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Numero 3(83)
La lettera di Khodorkovskij:
disputa sul diritto esclusivo di corruzione


    La lettera di Mikhail Khodorkovskij, pubblicata sul quotidiano “Vedomosti” del 29 marzo, ha riacceso la discussione sul futuro della Russia, che sembrava ormai placata dopo le elezioni politiche.
    Non sarebbe giusto sottovalutare l’importanza di questa lettera. E’ importante soprattutto per il fatto di aver dimostrato che, nonostante la strutturazione del potere ormai compiuta, con la Duma di Stato, da esso controllata, con il Governo “tecnico”, e con i canali televisivi addestrati alla perfezione, c’è ancora qualcosa da discutere.
    Va ricordato che nel suo articolo “La crisi del liberalismo in Russia”, l’oligarca caduto in disgrazia, fa una specie di autoflagellazione, ma dà una strigliata anche a tutti gli “oligarchi” di oggi, nonché ai partecipanti alla privatizzazione degli anni ‘90. La mancanza di responsabilità sociale e lo sfruttamento di un sistema burocratico corrotto, che ha abbattuto lo stesso Khodorkovskij dal suo Olimpo oligarchico, viene stimata dall’ex presidente della Yukos come l’errore più clamoroso degli anni 90. “Occorreva spartire il guadagno”: in questo modo si può sintetizzare l’errore compiuto dalla grossa impresa negli ultimi dieci anni. Il secondo punto importante dell’appello di Khodorkovskij è senz’altro quello del sostegno alle politiche di Putin, quando l’autore dell’articolo critica Irina Khakamada, la quale aveva attribuito la responsabilità per il disastro del “Nord-Ost” al Presidente. La lettera dice infatti: “Per quanto diverso possa essere l’atteggiamento nei confronti di Putin, è impossibile – perché non è giusto – accusarlo della tragedia del “Nord-Ost”.
    L’articolo ha suscitato delle reazioni molto forti, da parte di tanti personaggi. Così, sullo stesso Vedomosti, il giorno dopo, è comparso l’articolo del tecnologo politico Stanislav Belkovskij, il quale sostiene di non aver creduto nella capacità di Khodorkovskij di cambiare la sua visione della situazione e chiede a Khodorkovskij di perdonarlo per la diffidenza nei suoi confronti. Gli altri, come, ad esempio, Berezovskij, hanno detto, in parole povere, di non voler commentare un articolo scritto da un uomo ancora recluso, cioè praticamente, da un “ostaggio dello Stato”. Molti esponenti dei circoli finanziari e parecchi esperti hanno visto nella lettera di Khodorkovskij “un tentativo di mettersi d’accordo con il potere”, il desiderio di “fare certi passi verso la soluzione della situazione” e addirittura una dimostrazione della volontà di continuare la “carriera nella vita pubblica dopo che finalmente esce dalla prigione”.
    Il pentimento di Khodorkovskij sembra veramente assai sincero. E’ il pentimento di uno stratega che aveva sopravalutato la sua singolarità, e che ha subito una sconfitta a causa di una presunzione eccessiva. Khodorkovskij è veramente dispiaciuto per il fatto che la grande impresa, invece di eliminare le diversità economiche tra vari strati della società, abbia spillato quattrini al Paese. In molti Paesi del mondo, qualora venga arrestato il presidente di un’azienda e compaia incertezza circa i membri della sua direzione, gli azionisti hanno la possibilità di usare la forza dei sindacati e di garantirsi l’inviolabilità personale. Inoltre, sindacati forti potrebbero avere un effetto sulle preferenze elettorali e fare quello che è risultato impossibile per politici liberali russi: usare l’attacco contro la Yukos per consolidare l’opposizione nei confronti del potere. Ma considerato che nelle grandi compagnie russe lavora solo il 2% della popolazione, è ovvio che le vicende di Khodorkovskij abbiano preoccupato solo una piccola parte dei cittadini.
    Da qui viene con coerenza il riconoscimento del secondo errore che concerne attese esagerate nei confronti dei partiti liberali. E’ per questo che Khodorkovskij scrive della colpa di Ciubais. La sua colpa vera peraltro sta nel fatto che quest’ ultimo, invece di affrontare la sfida della burocrazia, ha preferito starsene zitto, salvando il suo seggio di presidente della RAO EES e assumendo una posizione opportunistica in dicembre del 2003.
