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Numero 5(96)
"RIBADISCO, BISOGNA RICORDARSI
SEMPRE E COMUNQUE, CHE SI
E' AL SERVIZIO DEL CITTADINO"
Intervista al senatore Celestino Pedrazzini della Lega Nord


    - Senatore Pedrazzini, quali sono gli obiettivi raggiunti dal Governo Berlusconi, e quelli che invece non sono stati conseguiti?
    - Iniziamo a parlare delle cose che ha raggiunte. Poi parliamo di quelle che ancora mancano. Perché spesso si dice che è un governo che ha fatto poco, invece è un governo che ha fatto delle grandi riforme. Ha innanzitutto riformato la legge relativa alle grandi opere pubbliche, creando la legge obiettivo, una nuova forma legislativa che ha permesso di far partire i cantieri delle grandi infrastrutture. Erano praticamente ventanni che l'Italia non aveva nuove infrastrutture. I cantieri erano fermi, se vuole posso annoiarla ricordandole le famose leggi sbloccacantieri che non hanno mai sbloccato nulla. Il problema della legislazione in Italia è molto complesso. Succedeva che una grande opera venisse bloccata magari da una piccola realtà locale, oppure da un movimento ambientalista, oppure da diffi coltà di procedura. E questo creava delle impasse. Si sa che per fare una grande infrastruttura occorrono indicazioni precise e certe su tempi e costi di elizzazione, che diventano una garanzia per il progetto.
    Mentre siamo passati spesso come Paese che iniziava tante cose e non ne fi niva nessuna. Basta girare invece l'Italia in questo momento per vedere tanti cantieri che sono partiti, e per partire un cantiere ha bisogno di almeno due anni di progettazione, procedure burocratiche e quant'altro. Vuol dire quindi che questo Governo in questa direzione ha fatto molto.
    - Quindi legge obiettivo. Inoltre?
    - La riforma della scuola.
    La Moratti. E lì si tratta di dire dove sta in questo caso la scelta politica. Di riforme della scuola in passato tutti ne avevano parlato, ma non erano mai state fatte. È stata operata una scelta politica ben precisa, che è quella relativa allo studente. Perché quando si fa una riforma scolastica, spesso si pensa agli insegnanti, si pensa ai docenti e ai baroni universitari. Ecco, noi abbiamo cercato di puntare al risultato, cioè quello della formazione del cittadino. Un dato che bisogna conoscere è che l'Italia sta investendo molto nella scuola. L'investimento statale pro capite - cioè il volume della spesa dello Stato per ogni studente - è molto alto in Europa, forse tra i più alti, mentre la cosiddetta statistica fatta dall'Europa sulla preparazione degli studenti italiani ci vede quasi ultimi. Questo era il grosso problema. Signifi cava che bisognava ribaltare il sistema. Si era creata una grande classe di insegnanti, una grande classe di docenti, un grande mondo della scuola, magari competente per conto suo, ma che non era utile al vero motivo per il quale era stato creato, cioè lo studente. Questa è l'altra riforma importante.
    Una delle riforme che ha creato ancora più problemi è quella relativa alla giustizia. Che è stata peraltro appena approvata, nel mese di luglio. In Italia di modifi che in questo settore non ne erano mai state apportate. C'è chi dice che sia una riforma cattiva. Ognuno dà delle visioni molto personali. La realtà è che anche in questo caso è stato scelto il cittadino, invece di scegliere il magistrato. Il magistrato deve sapere che ci sono delle leggi, che le leggi le fa il popolo tramite I suoi rappresentanti, e il magistrato le deve applicare. Mentre all'interno della magistratura negli anni scorsi si era creata una casta di intoccabili che hanno gestito l'amministrazione della giustizia. E anche in questo caso si è scelto il cittadino. In un paese democratico la magistratura è un organo indipendente, e questo rimane tale. Ma un organo indipendente non vuol dire che deve decidere cosa fare. Le leggi le fa il Parlamento. La magistratura le applica, punto. Non, le interpreta. Questo è il grande distinguo. Per oltre cinquant'anni la magistratura applicava a volte un'interpretazione della norma legislativa. Una cosa poi che ha dato forse fastidio è stato il cominciare a dare una valutazione su chi sono I giudici. In Italia non si sa, ma quando si diventa magistrati, la carriera poi è automatica, più nessuno controlla niente. Quindi in questo caso si creano delle lobby interne che non sempre portano a favorire il migliore. Anche lì si è cercato di istituire concorsi, verifi che periodiche, e un altro passaggio è stato quello di decidere di operare un minimo di divisione fra chi desidera esercitare nell'accusa e chi nella difesa. La scuola è unica, ma almeno che si scelga. Perché spesso succedeva che uno stesso magistrato dell'accusa, passando il tempo uno se lo ritrovasse poi dall'altra parte. Quindi da PM, cioè da Pubblico Ministero diventava poi giudice. E questo non sempre era garanzia per il cittadino. Questi sono i tre cambiamenti molto importanti attuati, e sono comunque state affrontate altre questioni.
