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Numero 10(90)
In pericolo l’attività
dell’Istituto di Cultura Italiana a Mosca


    Ha a dir poco del rocambolesco, ciò di cui è stato e continua ad essere da piú di un anno protagonista l’Istituto di Cultura Italiana a Mosca.
    Verrebbe da definirla una situazione da romanzo noir, se non vi fossero coinvolte persone fisiche e soprattutto la rispettabilità e la credibilità di parecchie istituzioni statali e governative italiane (e non solo). Parecchie, perchè l’Istituto di Cultura sembra a tutti gli effetti diventato l’oggetto di una persecuzione organizzata da Stato cileno, indegna della tradizione democratica e della maturità etica di un paese come l’Italia. Ma veniamo ai fatti. La direzione dell’Istituto, nella persona della prof.sa Carpifave, aveva riscontrato già nel settembre del 2003 una situazione anomala riguardante la destinazione dei locali dello stesso Istituto. Questi ultimi infatti erano stati dati in uso improprio a due ditte russe. L’una “Enotria – Il mondo del vino”, si occupa della formazione professionale di sommelier. L’altra, “Simple”, multinazionale, è una società importatrice di alcolici con reti distributive estese a tutta la Federazione Russa. Constatando la non idoneità della locazione, data la natura dei commerci delle due società, la direttrice Carpifave aveva obbligato le due ditte a sgomberare i locali. Ed è da allora che sia la direttrice, che la maggior parte dei collaboratori dell’Istituto sono vittima di intimidazioni di ogni tipo e minacce reiterate, che sono sfociate in alcuni casi persino nella violenza. La direttrice, è stata ovviamente principale bersaglio di tali “ignoti”. Il 28 settembre 2003, a pochi giorni dallo sgombero, una pallottola ha frantumato il vetro del finestrino dell’auto dell’Istituto parcheggiata davanti all’ingresso dell’edificio. Circa due mesi dopo, il 15 novembre, la stessa auto, sulla quale viaggiava la direttrice, è stata speronata più volte in corsa da un’altra auto Mercedes nera, provocando lesioni all’autista e alla direttrice stessa. La prof.sa Carpifave ha riportato tutto ciò in relazioni dettagliate presentate in in un primo tempo all’Ambasciata Italiana di Mosca, in cerca del sostegno di questa presso le autorità giudiziarie russe e, sucessivamente, direttamente alla Procura della Repubblica di Roma. Il 5 marzo l’ex contabile dell’Istituto D. Bassalygo ha aggredito fisicamente la suddetta di fronte a testimoni, procurandole la lieve frattura di una vertebra cervicale. Il 22 agosto di quest’anno la direttrice ha visto pubblicato sulla Repubblica, il noto quotidiano italiano, un articolo particolarmente critico nei confronti della direzione dell’Istituto di Cultura Italiana di Mosca. Ma come già detto, la direttrice non è stata l’unica vittima.
    Intimidazioni pesanti sono arrivate anche al responsabile della ditta proprietaria dello stabile, la “Busi Impianti S.p.a.”. Ciò si è verificato il 15 gennaio di quest’anno, dopo aver il suddetto responsabile rilasciato formali dichiarazioni alla Farnesina su quanto accadeva all’Interno dell’Istituto prima dell’arrivo della Carpifave; il 24 aprile lo stesso ha ricevuto una telefonata proveniente da personaggi italiani a Mosca nella quale gli si “suggeriva” di ritrattare le suddette dichiarazioni. “Esortazioni insistenti” alla neutralità anche per Antonio Gramsci, parente del grande Gramsci, collaboratore stabile presso la scuola italiana di Mosca: pena, in caso di inadempienza, la messa a repentaglio del posto di lavoro. Per non parlare dei professori russi dipendenti dell’Istituto, che per ben tre mesi, tra aprile e luglio sono rimasti senza stipendio, risolvendosi il 12 luglio ad un gesto estremo: l’inizio di uno sciopero della fame indetto per protesta, interrotto poi da una magnanima colletta in loro favore da parte degli imprenditori italiani. Da sottolineare che ad oggi le mensilità del periodo tra giugno ed agosto 2004 non sono state loro versate, e gli insegnanti hanno richiesto per vie legali un risarcimento danni pari a 160.000 Euro.
    L’atteggiamento degi organismi ufficiali rispetto a tutti questi fatti è decisamente inspiegabile. e necessita assolutamente di essere chiarita. Chi ha dato il beneplacito all’affitto a ditte private di locali siti all’interno della struttura dell’Ambasciata?. Perchè fatti di estrema gravità, come gli episodi segnalati dalla Carpifave, non hanno avuto reazioni ufficiali adeguate, come era necessario e doveroso, e perchè i ripetuti solleciti della Carpifave in tal senso sono caduti nel vuoto?. Non si spiega come mai l’ex contabile, perpetratore dell’aggressione fisica alla direttrice non sia stato quanto meno sospeso dall’incarico in attesa dei necessari accertamenti giudiziari (a sospendere a sua volta la direttrice - l’altra parte in causa - dall’incarico ci ha pensato lui), venendo invece trasferito ad altro ufficio. Non si spiega come mai il responsabile della “Busi Impianti S.p.a.” e Gramsci siano stati “insistentemente esortati” a desistere nell’intento di sostenere con dichiarazioni o testimonianze l’azione legale della direttrice. Nemmeno si spiega perchè i docenti dell’istituto abbiano dovuto subire in prima persona disagi causati da una situazione alla quale erano pressochè estranei. E soprattutto non si spiega perchè la ditta “Busi Impianti S.p.a.” abbia dato lo sfratto all’Istituto “in seguito alla mancata sottoscrizione del mandato di compravendita”, per citare le parole del senatore di AN Gerardo Labellarte, che si è fatto recentemente portavoce della protesta dell’Istituto, cercando un interlocutore nel Ministro degli Esteri italiano.
    Neanche a dirlo, da Roma le solite risposte gommose. Si scopre che già prima del cambio di direzione, cioè della gestione della Carpifave, i locatori erano stati formalmente denunciati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma dai vigilanti dell’Istituto per responsabilità/concorso in fatti gravi. In realtà quindi Roma non cade certo dalle nuvole. Eppure lo stesso senatore Labellarte ha difficoltà a fare in modo che gli organi di competenza si attivino per indagare sulla questione e prendere i dovuti provvedimenti. Insomma fiumi di inchiostro e poca sostanza. Situazione tanto piú disdicevole per il fatto che lo sfratto incombe, ed i “dovuti provvedimenti” urgono, pena l’interruzione dell’attività svolta sino ad ora dall’Istituto di Cultura, che a detta di molti esponenti del mondo culturale russo e italiano presta ad oggi un ottimo servizio.

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