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Numero 11(91)
Risultati e prospettive delle elezioni ucraine

    La “disputa” in Ucraina durata dal 21 novembre all’8 dicembre, in realtà, non aveva due contendenti, ma tre. Infuriava sotto agli occhi di tutti la lotta tra Yuscenko e Yanukovich.
    Ma sotterraneamente anche Leonid Kuchma portava avanti il proprio gioco, cercando di rimanere al potere o almeno di ottenere garanzie di sicurezza per sé stesso e per la sua famiglia. E alla fine lui, avendo stretto una provvisoria alleanza con Yuscenko, ha raggiunto l’obiettivo ambito.
    La perdita dell’appoggio da parte di Kuchma, apparentemente dovrebbe comportare per Yanukovich un’automatica sconfitta alle elezioni del 26 dicembre, come già segnalato da alcuni media. Ma in realtà, la mossa di Kuchma dà carta bianca a Yanukovich, che ora può accusare liberamente il Presidente di tradimento in favore degli “occidentalisti”. Il primo ministro, andato in ferie, ha già dichiarato di essere disposto a “combattere sia contro quello che rimane del vecchio potere, rappresentato dall’opposizione, sia contro i loro alleati al governo attuale”, e ha definito Kuchma e il suo entourage “codardi e traditori”. Avendo cambiato radicalmente la retorica, Yanukovich ha accusato l’opposizione di aver esercitato “pressioni sugli elettori” e ha minacciato di istigare gli abitanti dell’Ucraina orientale e meridionale alla disubbidienza nei confronti dei suoi avversari. E al comizio, svoltosi a Lugansk l’11 dicembre, ha detto che la “rivoluzione arancione” non ha fatto che unificare quelle forze che durante tutti gli anni di indipendenza hanno derubato l’Ucraina. Visto che nell’entourage di Yuscenko e di Kuchma, di gente che “ci marcia” di certo non ne manca, tale dichiarazione è in grado di guadagnare a Yanukovich il sostegno di coloro che avevano votato il 21 novembre non a favore di Yuscenko, ma contro un protetto di Kuchma.
    Quanto a Kuchma, anche lui non ha bisogno della vittoria di Yuscenko, la cui sostenitrice Yulia Timoscenko dichiara apertamente che la riforma politica verrà abolita.
    Ora tutti i procedimenti propagandistici del “La nostra Ucraina”, relativi all’uso della “risorsa amministrativa” hanno fatto fiasco. Inoltre, Yanukovich acquista l’immagine di un oppositore perseguitato, mentre Yuscenko sempre di più quella di uno che ha già vinto ed è pronto a dare disposizioni. Di nuovo si sente parlare del appoggio di minimo il 60% dei votanti e della vittoria garantita con un distacco del 30%. E tale autocompiacimento raramente comporta vittorie. Inoltre, gli “arancioni” hanno esaurito le invenzioni propagandistiche capaci di conquistare i nuovi voti dell’“Est”. Pare che Yuscenko abbia deciso di proporre agli elettori una sola cosa: la prospettiva dell’ingresso nell’Unione Europea. Il 10 dicembre, ha invitato i leader dell’Europa unita a mutare il loro atteggiamento nei confronti della “nuova” Ucraina, contribuendo al suo ingresso nell’EU. Tuttavia, considerato che l’UE per ora non riesce a smaltire gli effetti della sua ultima estensione, è difficile che per i prossimi anni possa impegnarsi in accordi e promesse di questo tipo. Sapendolo, il Presidente della Russia Vladimir Putin, con una cortesia un po’ esagerata, ha augurato all’Ucraina buona fortuna in tal senso. E la dichiarazione di Yuscenko in merito alla sua disponibilità a fare gli auguri di Buon anno ai cittadini dell’Ucraina il 31 dicembre, è finita in una gaffe. A parte gli epiteti da parte di Yanukovich, che l’ha definito un’altra volta un “contaballe”, gli esperti hanno fatto notare come in quattro giorni, anche se Yuscenko vincesse il 26 dicembre, non sarà possibile per il 31 portare a termine il conteggio i voti ed in più allestire la cerimonia dell’insediamento. Gli “arancioni”, poi, senza tanti scrupoli, hanno accettato il sostegno da parte del partito polacco “Diritto e giustizia”, valutato dagli osservatori come ultranazionalista.