    - E la legge sull'immigrazione?
    - Anche nel mese di luglio è stato fatto un altro passo. Gradualmente quindi credo si stia sistemando. Il vero problema, anche questo, è legato a una legge che ha dei principi e poi dall'altra parte la sua applicazione. Faccio l'esempio di casi concreti, parlando dell'immigrazione clandestine che vediamo di più per televisione (che non è la maggioritaria, poiché la maggiore immigrazione ce l'abbiamo dalle parti di terra, cioè verso la Jugoslavia e queste zone); parliamo per intenderci chi arriva dalla Tunisia e questi Paesi, e che sbarca che so a Lampedusa o altre località… Il problema è che quando l'immigrato clandestine tocca il territorio italiano - e questo l'ho verifi cato di persona - cosa succede, dice che è profugo politico. La legge dice che sta in questo caso allo Stato accertare la cosa e smentire, prima di respingerlo. Prima succedeva che venisse per esempio portato da Lampedusa ad Agrigento, dove addirittura gli davano un foglio di via. Poi questo non lo si vedeva più. Adesso viene portato in un campo profughi. Lì rimane per un certo periodo fi nché viene identifi cato. Molti di loro fuggono, non si sa come, e non li si trova più. In più c'è il problema della scarsa conoscenza dell'identità delle persone. Assenza di documenti. La cosa interessante però è che dietro s'è create una struttura che dà loro assistenza. Finché le strutture di assistenza danno aiuto, va bene. Ma il problema è che questi extracomunitari non diventino loro stessi il motivo per tenere in piedi questa struttura. Come mai quando uno esce dal campo la prima cosa che sa è che ha bisogno di un avvocato? Ci sono fi or di avvocati che vivono su questo e lo Stato paga queste persone.
    - Addirittura?
    - Sì. Io ho visto arrivare 900 persone al campo profugo di Bari, tutti curdi, tutta gente di montagna, e mi è stata raccontata una storia che non ha senso. Queste persone erano partite dale montagne del Curdistan. Avevano raggiunto il mare in Turchia. Lì li avevano imbarcati, li avevano portati verso il Libano, e dal Libano è partita la nave che poi li ha scaricati lì. Queste sono organizzazioni. Non era un caso. Allora adesso si cerca, almeno per quelli che delinquono o per chi ha documenti falsi di procedere al rimpatrio immediato. Non bisogna scandalizzarsi. Negli Stati Uniti, qualsiasi cittadino che scenda sul suolo americano fi rma un foglio verde sul quale c'è scritto: rinuncio ad ogni mio diritto legale nel caso l'uffi cio immigrazione non mi accetti. E questo nella famosa patria della democrazia.
    - Che cosa non è stato invece ancora conseguito dal governo Berlusconi, e per quail motivi?
    - Beh, io ho dimenticato prima l'obiettivo più importante, per il quale il mio movimento fa parte dell'alleanza, che è quello della riforma costituzionale. Non è ancora stata attuata perché ha bisogno ancora di due passaggi burocratici, abbastanza rapidi. Uno sarà in settembre credo, e l'altro a fi ne anno. Dovrebbe essere pronta quindi alla fi ne di quest'anno.
    - Quando partirebbe poi, in concreto?
    - Dato che non è stata votata dai due terzi, ci sarà il referendum, dopo le prossime elezioni. Anche lì cose un pò all'italiana: c'è chi dice che sia una riforma troppo rigida, c'è chi dice che sia una riforma che conta poco. Io sostengo che alcuni punti validi almeno inizi a fi ssarli.
    - Quali sono?
