in questo caso saranno rispettati gli interessi dei soci minoritari.
    Appare ancora più probabile la divisione della Slavneft, combinata con l’utilizzo delle sue parti, mirato a comprare gli attivi già presenti nella TNK e nella Sibneft. Queste due società hanno già avuto in coproprietà la Orenburgnefteorgsintez che in seguito è stata comprata dalla TNK. Ora invece quest’azienda potrebbe essere scambiata con una parte della Slavneft, il che migliorerebbe la struttura geografica della lavorazione del petrolio sia all’interno della TNK, sia all’interno della Sibneft.

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