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Numero 3(83)
I risultati delle elezioni presidenziali in Russia


    Le elezioni del Presidente, svoltesi il 14 marzo, svoltesi secondo criteri più rigorosi, sono sfociate in un mero atto formale. Molto prima che i primi elettori fossero arrivati alle urne era gia’ chiaro che Vladimir Putin avrebbe vinto, e per di piu’ nel primo turno. Per garantire questa vittoria è stato applicato ogni sforzo possibile ed impossibile. Tutti gli altri candidati facevano la parte delle comparse, mettendo in evidenza le qualità del Protagonista, il Presidente in carica Vladimir Putin. Putin, che ha rifiutato di partecipare ai dibattiti televisivi e non ha condotto una campagna elettorale ufficiale, era peraltro sempre presente sugli schermi dei canali televisivi pubblici (altri, del resto, in Russia, non ce ne sono), a differenza dei suoi rivali. Tra gli amministratori regionali si è svolta una gara vera e propria, che ricordava i tempi sovietici: l’ emulazione a chi riuscirà ad assicurare l’afflusso maggiore e il risultato “giusto”...
    Tale zelo amministrativo ha invece tolto a molti elettori il desiderio di presentarsi alle urne. Di conseguenza, le elezioni potevano essere mandate a monte per l’afflusso insufficiente degli elettori. Per prevenirlo, i funzionari, i leader religiosi e lo stesso Presidente hanno dovuto più volte esortare la popolazione ad andare a votare.
    Anche i seggi elettorali, nel giorno della votazione, ricordavano i tempi sovietici: era possibile ottenere dei benefici materiali, come una visita medica gratuita, la cancellazione dei debiti di canone, promesse di vantaggi diversi, ecc. Gli sforzi del potere non sono stati vani: il 54,3% degli elettori ha preso parte alla votazione.
    I risultati erano assolutamente prevedibili. Vladimir Putin ha ottenuto il 71, 2% dei voti, in seguito al lavoro intenso di quasi tutto l’apparato dello Stato. Nella notte successiva alle elezioni, parlando ai giornalisti nella sede del suo quartier generale elettorale, ha tracciato le linee principali della sua attività presidenziale nei prossimi quattro anni. A parte la crescita economica, ha promesso di provvedere al consolidamento della società civile e al sistema pluripartitico. Peraltro, dopo le elezioni politiche e la “costruzione” di uno spazio politico realizzato nell’ultimo anno, queste parole apparivano un po’ strane. Quasi il 14% dei voti ottenuti dal candidato comunista Nicolay Kharitonov sono quelli di fedeli elettori comunisti, che non possono essere fuorviati da nessuna propaganda. Evidentemente il Partito comunista otterrà lo stesso risultato anche alle prossime elezioni, trovandosi in una specie di “ghetto elettorale” che non gli permette di vincere. Per quanto riguarda il 3,8% dei voti ottenuti da Irina Khakamada, tenendo conto dell’insensibilità della popolazione nei confronti delle idee liberali e le sue possibilità limitate come candidato (la sua campagna elettorale si svolgeva prevalentemente nell’Internet), questo risultato, più o meno uguale a quello ottenuto dall’Unione delle forze di destra alle elezioni politiche 2003, può essere valutato come una grande vittoria. In linea di principio, la Khakamada potrebbe diventare in futuro leader di uno schieramento liberale dei politici russi. Quanto a Serghei Glaziev, il suo 4,1% è una percentuale inferiore di due volte rispetto al risultato ottenuto dal suo partito alle elezioni parlamentari, il che dimostra tutta la potenza della macchina propagandistica statale, piombata su Glaziev. Il risultato basso piu’ facilmente prevedibile è stato quello di Malyskin, il candidato del partito di Zhrinovskij, e quello di Mironov, il presidente del Consiglio della Federazione (lo 0,8%). Contro tutti ha votato il 3,5% degli elettori.
    I tentativi degli osservatori stranieri e di funzionari americani altolocati di esprimere la loro preoccupazione per l’applicazione della cosiddetta “risorsa amministrativa” per influenzare l’ esito delle elezioni hanno suscitato una dura reazione da parte di Dmitrij Kozak, il dirigente del centro elettorale di Putin. “Gli elettori russi hanno esperienza di partecipazione alle elezioni democratiche, e non hanno bisogno dei suggerimenti di nessuno, soprattutto se vengono dai rappresentanti del Paese che ha lacune evidenti nelle procedure elettorali”, ha detto Kozak e ha promesso che la Russia avrebbe osservato con diligenza l’andamento delle imminenti elezioni presidenziali neglli USA.