    - Innanzitutto cominciamo a pensare che sarà uno Stato federale. E questo secondo me è molto importante. Comporterà una riduzione di parlamentari, e questo per snellire la struttura dello Stato, non tanto per fare la grande economia (che non si ottiene certo togliendo venti o trenta senatori o quaranta deputati). Questo anche per lanciare un messaggio al Paese in merito al fatto che alcune strutture dello Stato devono essere ridotte. Perché lo Stato Italiano ha delle strutture troppo grandi. Troppo costose rispetto a quello che è il suo budget. Infatti spesso quando si parla di federalismo il messaggio che passa è quello che esso aumenterà i costi dello Stato. Mentre invece di solito lo Stato federale è quello che riesce ad avere dei costi minori.
    Soprattutto riesce ad avere anche un maggior controllo di quelle che sono le sue risorse e le sue spese. Questo è quello che si vuole raggiungere, perché il discorso centralista ha dei costi, e soprattutto non lascia decidere chi deve decidere. Direi in questo caso, come Lega, il nostro cavallo di battaglia o punto di riferimento è stata proprio questa riforma costituzionale. Speriamo che venga attuata.
    - Perché non è partita prima? C'erano alter priorità, oppure c'è stato poco sostegno da parte degli alleati?
    - No. Non è solo un problema di alleati. Non è cosa semplice, andare a toccare la costituzione. Si tratta dei principi di un popolo. La nostra poi non è stata mai praticamente modifi cata. Innanzitutto va spiegato cosa si intende fare. Quando siamo partiti abbiamo avuto sì, d'accordo qualche grossa diffi coltà inizialmente con gli alleati. Si è creata anche una forte opposizione da parte della sinistra. Tutta l'opposizione su questo ha fatto grande barriera. "La costituzione non si tocca!"; si sono creati addirittura i comitati di difesa della Costituzione, con a capo qualche ex-Presidente della Repubblica, tipo Scalfaro. Lei deve capire, sono situazioni complesse. Però piano piano la cosa sta andando avanti. Infatti è stato creato apposta un Ministero delle Riforme, mai esistito prima, dato a una precisa persona per un preciso fi ne. Questo è lo scopo di un'alleanza.
    - Altri punti non risolti, o non portati avanti, obiettivi che erano stati fi ssati e che non sono stati conseguiti o conseguiti solo parzialmente?
    - Beh, a mio parere bisognerebbe ridurre il numero di tante leggi che creano dei problemi al cittadino. Ci sono tanti passaggi e procedure a livello amministrativo - quello che poi incontra un cittadino nella sua vita normale - che potrebbero essere semplifi cati. Altra cosa alla quale secondo me bisognerebbe arrivare col tempo è la trasparenza dei costi pubblici dei vari enti. Il mio sogno è che un cittadino, quando si alza una mattina, sappia che quel giorno lavora per, e il suo Comune gli costa tot, la sua Provincia gli costa tot, la Regione gli costa tot, lo Stato gli costa tot. Di modo che sia il cittadino, alla fi ne, che debba essere coscente e valutare quel mattino lì se tutte queste strutture valgono realmente i soldi che lui investe. Bisogna sensibilizzare la gente a cominciare a pensare: "Io verso questi soldi. Ma i servizi che mi sono resi, li valgono?". Il federalismo infatti parte di base da quello.
    - L'Italia in questo momento sta vivendo una crisi economica non indifferente. A quail fattori è dovuta, secondo lei? Quali misure pianifi ca di adottare il governo in merito?
    - Beh, è una crisi che sta attraversando tutta l'Europa. Però non basta accontentarsi di dire che sono in crisi anche gli altri. Il problema è che sono cambiati i mercati. L'Italia ha subito dei rapidi cambiamenti, e alcuni non molto fortunati, diciamo così. Infatti ha abbandonato alcuni settori della sua produzione che potevano essere strategici. Ha perso negli anni, per esempio - e ciò non si deve a questo governo - il settore della chimica, che è praticamente sparito, alcuni settori di ricerca in cui prima era di riferimento a livello europeo. Per il futuro non abbiamo molto da scegliere, a parte per quello che riguarda I settori di primaria importanza che sono meccanica particolare e ricerca elettronica. Per il futuro - è un giudizio molto personale anche questo - l'Italia deve guardare a mio avviso quello che stanno facendo altre nazioni. Tipo il Giappone. Spiego anche perché. C'è chi punta a produrre a basso costo. Ma diffi cilmente questo pagherà alla distanza. Perché diffi cilmente in Italia riusciremo a produrre ai prezzi che hanno gli indiani o i cinesi. Bisogna invece puntare sulla ricerca. Su formazione e ricerca. Questa è la sfi da del futuro. Perché noi non abbiamo la possibilità della grande scala di produzione. Non abbiamo il grande mercato. Quindi l'unica possibilità che abbiamo è quella della ricerca. Essere quindi sempre i primi, gli innovatori. E per questo c'è bisogno di formazione.