    Non è detto che i politici ambiziosi riunitisi attorno a Yuscenko siano in grado di rimanere uniti un altro mese. Di fatto, è cominciata la lotta per la carica di futuro premier plenipotenziario. Il 1 dicembre, la coalizione dei sostenitori di Yuscenko si è già incrinata: Aleksandr Moroz, il leader dei socialisti ha espresso in pubblico i suoi dubbi circa la sincerità di intenzioni del “candidato del popolo”, accusandolo di mirare a un potere incondizionato. Per tutta risposta Stepan Khmara, uno dei deputati nazionalisti, ha chiamato Moroz “Azef della rivoluzione ucraina” (Azef è un famoso agitatore del primo Novecento, il suo nome è diventato proverbiale). Alcuni elementi dell’”entourage” di Yuscenko, credendo di avere per le mani una gran fortuna, si sono messi a spingere Yulia Timoscenko, le cui esortazioni a non rilassarsi sembrano diventare vox clamantis in deserto. Alcuni capi “arancioni” hanno già detto di essere disponibili a lasciare al governo rappresentanti dell’élite dell’Ucraina orientale. Sembra poco probabile che Yuscenko, in tale situazione, riesca a riunire un’altra volta una folla sulla Piazza dell’Indipendenza, in cui farà molto più freddo che a novembre.
    Inoltre, Yuscenko è incredibilmente bravo a farsi nemici. A parte dichiarazioni palesemente minacciose nei confronti dei governatori delle regioni dell’Ucraina Est -i quali ora sicuramente faranno di tutto, pur di non farlo accedere al potere- il “candidato del popolo” ha impaurito tutta l’élite con una dichiarazione, fatta l’11 dicembre, circa il suo desiderio di “rivedere alcune operazioni di privatizzazione”. L’esperienza di altre repubbliche postsovietiche insegna che intenti di questo genere spesso si trasformano in un manganello, con il quale le autorità sequestrano la proprietà a chi la possiede. E naturalmente, il business rifletterà bene sul candidato col quale schierarsi, ovvero se con quelli di Donetsk, abbastanza sazi, o con “i giovani lupi” che verranno con Yuscenko ed iniziaranno la ridistribuzione della proprietà.
    E gli abitanti delle regioni orientali e meridionali dell’Ucraina ce l’hanno con Yuscenko, perché lui li ha già insultati parecchie volte. Pertanto è assai probabile un alto afflusso di elettori il 26 dicembre. E proprio le regioni orientali sono molto più popolate rispetto alla Galizia, schieratasi con Yuscenko. D’altra parte, Yanukovich, soprattutto in seguito alle recenti dichiarazioni di Putin -secondo le quali, la Russia sarebbe disposta a sostenere qualsiasi scelta degli ucraini-, potrebbe ritenere gli impegni presi in precedenza non più validi.
    E’ in forse anche la legittimità del “terzo turno”. Sia la “sentenza da Salomone” della Corte Suprema, sia il decreto della Rada Suprema sullo scioglimento della Commissione centrale elettorale e sulla rivotazione, sia la formazione della nuova Commissione centrale elettorale possono essere impugnati. E se a manifestare e e scioperare si metteranno non più gli studenti di Kiev, ma i minatori e gli operai delle fabbriche, i contribuenti più importanti, l’economia ucraina potrebbe andare definivamente in tilt. Ma il nuovo Presidente, uno o l’altro, non importa, in ogni caso conquisterà solo le rovine del vecchio governo. I tentativi di risolvere il problema del potere con la violenza hanno risvegliato il separatismo delle regioni, che sonnecchiava da 12 anni. E’ difficile certamente che si arrivi alla creazione di repubbliche autonome, ma le regioni dell’est cercheranno di ottenere il massimo dell’autonomia, anche perché dal punto di vista economico sono abbastanza indipendenti. E’ possibile che così si arrivi alla federalizzazione dell’Ucraina. A sua volta, la diminuzione delle entrate statali provenienti dalle regioni orientali comporterà automaticamente la riduzione delle sovvenzioni alle regioni occidentali, molti abitanti delle quali si muoveranno, in tal caso, verso l’Europa e la Russia. Il Presidente, poi, cesserà di essere il protagonista al governo, e le sue competenze saranno abbastanza simili a quelle della regina britannica. La Rada, naturalmente, ora non restituirà a nessun costo i poteri ottenuti. Pare poco probabile che si possano trovare 300 deputati che votino volontariamente a favore della restrizione dei propri poteri. E Yuscenko, ma anche Yanukovich, non faranno come Eltsin, per cercare di sciogliere un parlamento che dà fastidio, anche perché dietro il parlamento ci sono interessi di forti gruppi d’élite. Considerato che nessun partito ha la maggioranza nella Rada, l’Ucraina rischia di finire in una situazione, che farebbe impallidire gli artefici dei frequenti rimpasti di esecutivo della Quarta repubblica in Francia.
    La manipolazione delle masse atta all’esercizio di pressioni sul governo può diventare un semplice strumento di gioco politico. Non voglio assolutamente, con quest’affermazione, offendere la maggior parte di coloro che ritenevano onestamente di difendere il diritto del popolo ad avere elezioni libere, invece che di aiutare un gruppo di funzionari ad avere la meglio su un altro gruppo. Un effetto collaterale alla “battaglia per l’Ucraina” è stato il peggioramento dei rapporti, già prima tutt’altro che soddisfacenti, fra la Russia e l’Occidente. Pare che il peggioramento dei rapporti della Russia con l’UE e gli USA sia diventato per ogni Presidente della Russia vera costante del proprio secondo mandato.

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