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Numero 3(83)
Nuovo governo, vecchi problemi

    La designazione del nuovo esecutivo, verificatasi il 9 marzo, ha posto termine all’epopea politica iniziata il 24 febbraio con le dimissioni di Kassianov, ma non ha reso più chiara la situazione.
    La designazione del nuovo esecutivo, verificatasi il 9 marzo, ha posto termine all’epopea politica iniziata il 24 febbraio con le dimissioni di Kassianov, ma non ha reso più chiara la situazione.
    La questione più importante rimasta irrisolta è questa: perché le dimissioni di Kassianov hanno avuto luogo alla vigilia delle elezioni presidenziali? Una delle risposte presume che questa scelta possa garantire un’ alta affluenza alle elezioni, perché avrebbe rianimato la situazione preelettorale. Le dimissioni del premier, affermano i sostenitori di quest’ipotesi, hanno compensato la mancanza di concorrenti veri e hanno creato una sensazione di lotta. Ma se si presta orecchio a quanto diceva la gente subito dopo le dimissioni di Kassianov, sarà facile sentire lo stupore e la confusione suscitate dalla repentinità di tale scelta.
    Anche la seconda ipotesi sui motivi di queste vicende parte dal presupposto che il potere fosse diventato più attivo, temendo che l’affluenza potesse essere bassa. In conformità alla Costituzione della Russia, se l’affluenza è inferiore al 50% vengono fatte nuove elezioni Presidenziali che possono aver luogo solo a quattro mesi dalla fine della legislatura del Presidente attuale: in questo caso, cioè, a maggio del 2004, a quattro anni dall’investitura di Putin, verificatasi nel maggio del 2000. In questi quattro mesi i poteri del Presidente passano al premier, il quale, secondo la Costituzione, diventa Presidente ad interim. I sostenitori di questa ipotesi quindi ritengono che avendo preso in considerazione tali rischi Vladimir Putin avrebbe preferito cambiare il premier ancor prima delle elezioni.
    C’è peraltro un’ipotesi alternativa, secondo la quale le dimissioni di Kassianov non sarebbero state programmate in anticipo, ma sarebbero state suscitate da divergenze improvvise tra l’ex premier e l’entourage del Presidente. Secondo i sostenitori di questa ipotesi, le elezioni del Presidente non potrebbero essere dichiarate nulle per l’affluenza bassa, mentre l’indugio nella nomina del nuovo premier, per la quale è servita una settimana intera, sarebbe pure dovuto alle suddette divergenze.
    La composizione del nuovo Governo, tutto sommato, conferma quest’ultima ipotesi, perché l’unica persona per la quale non si è trovato alcun posto nel nuovo esecutivo, come in altri organismi statali, è proprio Mikhail Kassianov. Tutti i ministri del comparto economico hanno mantenuto le loro posizioni nel nuovo Governo, e qualcuno addirittura ha ampliato i propri poteri: Aleksei Kudrin controllerà il Fisco, Gherman Gref sarà responsabile della riscossione dei dazi doganali. L’intrigo legato alla sorte di Boris Alioscin e di Leonid Reiman si è risolto presto, perché entrambi hanno ricevuto dei posti nel Governo. Non sono stati “dimenticati” né Igor Ivanov, né Mikhail Shvydkoj; perfino Aleksandr Yakovlev ha ottenuto il posto di rappresentante plenipotenziario del Presidente nel circondario del Caucaso del Nord.
    Di conseguenza, secondo l’espressione azzeccata di un osservatore che ha citato la famosa frase di Chernomyrdin, “si voleva fare tutto al meglio, ma è venuto fuori come sempre”. Si voleva ridurre il numero dei vice del premier per aumentare la trasparenza del Governo, e quindi ora c’è l’unico vice di Fradkov: Aleksandr Zhukov. Nel nuovo Governo, purtroppo, questo è diventato una specie di ministro senza portafoglio: uno che quasi ha gli stessi poteri del primo ministro e non dirige nessun ministero. 14 ministri che sembrano aver sostituito i precedenti 33, in realtà si sono trovati tutti nelle vesti di vice premier, avendo poteri similari, dato che ciascuno di essi ora sarà responsabile di una filiera “ministero-servizio-agenzia”, nell’ambito del proprio settore. Il ministero d’ora in poi sarà responsabile della preparazione delle leggi, il servizio della loro approvazione, e l’agenzia della loro realizzazione. E’ evidente che nella gerarchia, il ministro, che è anche il capo di un servizio e di un’agenzia, ottiene dei poteri enormi e abbastanza poco controllati dall’alto. Il Governo non è mai apparso così confuso e gonfiato come oggi.