    - E l'Euro?
    - E l'Euro, eh, ce lo siamo trovato. Ce lo siamo trovato. E lì bisogna dire una cosa. Le difficoltà che ha sono dovute anche al fatto che s'è creata un'Europa dell'economia e non si è create un'Europa dei popoli. Ciò ha creato lo scontento dei cittadini nei confronti dell'Euro. E non è solo in Italia, che ci si lamenta. Non mi pare che in Olanda siano contenti. Non mi pare che in Francia siano contenti. S'è creata la Banca Europea, è stata un'unione di banchieri, per così dire, un unione di soldi. Non è stata un'unione di culture e di principi, e quindi di popoli. È stata una cosa radicale. Alcuni problemi l'Euro li ha risolti. Però forse ne ha risolti da una parte creandone dall'altra. Adesso è giusto un momento di rifl essione e poi bisognerà vedere.
    - Quanto può fare l'Italia autonomamente per cercare di risolvere questi problemi legati alla congiuntura economica e in che misura invece deve fare riferimento al contesto europeo?
    - Il riferimento al contesto europeo è già nella legislazione, ed è comunque necessario. Infatti spesso noi in Italia abbiamo delle leggi che concedono ad alcuni settori troppa libertà di mercato rispetto a quanto fanno in altri paesi, mentre in altri settori abbiamo ancora un mercato bloccato. Specie per quanto riguarda le grandi imprese, che in Italia non crescono. In Italia s'è creato un mondo della piccola e media impresa, che rappresenta un'anomalia rispetto all'Europa. Quindi la regolamentazione relativa deve essere diversa. Altrimenti:
    - per quanto riguarda la grande impresa
    - rischiamo di diventare una "colonia" di alcune nazioni. L'Italia invece deve avere il coraggio di rimboccarsi le maniche, in modo molto italiano, e trovare una sua particolare soluzione. Questo non solo perché la nostra economia è diversa, il nostro territorio è diverso, ma soprattutto perché abbiamo una forma di gestione e controllo del lavoro diversa. Diffi cilmente si riesce a organizzare degli italiani in delle grandi strutture. Mentre riescono bene dove c'è un problema di individualità. In questi settori l'Italia ha sempre dato il massimo. E questo già nei secoli. Ad esempio: se si deve fare una grande ricerca, probabilmente un tedesco riesce meglio dell'italiano, perche è più metodico. Quando è il momento della genialità di capire se la cosa funziona, è più facile che ci arrive un italiano. E questo è nella storia, e peraltro detto da persone che in questi centri di ricerca ci lavorano. Questo individualismo esasperato alcune volte può essere positivo.
    - Ritiene ci siano buone probabilità di vittoria del Polo alle prossime elezioni?
    - Io dico che ci sono delle probabilità. Ci sono, punto. Buone e queste cose le lascerei agli altri, e non penso che sia una battaglia facile, questo va detto.
    - Perché?
    - Ma perché forse questo Governo non è riuscito a comunicare tutto quanto è stato fatto. Non è facile fare della comunicazione diffusa. E spesso, con la nostra cultura, ad un fatto economico che è congiunturale viene data la colpa a chi in quel momento governa. Il famoso detto italiano: "piove, governo ladro". Noi siamo portati a dire, di molte cose che ci dà lo Stato, "Beh, è acquisito, basta. Adesso pensiamo a cosa mi devi dare per il futuro". Speriamo di riuscire a comunicare, e questa e la prima cosa. Poi forse sarebbe salutare parlare delle diffi coltà che si incontrano, senza necessariamente dire che tutto va bene. Ammettere che ci sono delle diffi coltà, però dare una speranza. La campagna sarà fatta secondo me sulla speranza. La gente ha bisogno di sperare e di avere un risultato. È vero che c'è un momento di crisi. Ma è altrettanto vero che adesso l'economia piano piano si sta riprendendo, quindi si può sperare di vivere tutti meglio.