    Il terzo abbaglio di Khodorkovskij è quello di essersi fidato del sostegno da parte dell’Occidente. Nella lettera non c’é alcun riferimento a tale atteggiamento ma non è forse questo il motivo dell’asserzione patetica secondo la quale la Russia, per lui è la sua Patria, e non ha intenzione di emigrare? E’ chiaro che l’uomo, ormai di casa tra l’élite del business internazionale, uno degli imprenditori più ricchi al mondo, si aspettava che gli stranieri prendessero una posizione più dura, valutando la sua situazione.
    Secondo la maggior parte degli esperti, l’articolo permette di contare su di un alleggerimento della condizione dell’imputato, visto che lui non si rendeva conto di tutta la gravità delle sue azioni. E ciò consente di sviluppare la discussione su due linee, parlando del futuro degli attivi della Yukos e delle prossime mosse del potere.
    Per quanto riguarda gli assets della Yukos, è ovvio che l’azienda gestita non dagli azionisti, ma da managers ingaggiati, non è in grado di sopravvivere in Russia. Dopo che Semion Kukes, il quale aveva già lavorato per la società un certo tempo fa, è tornato all’azienda, essa, per la prima volta negli ultimi anni, non ha realizzato il piano annuale per la produzione del petrolio. Ma il fiasco più clamoroso dei manager è certamente l’incapacità di risolvere la situazione della Sibneft, che sta sfuggendo al controllo. Dopo che i rappresentanti della Yukos non erano stati registrati all’assemblea degli azionisti della Sibneft del 26 marzo, la situazione ha cominciato ad essere simile allo scenario della ridistribuzione della proprietà della metà degli anni 90, il che non rende più attraente nessuna delle due compagnie coinvolte nel conflitto.
    Alcune mosse mirate alla liquidazione degli attivi sono già iniziate. La Yukos, ad esempio, ha promosso la vendita dei suoi assets energetici che sono stati accumulati negli anni precedenti. C’è da rilevare a proposito che Konstantin Remciukov, l’ex deputato della Duma di Stato, nel suo commento all’articolo di Khodorkovskij ha interpretato la lettera come una segnalazione della vendita degli assets, controllati dal suo autore.
    Ma è particolarmente interessante il fatto che l’articolo di Khodorkovskij sia stato visto da molti come una conferma della perfezione di quel modello che è stato proposto alla società da Vladimir Putin: il modello in cui la corruzione continua ad esistere – e chi ha detto che essa possa essere sradicata definitivamente! – ma passa sotto il controllo stretto del potere centrale.
    Il 29 marzo, nello stesso giorno in cui è comparso l’articolo di Khodorkovskij, sul Vedomosti è stato pubblicato anche un articolo poco vistoso di Konstantin Sonin, l’economista del Centro per le ricerche economiche e finanziarie, intitolato “Il monopolio dei briganti”. L’idea base di questo materiale è questa: il diritto esclusivo di raccogliere i redditi, relativi alla corruzione, è più efficiente della riscossione anarchica di tangenti da parte dei burocrati; la centralizzazione dell’apparato burocratico, quindi, comporterà una riduzione notevole del carico portato dal business, ed è, in questo modo, una mossa che permette di risolvere il problema in modo efficiente.
    Anche se è possibile accettare quest’idea, partendo dal principio “meglio questo che una gallina domani”, notiamo peraltro che ci sono alcuni problemi che non possono essere risolti dalla monopolizzazione della corruzione. E’ vero che il monopolio consente di ridurre le spese del business, ma di quale business? Delle stesse grandi aziende che continuano a “incentivare” i funzionari per far loro approvare le scelte “necessarie”, come hanno sempre fatto prima. Ma le aziende piccole, il cui numero deve assolutamente crescere, in conformità a tutti i programmi governativi ? A questi produttori costa sempre troppo avere a che fare con i funzionari, com’è sempre stato. Il loro peso politico poi non è sufficiente per “incentivare” economicamente emendamenti legislativi, e poi, sono troppi coloro che si approfitterebbero dei frutti di quelle modifiche che potrebbero essere ottenute. Il mantenimento della corruzione quindi ha senso solo quando al gioco partecipano pochi eletti, cioè le grandi aziende, sicure di comprare agevolazioni solo per se’ stesse. Finché c’è corruzione, pertanto, lo sviluppo della piccola e media impresa sarà lento, mentre domineranno i grossi gruppi oligarchici.
