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Numero 15(79)
Rapina postsovietica

    Il 7 novembre, esattamente nel giorno della presa del Palazzo d’Inverno, è stato occupato l’edificio affittato dalla Fondazione Soros.
    Come gia’ nel 1917, la resistenza è stata repressa in pochi minuti e l’edificio è stato preso senza un solo sparo. La versione ufficiale dell’accaduto è stata semplice: i rappresentanti di una certa organizzazione che già da alcuni anni e’ in lite con il Fondo di Soros, in merito ai diritti sull’edificio affittato dal Fondo, hanno svolto “un’operazione speciale, mirata alla presa” dell’edificio, nell’ambito della lite economica.
    Gli esponenti di pubbliche associazioni russe (come la “Memorial”, la più vecchia associazione non statale, il Fondo della Salvaguardia della Glasnost, il Gruppo Helsinki di Mosca) che hanno rilasciato una dichiarazione speciale a questo proposito, hanno valutato la situazione in modo diverso. Nella dichiarazione, intitolata “Sulla rapina al Fondo Soros” esse, in particolare, affermavano: “Nel corso degli anni precedenti siamo stati testimoni dell’eliminazione dei mass media indipendenti, spacciata per “liti fra operatori economici”. La settimana scorsa abbiamo visto un tentativo di distruggere, con lo stesso pretesto, uno dei centri chiave della beneficienza russa, l’Istituto “Società aperta” (Fondo Soros).
    Ciò che è successo veramente ricorda molto una rapina. Gli uomini in divisa mimetizzante, dopo avee represso la resistenza delle guardie, hanno fatto subito arrivare sotto l’edificio alcuni camion, in cui hanno caricato documenti e attrezzature per ufficio tolte dalla sede dell’Istituto, imballando il tutto nelle scatole preparate in anticipo. Quattro “Kamaz” e qualche “Gazel” hanno portato via migliaia di lettere pervenute al Fondo dai cittadini russi, da associazioni pubbliche e statali, dai giornali, dalle riviste, dagli studi televisvi, dalle case editrici: vi descrivevano le loro iniziative civili per i settori della cultura, della formazione, dell’editoria, della pubblica sanità, della salvaguardia dei diritti umani. E’ stata sequestrata la corrispondenza con questi cittadini e con queste associazioni, il parere degli esperti in merito ai loro progetti, i protocolli delle commissioni e delle riunioni del consiglio direttivo del Fondo, le quali hanno analizzato quelle iniziative, i contratti del Fondo con i destinatari delle borse di studio. Sono stati portati via tutti i documenti finanziari, contabili e giuridici. Nell’edificio non è rimasta una carta, un computer. Ma non è stata una tipica rapina; è stata anzi molto strana.
    Quando succede una rapina, infatti, arrivano sul luogo i rappresentanti delle forze dell’ ordine, che registrano il fatto del reato e cercano di fermare i criminali. In quel caso invece ha avuto luogo proprio il contrario. Per alcune ore, mentre si svolgeva l’“operazione”, gli impiegati del Fondo cercavano di far arrivare i rappresentanti della Procura, quella distrettuale e quella Generale, oppure qualche poliziotto, da quello di una questura locale a un rappresentante altolocato del Ministero degli interni, ma invano. L’unico tenente colonello, del reparto degli interni “Zamoskvorecie”, venuto sul luogo dell’incidente, ha detto di non vedere in quanto vi succedeva niente di particolare, ha citato la famosa “lite fra operatori economici” e se n’è andato.
    Questo fatto, nonché lo stesso carattere del “bottino” fa sospettare che i mandanti principali dell’aggessione siano stati i servizi speciali che spesso vedono nel Fondo di Soros l’organizzatore della “quinta colonna” e che naturalmente vogliono accedere ai suoi documenti, per integrare i loro innumerovoli dossier sui difensori dei diritti umani e sugli scienziati, i quali potrebbero servire nell’organizzazione di un nuovo “processo spionistico”. E’ possibile che i successori della polizia segreta di Stalin abbiano deciso anche di intimidire i destinatari delle borse di studio di Soros, segnalando di avere dei “fatti compromettenti” a loro carico.
    Questo dovrebbe essere un “ringraziamento” nei confronti del Fondo e di Soros stesso per l’assistenza, concessa nei primi anni 90 alla scienza, alla scuola, all’istruzione pubblica della Russia, che non era venuta meno nel corso di molti anni.
    “Siamo profondamente indignati del comportamento degli organi tutori della legge durante l’aggessione subìta dal Fondo. Dietro il paravento costruito con maestria di una “lite economica”, non possiamo non intravedere un attacco mirato contro i valori della libertà, del diritto e della cultura, che sono sempre stati difesi dall’”Istituto Società Aperta”, Fondo Soros.
    Chiediamo un’indagine immediata e pubblica di questa faccenda!
    Chiediamo di prendere tutte le misure possibili per restituire, al più presto, tutti i documenti sequestrati all’Istituto “Società aperta”!”: con quest’appello finisce la lettera di pubbliche associazioni al Procuratore generale e al Ministro degli interni.
    La risposta non c’è stata...

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