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Numero 5(85)
Un’altra “rivoluzione delle rose”

    L’acutizzarsi della situazione in Agiaria, predetto da molti osservatori, ha finalmente avuto luogo. E dopo si è ripetuta la “rivoluzione delle rose” alla Tbilissi. Il 5 maggio, a Batumi, il capoluogo dell’Agiaria, si sono svolte le manifestazioni dell’opposizione, riscaldate da appelli del presidente della Georgia Saakasvili e del primo ministro Zhvania, il quale è arrivato in questa regione georgiana in testa a una colonna di pullman. Tanti esponenti dell’élite, della polizia e dell’esercito si sono messi a passare “dalla parte del popolo”, e in realtà dalla parte dei vincitori. Com’era già successo in novembre dell’anno scorso, è stato Igor Ivanov ad assumersi il ruolo del mediatore, questa volta tra il leader dell’Agiaria Aslan Abascidze e Mikhail Saakasvili (ora Ivanov peraltro non è più il Ministro degli esteri, ma il Segretario del Consiglio di Sicurezza). Dopo che si erano svolte le trattative tra Ivanov e Abascidze, il capo dell’Agiaria si è dimesso ed è partito per Mosca. Le autorità della Georgia per ora garantiscono ad Abascidze e ai suoi sostenitori l’ incolumità. Ma il leader dell’Agiaria non sembra essere disposto a finire come Eduard Scevarnadze, che ora si trova nella situazione di un arrestato d’onore ed è costretto ad osservare come vengono arrestati i suoi parenti, accusati di corruzione. Sul territorio della stessa Agiaria, con decreto di Saakasvili, è stata introdotta l’amministrazione presidenziale diretta. La residenza di Aslan Abascidze è stata saccheggiata da una folla capeggiata da Zurab Zhvania. I manifestanti hanno bruciato la poltrona di Abascidze e distribuito souvenirs “espropiati” nel suo ufficio. Nel contempo le truppe georgiane, introdotte nella Regione autonoma, hanno cominciato a disarmare “i gruppi armati illegali”. Per prevenire la resistenza da parte loro, Iraklij Okruasvili, il Procuratore generale della Georgia, ha promesso l’amnistia ai membri di questi gruppi.
    Pare che tale soluzione della situazione sia stata una sorpresa anche per le autorità georgiane. Proprio a questa specie di stupore sembra essere dovuto un discorso concitatissimo di Mikhail Saakasvili, seguito alla notizia delle dimissioni di Abascidze: “Georgiani! Aslan è fuggito! L’Agiaria è libera! Mi congratulo con tutti voi per questa vittoria, mi felicito con voi per l’inizio della riunificazione della Georgia!”. Sullo spazio postsovietico è il primo caso di una soppressione riuscita del separatismo, è un giorno importante nella storia della Georgia, che segna l’inizio di una nuova epoca nella vita del Paese, ha rilevato il Presidente georgiano.
    Tuttavia, anche se forse Saakasvili non se ne rende conto, il suo governo comincia solo adesso ad affrontare difficoltà vere e proprie. Dopo il ritiro di Abascidze sarà impossibile attribuire i propri insuccessi ai contrasti dei nemici. I mitici milioni che sarebbero guadagnati dal leader dell’Agiaria con il contrabbando, dopo le verifiche, quasi sicuramente si trasformeranno in cifre assai minori. Il sequestro di questi soldi e il loro assorbimento da parte del bilancio statale non contribuiranno a risolvere nessun problema della Regione, ma susciteranno un netto scontento della popolazione locale. Uno scontento uguale sarà suscitato dall’inevitabile ridistribuzione dei “posti di tutto riposo” a favore delle creature di Tbilissi.
    Pare, poi, che quanto avvenuto in Agiaria sia solo il primo passo. Tale conclusione almeno si può trarre da un altro pezzo dello stesso intervento televisivo di Saakasvili: “Nessuno è riuscito a fermare la volontà del popolo georgiano adesso, e nessuno fermerà la nostra volontà, la nostra tendenza alla vittoria, in futuro”. Ma se le prossime stazioni, in questo cammino, saranno l’Abkhazia o l’Ossezia del Sud, ciò non porterà niente di buono. I governanti locali, come la maggior parte della popolazione, non vogliono assolutamente tornare nella “Georgia unita” e, a differenza dell’Agiaria l’avevano già dimostrato a forza d’armi. E’ difficile che in questi due territori georgiani sia possibile una “rivoluzione delle rose”: si tratterebbe piuttosto del tempo dei “tulipani neri” (un eufemismo per alludere alle bare).

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