    Il secondo punto chiave è che il diritto esclusivo della corruzione presume la riduzione del suo costo tramite la sua ridistribuzione all’interno della piramide burocratica. In altre parole, gli strati inferiori dei funzionari dovrebbero diventare più poveri, il che non avrà sicuramente un effetto positivo sul clima sociale. Si potrebbe risolvere questo problema solo creando dei posti di lavoro nell’economia, dove potrebbero andare i funzionari che hanno perso i loro redditi. Ma ciò ci fa parlare di nuovo dello sviluppo di aziende piccole e medie, il cui numero non cresce, e si verifica in tal modo un circolo vizioso. Il “diritto esclusivo” della corruzione quindi non fa che cominciare una nuova spirale del movimento economico, che sfocerà in una crisi economica non appena saranno calati i prezzi del petrolio.


* * *
La crisi del liberalismo in Russia</div>   
E' quasi fuor di dubbio che il liberalismo russo oggi stia vivendo una crisi.
    Se un anno fa qualcuno mi avesse detto che il Partito delle forze di destra e lo Yabloko non avrebbero superato la barriera del 5% alle elezioni politiche, avrei dubitato seriamente della sua competenza come analista ed esperto di previsioni. Oggi il crollo del Partito delle forze di destra e dello Yabloko e una realta.
    Alle elezioni presidenziali i liberali sono stati ufficialmente presentati da due candidati. Uno, Ivan Rybkin, l'ex comunista e agrario, ci ha fornito, invece di una campagna politica di qualsiasi rilievo, una farsa di poco valore, di cui si sarebbe vergognato anche Oleg Malyskin, candidato a Presidente del Partito Liberal-Democratico, guardia di corpo personale di Zhirinovskij. Il secondo candidato liberale, Irina Khakamada, ha fatto di tutto per prendere le distanze dal suo passato liberale, ha criticato Boris Eltsin e insisteva sull'orientamento sociale dello Stato. E dopo, senza un'ombra di imbarazzo (ma, forse, non senza giustificazioni), ha definito il 3,84% di voti ottenuti il suo gran successo.
    I politici e gli esperti, i quali, in estate scorsa, poco dopo l'arresto di Platon Lebedev, il mio amico e partner, si dilungavano sulla minaccia dell'autoritarsmo, sulle violazioni della legge e delle liberta civili, oggi invece competono per vedere, chi di loro potra offrire dei complimenti piu zuccherosi ai pubblici ufficiali del Cremlino. Non c'e piu una traccia della patina liberale e ribelle. Esistono si esclusioni, ma non fanno che confermare la regola.
    In sostanza, oggi, siamo testimoni di una vera e propria capitolazione dei liberali. E questa capitolazione certamente non e solo la colpa dei liberali, ma anche la loro disgrazia. Il loro timore nei confronti del passato millenario e stato condito con il potente gusto per il comfort, radicato negli anni 90; il loro servilismo e incorporato loro a livello genetico. Sono ben disposti a dimenticare la Costituzione, pur di poter avere un altro piatto di storione al cren. I liberali russi sono sempre stati cosi, e cosi rimangono.
    "Liberta di parola", "liberta di pensiero", "liberta di coscienza" stanno rapidamente trasformandosi in espressioni cliches. Non solo il popolo, ma anche la maggior parte di coloro che vengono di solito ritenuti membri dell'elite, le trascurano stancamente, come per dire: "Ci siamo. Un altro conflitto tra gli oligarchi e il Presidente, maledizione alle vostre dannate due famiglie, hanno fatto di noi carne per vermi...
    Nessuno, in realta, sa, ne, tutto sommato, ha interesse di sapere, cosa succede dopo il fiasco di dicembre all'Unione delle forze di destra e allo Yabloko. "Il Comitato 2008" che ha presunto di diventare la coscienza del liberalismo russo, ammette con disponibilita la propria impotenza e dice, come per scusarsi: "Si, infatti, siamo pochi, e poi facciamo tutto al momento sbagliato, e quindi per noi non c'e speranza, e comunque...". L'idea della Khakamada di creare il partito "Russia libera" di piccoli frammenti dello Yabloko e del Partito delle forze di destra non ha suscitato nella societa alcun interesse rilevante, tranne, magari, l'agitazione fra alcune decine di "costruttori dei partiti" professionali che hanno sentito l'odore di un altro guadagno leggero.