Commento
    I risultati delle elezioni presidenziali in Russia non sono capaci di fornire un bel pretesto per dare qualche giudizio serio sulla situazione politica. Sia le dimissioni di Boris Eltsin, avvenute prima dell’estinzione del suo mandato, sia le dimissioni del Governo di Mikhail Kassyanov, verificatesi prima della votazione nazionale, tutto ciò dovrebbe convincere gli osservatori che non sono le elezioni a segnare quella meta, dalla quale cominciano i mutamenti nel potere e nella società, ma qualcosa di diverso, qualcosa assai più importante.
    Proprio le elezioni peraltro, per l’ennesima volta, richiamano una grande attenzione e costringono a fare un bilancio, perfino se si tratta delle elezioni come quelle più recenti, le quali, per molti, sono state una specie di plebiscito a favore di Vladimir Putin. Questo “plebiscito” ha denudato una legge che veniva confutata dai sondaggi, e cioè, il fatto che l’elettorato ideologicamente impegnato in Russia esiste ancora. Il risultato di Nicolay Kharitonov, se vi aggiungiamo i voti ottenuti da Serghei Glaziev, raggiunge circa il 18%. Si tratta, quindi, praticamente del risultato, uguale a quello, conseguito dai comunisti alle elezioni politiche di dicembre. In questo modo, sbagliavano gli osservatori, secondo i quali Vladimir Putin sarebbe riuscito ad attrarsi le simpatie dell’elettorato tradizionale comunista. No, Putin non piace ai comunisti. Bisogna, infatti, considerare che gli elettori comunisti non davano i loro voti a Ghennadij Ziuganov, conosciuto ormai da molti anni, ma ad un uomo, di cui sapevano poco o niente. Non si votava cioè a favore di Kharitonov, ma a favore dell’idea.
    La stessa cosa va forse detta anche a proposito di quelli che hanno votato per Khakamada. In Russia esistono i sostenitori dei concetti liberali di destra. Sono pochi, ma anche i loro voti non si sono spostati verso Vladimir Putin. Irina Khakamada, da parte sua, non ha avuto i voti dei sostenitori potenziali di Grigorij Yavlinskij: se qualcuno tuttora non era certo se l’elettorato dell’Unione delle forze di destra e dello Yabloko fosse diverso, gli bastava dare un’occhiata al tabellone della Commissione elettorale centrale. Si, è vero che la Khakamada si è presentata da sola, com’è vero che non sia stata supportata dal suo partito, ma l’elettore dell’Unione delle forze di destra le è rimasto fedele, mentre l’elettore dello Yabloko, pur non avendo il proprio candidato alle elezioni, non ha scelto Khakamada...
    Dunque, l’elettorato ideologicamente impegnato esiste in Russia. Ma un uomo che vuole vincere le elezioni presidenziali non deve appoggiarsi su quest’elettorato. Lui deve rapresentare un mare di “gente come lui”, coloro che non hanno convinzioni politiche nette, che rispettono il potere e apprezzano la stabilità. Il segreto del successo di Vladimir Putin sta proprio nel fatto che in Russia, a differenza, diciamo dai Paesi europei, gli elettori sono maggiormente deideologizzati e non ideologicamente impegnati. Nei Paesi occidentali, i leader politici lottano appunto per i voti della minoranza ideologizzata, la cui opinione, alle elezioni, fa pendere il piatto della bilancia da quella o dall’altra parte. Ma è una lotta cauta, perché tali leader anzitutto non devono perdere i voti dei loro sostenitori tradizionali. In Russia invece è necessario combattere per la maggioranza deideologizzata. E tale lotta richiederà sempre approcci completamente diversi.
    Un elettorato “viceversa” viene non solo dal sottosviluppo sociale, ma anche da quello economico. Lo conferma, in particolare, il risultato alto, ottenuto, ormai tradizionalmente, alle elezioni dai Presidenti georgiani che vengono poi tradizionalmente abbattuti. Vladimir Putin non può neanche sognare del risultato di Mikhail Saakasvili, ottenuto senza l’applicazione esagerata della “risorsa amministrativa”. Ciò non significa però che in Georgia ci sia meno democrazia o che i suoi elettori siano più stupidi. Assolutamente no. Questo Paese è semplicemente più povero della Russia, e quindi il numero assai maggiore dei suoi cittadini non ha né voglia né tempo di impegnarsi nella poltica. Ma tanta gente in Georgia ha voglia e tempo di avere un sogno. Vladimir Putin, a proposito, è un tipo di sogno che lo Stato sicuramente possa fare tutto per te, e quindi devi solo non ostacolarlo. I sondaggi dimostrano che la maggioranza notevole della popolazione si fida del Presidente, ma contemporanemente fanno capire che i sostenitori del Presidente stentano a dire, cosa lui ha fatto per gestire il Paese. Esistono cioè anche i sostenitori di Putin, per i quali questa è una scelta netta, ma il loro numero è quasi nullo rispetto a coloro, ai quali Putin piace, perché piace e basta. Ciò significa che la maggior parte dell’elettorato del Presidente non vuole niente di concreto dal Presidente: basta che dica che tutto sarà a posto.
    Con lo sviluppo della vita economica, il numero di sognatori si riduce sempre di più, mentre l’elettorato politicizzato aumenta. Ed è per questo che le riforme economiche russe saranno sempre un po’ incoerenti: lo Stato che non ha bisogno dei cittadini attivi, deve per forza cercare di conservare l’elettorato dei sognatori.
Vitalij Portnikov

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