    Tra gli economisti esperti indipendenti è già sorta un’ idea delle mosse economiche che potrebbero essere realizzate dal Governo. La prima è la riforma dei rapporti interbudgetari, che deve modificare il rapporto tra il bilancio federale e quelli regionali. Dal 2005 sedici tasse saranno suddivise in dieci tasse federali, quattro regionali e due municipali. Nel contempo, trasferendo alle regioni le entrate delle tasse, il centro federale passerà alle regioni anche le uscite per i cosiddetti mandati federali non finanziati, che ammontano a circa 4 miliardi di dollari. Tenendo conto di queste uscite, il bilancio federale sarà costretto a fare elevati trasferimenti verso le regioni. A nostro avviso, in seguito a tali provvedimenti, i bilanci regionali dipenderanno ancora di più da quello federale.
    Il secondo orientamento prevede la continuazione della riforma fiscale. La riduzione dell’imposta sul fondo stipendi dal 35,6% di oggi a circa il 20% è già praticamente decisa. Non si capisce per ora se sarà realizzato un altro provvedimento: l’introduzione dei conti speciali dell’IVA. Il fatto è che in Bulgaria, a un anno dall’introduzione di tali conti, sembrano verificarsi dei problemi nella riscossione dell’IVA. Per quanto riguarda i prezzi del petrolio, secondo la maggior parte degli economisti, dal 2005 il carico fiscale sulle compagnie petrolifere aumenterà di 1,5-2 miliardi di USD, se si prendono in considerazione i prezzi attuali del Brent.
    Infine, la riforma bancaria rimane prioritaria per il Governo. Fra 18 mesi la Banca Centrale della Federazione Russa ridurrà il numero di banche in Russia di 300-400. Nel frattempo, lo schema dell’assicurazione dei depositi, come si prevede, consoliderà le banche rimanenti e le stimolerà a finanziare il settore produttivo dell’economia.
    Ma questi provvedimenti, in parte o completamente, sono stati predisposti dal Governo di Kassianov e non sono un trend nuovo nella politica economica. Pochi esperti poi condividono l’ottimismo dei funzionari, circa lo svolgimento di riforme così penose come la riforma amministrativa e la ristrutturazione dei “monopoli naturali”. Tale pessimismo degli esperti ha dei motivi assai validi, con tutto il realismo del programma delle riforme amministrative. I provvedimenti dichiarati dal Governo in questo settore possono essere realizzati solo se il mondo del business si assumerà il ruolo di elemento che assorbisca l’eccedenza di persone occupate nel comparto pubblico.
    E’ lecito affermare anzi che finora il trend è stato contrario. Così, non ci sono progressi nello sviluppo delle piccole e medie imprese, che potrebbero assumere gli statali licenziati. Nel 2003, la quotaparte delle imprese piccole e medie nel PIL è aumentata dal 10% del 2002 al 21%, ma tale crescita è dovuta prevalentemente all’uso di diversi schemi di evasione fiscale. Le imprese piccole e medie sono state avvantaggiate dall’introduzione del nuovo Regolamento fiscale, il quale ha concesso loro notevoli agevolazioni e rende pertanto più facile l’evasione fiscale tramite apposite strutture legali.
    Serve, inoltre, che lo sviluppo dell’economia si accompagni nel complesso all’aumento dell’occupazione. Oggi il settore produttivo riduce l’occupazione (del 3% nel 2003), mentre il settore pubblico ha aumentato l’occupazione dell’11% nei due ultimi anni. Con tale dinamica è difficile supporre che qualcuno fra i dirigenti del Paese pensi sul serio di silurare centinaia di funzionari per aumentare la trasparenza dei servizi pubblici. Il tempo brevissimo che è servito per far entrare nel nuovo governo gli ex ministri, infatti, non fa che confermare tale trend della politica statale.

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