    Intanto, i portatori di un nuovo discorso, l'ideologia del cosi detto "partito della rivincita nazionale", sono cresciuti in abbondanza sul suolo politico russo. Questo "partito" comprende sia la "Russia Unita", anonima, incolore, sia la "Rodina", che tutta luccica della sua superiorita sopra i suoi rivali meno felici, e il partito liberal-democratico, cui leader ha confermato un'altra volta il suo dono eccezionale di sopravvivienza politica. Tutta questa gente parla del crollo di idee liberali, e anche se le loro parole appaiono piu false e "commissionate" che sincere, non diventano per questo meno convincenti. Affermano che il nostro Paese, la Russia, semplicemente non ha bisogno della liberta. La liberta, nel loro concetto, e estranea allo scopo dello sviluppo nazionale. E colui che parla della liberta, secondo loro, e un oligarca o una carogna (tutto sommato, per loro, sono quasi sinonimi).
    In questo contesto, Vladimir Putin appare il liberale N 1: dal punto di vista della rivincita nazionale, infatti, e assai preferibile a Rogozin o Zhirinovskij. E se si vuole pensarci con attenzione, e vero che Putin probabilmente non e un liberale e non e un democratico, ma e comunque piu liberale e democratico del 70% della popolazione del nostro Paese. Ed e proprio Putin, assorbendo tutta l'energia antiliberale della maggioranza ha imbrigliato i nostri demoni nazionali e non ha permesso a Zhirinovskij-Rogozin di prendere il potere statale in Russia. Non tanto poi, a questi due - visto che sono, in realta, giocatori politici di talento e basta - quanto a numerosi sostenitori delle loro dichiarazioni pubbliche. Ciubais e Yavlinskij invece per definzione erano incapaci di resistere alla "rivincita nazionale". Abrebbero potuto, nella migliore delle ipotesi, aspettare che gli apologeti dei valori come "la Russia per i russi" li scacciassero dal Paese, come, per sfortuna, era gia successo nella nostra storia.
    Si, tutto cio e vero. Ma il liberalismo in Russia non puo morire lo stesso, perche la sete di liberta rimarra uno degli istinti fondamentali dell'uomo, che sia russo, cinese o lappone.
    La crisi del liberalismo russo, dunque, non e dovuta agli ideali della liberta, pur compresi diversamente da ciascuno di noi... Coloro, ai quali e stato affidato dal destino e dalla storia di preservare i valori liberali nel nostro Paese, non sono stati all'altezza del compito. Ora dobbiamo riconoscerlo apertamente, perche il tempo della furbizia e passato: forse cio si vede un po' meglio dalla mia cella presso il centro della detenzione preventiva N4, dove mi trovo adesso, che da altri locali piu confortevoli.
    Il Partito delle forze di destra e lo Yabloko hanno perso le elezioni non perche erano stati discriminati dal Cremlino, ma solo perche l'amministrazione del Presidente - per la prima volta - non aveva dato loro una mano e li aveva trattati esattamente come le altre forze di opposizione. Anche Irina Khakamada, poi, ha ottenuto il suo straordinario 3,84% non in contrasto con la macchina amministrativa del potere, che l'aveva semplicemente trascurata, ma, in larga misura, grazie al fatto che il Cremlino era stato terribilmente interessato ad aumentare l'affluenza degli elettori. La grande impresa (ossia " gli oligarchi", un termine popolare, assai dubbio, ma ne parlo dopo) non si e ritirato dal campo per l'improvvisa fioritura della corruzione in Russia, ma solo perche i soliti meccanismi lobbysti avevano smesso di funzionare. Il fatto e che essi erano stati disegnati, avendo nella mente un Presidente debole e la precedente amministrazione del Cremlino. Ecco tutto. Gli uomini socialmente impegnati di opinioni liberali, tra i quali annovero anche me stesso con i miei peccati, erano responsabili per garantire che la Russia non avrebbe mai abbandonato la strada della liberta. E, parafrasando la famosa espressione di Stalin, pronunciata alla fine di giugno 1941, nella nostra causa, siamo rimasti fottuti. Ora dobbiamo analizzare i nostri errori tragici e riconoscere la nostra colpa, morale e storica. Ed e l'unico modo in cui possiamo uscire dalla situazuione di oggi.

