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Numero 4(49)
Nostalgie in Moldavia

    In Moldavia, una delle repubbliche più povere e, nel contempo, politicamente stabili dell’ex URSS sono improvvisamente scoppiati dei tumulti.
    Formalmente son dovuti al fatto che i comunisti locali che hanno vinto trionfalmente le elezioni parlamentari e presidenziali, volendo mantenere le promesse elettorali, hanno fatto approvare dal ministero dell’istruzione pubblica un decreto che prevede di introdurre nelle scuole lo studio obbligatorio della “Storia della Moldavia” (invece della “Storia della Romania”) e della lingua russa. I partiti d’opposizione della destra (capeggiati dal Partito popolare democristiano), che usano ogni pretesto per tornare al potere, naturalmente non sono rimasti indifferenti. A partire dal 9 gennaio a Kisinev, capitale del Paese, tutti i giorni si sono svolte azioni di protesta con la partecipazione degli scolari e degli studenti che non vogliono studiare la lingua russa. Molto presto alle richieste relative alla lingua sono succeduti gli slogan sulle dimissioni del governo e del Presidente. Il 22 febbraio, circa 20 mila scolari e studenti hanno accerchiato la sede del Parlamento moldavo e hanno cercato di entrarvi, scandendo: “No alla russificazione!” e “Meglio morti che comunisti!”. Juri Roska, leader del Partito popolare democristiano della Moldavia, ha detto che le azioni della protesta continueranno finché “non sarà abbattuto il potere comunista”. Il 24 febbraio gli oppositori, ricordando i vecchi tempi, hanno portato a Kisinev, con i pullman, circa 10000 sostenitori per svolgere una “Grande assemblea nazionale” che doveva mettere in primo piano la richiesta di elezioni parlamentari anticipate.
    I leader dell’opposizione, intervenuti al comizio, hanno accusato la Russia del desiderio di mantenere la Moldavia sotto la propria influenza. I discorsi degli oratori sono stati interrotti dagli slogan: “Abbasso i comunisti!”, “Non ci serve un presidente bolscevico!”, “Abbasso la dittatura, viva la libertà!”.
    Sembra che gli oppositori vogliano provocare il potere ad azioni punitive dissennate (prima, infatti, il Presidente Voronin era ministro degli interni) dopo di che la Moldavia subirebbe l’intervento pacifico di tutta la potenza congiunta della PASE, dell’OSCE e di altre organizzazioni del genere. Le autorità, del resto, si comportano, a sorpresa, in modo molto cauto, operando solo in base alla legge e richiamando l’attenzione della società sul fatto che gli organizzatori delle manifestazioni hanno violato numerose norme legislative. Il partito popolare democristiano ha coinvolto nelle azioni di protesta i ragazzi, violando non solo le leggi della Moldavia, ma anche una serie di norme legali internazionali. E’ stato annunciato che le famose materie saranno studiate solo ed esclusivamente in forma volontaria, ma gli oppositori, ai quali la “questione delle scuole” è servita soltanto da paravento, non ne sono stati soddisfatti. L’opposizione spera che nella situazione in cui ai comunisti hanno voltato le spalle alcuni alleati, compresi i gagausi la cui autonomia recentemente conquistata rischiava di essere tolta da Voronin, riuscirà a spiazzare i recenti vincitori, facendoli scendere dall’Olimpo politico. Le organizzazioni internazionali occidentali hanno già fatto alcune dure dichiarazioni indirizzate al governo moldavo. Anche la Duma russa è intervenuta nella situazione. I deputati hanno approvato il decreto “Sull’inammissibilità dell’intervento delle autorità rumene negli affari interni della Repubblica Moldova”. Il testo del documento è stato approvato all’unanimità da 307 voti nella camera bassa del parlamento russo.
    La dichiarazione, preparata dal Comitato per gli affari esteri, sottolinea che l’appoggio dato dalla Bucarest ufficiale a certe forze politiche in Moldavia e alle loro azioni di protesta contro la cosiddetta russificazione forzata della Moldavia, è foriera della destabilizzazione della situazione nella repubblica alla vigilia delle elezioni locali. Nella dichiarazione si auspica pure che “le azioni della Bucarest ufficiale ricevano una stima adeguata dagli istituiti internazionali, anzitutto europei, impegnati nella salvaguardia dei diritti umani”. I rumeni stessi, del resto, hanno ufficialmente negato qualsiasi partecipazione ai fatti moldavi.

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