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Numero 10(74)
FMI: la Banca centrale può perdere il controllo della situazione

    Mentre la Banca centrale segue con attenzione le tendenze sui mercati internazionali, e ritiene necessario influire solo sugli eventi congiunturali al mercato, il punto di vista del FMI su quello che sta accadendo è del tutto diverso.
    Secondo gli esperti internazionali, infatti, la Banca Centrale è ostaggio della congiuntura mondiale, in particolare dei prezzi elevati del petrolio. Sono stati loro la ragione di un aumento degl’ introiti per l’ esportazione nel primo semestre di questo anno di 6 miliardi di dollari; inoltre sono loro che hanno permesso alle compagnie petroliere russe di attingere ai prestiti esteri (le banche straniere, a loro volta, accordano volentieri crediti ai petrolieri, considerando i prezzi medi del petrolio di 29 dollari al barile a partire dall’inizio dell’anno) incrementando anche i profitti di bilancio. La Banca Centrale, con l’obiettivo di sostenere la competitività dell’economia, e’ stata costretta a prelevare l’eccedenza dei dollari dal mercato, ma neanche la crescita delle riserve del 36% nel primo semestre ha permesso di evitare un rafforzamento del tasso di cambio fino alla quota di 30,3 rubli per un dollaro. Inoltre, anche i petrolieri hanno fatto un gioco di rinforzo del rublo – invece di rimpatriare il 50% degli introiti per l’ esportazione permesso dalla legge, loro rimpatriavano la totalità del 100% perché era diventato più redditizio tenere le risorse proprio sui conti in rubli.
    La Banca Centrale è preoccupata per la situazione della liquidità. Nel primo semestre la crescita della massa monetaria è stata del 30% circa, un ritmo di crescita molto più veloce che non negli anni precedenti. Per gli esperti internazionali questo è gravido di una notevole pressione inflazionistica. Inoltre, presso le banche si sono accumulate riserve di liquidità – 2 miliardi di dollari circa sui conti di corrispondenza e altri 3 miliardi circa sui depositi alla Banca Centrale. Di fatto queste risorse non portano profitti, e quindi, con questa struttura delle attività, il margine bancario si abbassa. Prima o poi le banche saranno costrette a trasferire queste risorse nei crediti, e non ci sono garanzie che tale portafoglio creditizio sia di qualità sufficientemente buona. In altre parole, una crisi dei cattivi debiti in quanto conseguenza di tale politica della Banca Centrale, rappresenta la seconda preoccupazione del FMI. Gli esperti russi hanno una visione della situazione alquanto più ottimistica. In primo luogj, per loro la pressione inflazionistica in Russia è forte non tanto per la crescita delle riserve e della massa monetaria, ma perché continua l’aumento delle tariffe. Ora la crescita della massa monetaria dall’inizio di quest’anno aveva come causa la transizione di una serie di aziende alla paga ufficiale degli stipendi effettuata in rubli, il che ha fatto crescere la domanda di rubli. Per cui le conseguenze inflazionistiche dell’emissione monetaria della Banca Centrale sono abbastanza limitate.
    Per quanto riguarda i rischi bancari, mica tutte le banche sono pronte ad addossarsi i rischi delle medie e piccole imprese. Una parte delle grandi banche, strettamente legate con i loro azionisti, si avvarranno piuttosto della possibilità di aumentare il proprio capitale, ma metteranno in valore segmenti più affidabili del mercato, per esempio il commercio al dettaglio. Solo quelle banche che non hanno accesso alle nuove risorse per aumentare il proprio capitale saranno costrette ad assumersi rischi elevati ed a concedere crediti al segmento poco trasparente delle medie imprese. In ogni caso, una crisi dei cattivi debiti non minaccia tutto il settore bancario, perché le banche collaborano molto malvolentieri l’una con l’altra: è che dopo il 1998 molte banche non si riservano reciprocamente limiti per il lavoro sul mercato interbancario.
    La situazione dei prezzi elevati del petrolio può rappresentare più complicazioni per un’altra ragione ancora. A partire di un certo punto, la crescita della massa monetaria può diventare talmente importante che la Banca Centrale dovrà frenare i suoi appetiti per l’acquisto delle riserve. È difficile determinare questo punto, ma a titolo di stima questo può succedere dopo l’acquisto di altri 15-20 miliardi di dollari da parte delle autorità monetarie. Se la Banca Centrale riducesse la sua attività sul mercato, la Russia non eviterebbe un rafforzamento del tasso di cambio nominale a 27-29 rubli per un dollaro. Adesso la probabilità di tale sceneggiatura si accresce. Molti istituti mondiali di valutazione del settore petrolifero prevedono prezzi stabili o addirittura una crescita al disopra dei 30 dollari al barile. Se questa sceneggiatura si realizzasse, sarebbe difficile prevederne le conseguenze sui settori del petrolio in Russia.

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