Scavalcando l'abisso delle menzogne
    I liberali russi sono falliti perche hanno cercato di ignorare, prima, alcune pecularieta nazionali dello sviluppo storico della Russia, e poi, gli interessi vitali della stragrande maggioranza dei russi. E avevano una paura matta di dire la verita. Non voglio dire che Ciubais, Gaidar e coloro che condividevano le loro idee si fossero proposti di ingannare la Russia. Molti liberali della prima "ondata di Eltsin" erano sinceramente convinti della giustezza storica del liberalismo, della necessita di una "rivoluzione liberale" in un Paese stanco che praticamente non aveva mai conosciuto i benefici della liberta. Ma avendo ottenuto, all'improvviso, il potere, i liberali hanno avuto un approccio troppo superficiale, per non dire frivolo, a tale rivoluzione. Pensavano alle condizioni di vita e di lavoro del solo 10% dei russi, disposti ai cambiamenti drastici, venuti con la fine del paternalismo statale, ma hanno dimenticato del restante 90%. E quanto ai fallimenti tragici della loro politica, li coprivano piu spesso che no, con l'inganno.
    Hanno fregato il 90% del popolo, promettendo generosamente che ogni voucher di privatizzazione sarebbe valso due auto "Volga". D'accordo, un giocatore finanziario intraprendente, che aveva accesso a informazioni riservate e dotato della capacita di analizzare quelle informazioni, poteva immaginare come si potesse fare l'equivalente anche di 10 Volghe, usando il suo voucher di privatizzazione. Ma la promessa e stata fatta a tutti.
    Chiudevano un occhio sulla realta sociale russa, quando svolgevano una privatizzazione superficiale, ignorando i suoi effetti sociali negativi, definendola leziosamente indolore, onesta e giusta. Ora sappiamo bene, cosa pensa il popolo di quella, "grande provatizzazione".
    … Un abisso li ha separati dal popolo. Un abisso che essi hanno cercato di riempire, per mezzo di una pompa burocratica di informazioni, con idee liberali rosa della realta e con tecnologie manipolative.
    Gia la stagione delle elezioni 1995-1996 aveva dimostrato che il popolo russo aveva respinto i governatori liberali. Come uno degli sponsors maggiori della campagna presidenziale di Eltsin del 1996, ricordo troppo bene, che sforzi, veramente mostruosi, occorrevano per costringere il popolo russo a "votare con il cuore".
    …I leader liberali si definivano kamikaze e vittime, e i loro Governi, "esecutivi dei kamikaze". Pare che inizialmente fosse stato veramente cosi. Ma verso la meta degli anni 90, si sono affezionati troppo alle Mercedes, alle dacie, alle ville, ai nights, alle carte di credito d'oro. I combattenti stoici del liberalismo, disposti a morire per il trionfo dei loro ideali, sono stati succeduti da una boheme spossata che non ha neanche cercato di nascondere l'indifferenza nei confronti del popolo russo, delle masse silenziose. Quest'immagine dei bohemien, condita dal cinsimo ostentato, ha contribuito parecchio al discredito del liberalismo in Russia.
    I liberali raccontavano favole, secondo le quali il popolo in Russia vivesse sempre meglio, perche loro stessi non sapevano, ne capivano - e, aggiungerei, spesso non volevano capire - come viveva in realta la maggior parte della gente. Ora per forza devono dar retta a questi fatti e conoscerli, e spero che lo facciano con un senso di vergogna.
    …Sostenevano sempre, senza ascoltare obiezioni, che il popolo russo potesse essere trattato come si vuole, che "in questo Paese" tutto viene deciso dall'elite, mentre dela gente di strada non vale la pena di pensare. Secondo loro, esso, questo popolo avrebbe accettato dai grandi capi, come la manna dal cielo, tutte le scemenze, ogni insolenza, qualsiasi menzogna. Ecco perche il bisogno di una "politica sociale", la necessita di dividere qualcosa con gli altri, ecc. Sono stati rigettati, rinnegati, respinti con un sogghigno.
    Ecco, e venuto il Giorno del Giudizio. Alle elezioni 2003, il popolo ha rivolto agli liberali "ufficiali" un addio fermo e non accompagnato da lacrime. E anche i giovani, i quali, come si pensava, anzi come ci si assicurava, sarebbero stati certamente appassionati delle idee dell'Unione delle forze di destra, anche essi, allora, hanno votato per il partito Leberal-democratico e la Rodina. In tal modo hanno sputato nell'abisso famigerato, formatosi tra i liberali al potere e il Paese. Ma dov'era allora la grossa impresa? Vicino ai governatori liberali. Siamo stati complici nei loro errori e nelle loro menzogne.
    Non abbiamo mai ammirato il potere. Ma non ci siamo mai stati contrari, per non rischiare il proprio pezzo di pane. Fa ridere sentire propagandisti zelosi definirci "oligarchi". L'oligarchia e un gruppo di persone, ai quali effettivamente appartiene il potere. Noi invece dipendevamo sempre da un burocrate potente che indossava la sua giacca ultraliberale di mille dollari. E le nostre visite collettive di Eltsin non sono state che una specie di falsa apparenza: siamo stati presentati al pubblico come responsabili principali dei guai del Paese, mentre noi non abbiamo capito subito cosa succedeva. Siamo stati semplicemente fregati...
    Avevamo delle risorse per contestare il gioco con tali regole, cioe il gioco senza regole. Ma con la noatra arrendevolezza, con la nostra capacitu servizievole di dare quando si chiede a anche quando non si chiede, abbiamo alimentato l'illegalita dei funzionari e la giustizia "alla corte Basmannyj".
    Abbiamo veramente rianimato industrie, schiacciate dagli ultimi anni del potere sovietico, abbiamo creato (in tutto) oltre 2 milioni di posti di lavoro. Ma non siamo riusciti a persuadere il Paese delle nostre buone opere. Perche? Perche il Paese non ha perdonato al business la sua solidarieta con "il partito dell'irresponsabilita", "il partito dell'inganno".

L'impresa al largo
    E' un errore tradizionale, ritenere che la parte liberale della societa e la comunita imprenditoriale sia la stessa cosa.
    L'ideologia del business e far soldi. E l'ambiente liberale e affatto necessario per quest'attivita. Grossi gruppi americani che investivano miliardi di dollari sul territorio dell'URSS, volevano molto bene al potere sovietico, perche garantiva una stabilita assoluta, nonche la liberta del business da qualsiasi interferenza da parte della societa. Solo recentemente, alla fine degli anni 90 del secolo scorso, i gruppi transnazionali si sono messi ad abbandonare la cooperazione con dittature africane piu odiose, e anche questo, poi, non lo fanno tutti e non sempre.
    La societa civile piu spesso ostacola l'impresa che l'assiste: difende i diritti dei lavoratori, protegge dagli interventi sfacciati l'ambiente, insiste sull'apertura di progetti economici, limita la corruzione. Per un imprenditore, e lo dico come l'ex dirigente di una delle piu grosse compagnie petrolifere della Russia, e assai piu arrangiarsi con un pugno di funzionari avidi ma non troppo, che concordare le loro azioni con una rete diramata ed efficiente di istituti pubblici.
    Il business non cerca riforme liberali nel settore politico, non e ossessionato con la liberta. Al contrario, coabita sempre con quel regime statle che c'e. E vuole anzitutto che il regime lo protegga, dalla societa civile e dai lavoratori. Il business pertanto, soprtattutto quello grosso, e destinato a lottare contro la vera (e non apparente) societa civile.
    Il business, inoltre, e sempre cosmopolita: i soldi non hanno patria. Esso si colloca li dove e possibile trarre un profitto, ingaggia chi gli e di profitto, investe solo nei progetti in cui l'utile e massimo. E per molti (non per tutti, certamente) nostri imprenditori che hanno fatto fortuna negli anni 90, la Russia non e la loro madrepatria, ma solo un territorio di una caccia libera. I loro interessi e le loro strategie sono legate all'Occidente...

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