    - Con la riforma Biagi si è cercato di fl essibilizzare il lavoro. Ma a danno delle garanzie che si offrivano comunque prima ai lavoratori…
    - Le garanzie di prima in nessun paese d'Europa possono essere date. C'è da dire che, in molti settori uno veniva assunto praticamente a vita. E che godeva poi di una vera e propria rendita di posizione. Anche lì, con la riforma si è preferito scegliere tra il giovane che ha bisogno di lavorare e tra chi aveva maturato quelli che chiamano I "diritti acquisiti". Intoccabili. Uno statale in Italia resta tale a vita. Lei lo assume, quello va in pensione lì. Questo non avviene in nessun paese al mondo.
    - Però adesso si è creata una situazione per la quale di giovani che sono assunti con contratto a tempo indeterminato ce ne sono pochissimi. Sono tutti più o meno precari. E non avendo un contratto a tempo indeterminato non si possono permettere nulla: non possono permettersi di accendere un mutuo, non possono permettersi di prendere una casa in affi tto…
    - Giusto. Vero, tutto vero questo. Bisogna capire che è un momento di transizione. Noi ereditiamo la storia che ha portato il Paese ad una situazione economica di indebitamento pubblicofolle, dovuta a una struttura dello Stato di cui si conosce solo il costo, mentre la parte produttiva continua a diminuire. Se in un Paese tutti lavorano nel settore dei servizi, il Paese è fi nito. Perché ci vuole chi produce il reddito, e chi lo consuma per i servizi. Noi abbiamo creato una struttura enorme, che è lo Stato italiano. Ci sono certi enti che costano più del Parlamento. E che la gente non sa nemmeno che esistano. Io non lo so neanche, tutto quello che fanno, a Roma. Questi però sono costi che il singolo cittadino paga. Sono mancate risorse per cose più serie. Allora piano piano questi settori vanno ridotti. Ecco perché queste persone non vorranno mai il federalismo. Perché quando si riesce a decentrare delle situazioni, è più facile il controllo. Si tratta quindi di un momento in cui vanno valutate le due cose: si sta creando un mercato fl essibile molto più vicino al mondo europeo in contrasto con un sistema che era, visto che siamo in Russia, quasi sovietico.
    - Una domanda di taglio un pò economico: si cerca, attraverso una serie di leggi, di agevolare l'imprenditoria, permettettendole di risparmiare capitale suffi ciente da poterlo reinvestire nella ricerca, nella tecnica, creando nuovi posti di lavoro etc. Il problema è che secondo molti l'industria lo fa, questo lavoro, però all'estero. L'imprenditore che ha risparmiato dice, "beh, chi me lo fa fare di reinvestire in Italia e pagare un sacco di tasse, vado in Bulgaria".
    - Esatto. Le parlo però un pò del passato. Le grandi imprese italiane - ad esempio la Fiat - sono sempre state tutelate dallo Stato, sempre con forti fi nanziamenti, o con commesse o con ingenti agevolazioni, tipo non so, interventi economici della cassa integrazione in caso di riduzione di personale. Oppure, nel passato, un'industria andava male; investiva in BOT, che risultavano ancora soldi dello Stato, e quindi il vero reddito era costituito da rendita parassitaria, fi nanziaria, non di produzione. Questo è quello che succedeva in passato. Adesso, questo problema delle agevolazioni esiste. Però il sistema si può correggere. Basta imporre che tutti coloro che ricevono agevolazioni da parte dello Stato italiano producano in Italia.
    - Ma è una cosa fattibile? È controllabile all'atto pratico?
    - Io penso proprio di sì. Anche perché la cosiddetta "delocalizzazione", della quale parliamo, e che è stata fatta negli ultimi anni, all'Italia sta già costando molto. E questo per un motivo. Non abbiamo più imprenditori. Il signore che è andato via da Treviso, mettiamo il caso, e che è andato a produrre in Romania, creando a Timisoara la seconda azienda, è diventato un venditore sul territorio italiano: non produce più, bensì vende. Il passaggio successivo qual'è? Che saranno gli stessi rumeni a mandare i loro prodotti, quindi non serviranno più neanche i venditori. Se io sono in Romania e produco un bene, perché devo mandarlo a te, che poi lo rivendi? Posso rivenderlo io. In quel momento la delocalizzazione non ha più motivo di esistere. In poche parole è quello che hanno fatto I cinesi tempo fa. Quando si perde il know-how di produzione, e si diventa venditori, c'è un preciso tempo in cui si può resistere. Infatti il nord-est non va bene. Il nord-est è quello che ha più diffi coltà rispetto magari ad esempio alla Lombardia. La Lombardia ha avuto un certo tipo di produzione continua. Di alto livello magari. Parliamo di machine utensili o affi ni. Chi invece ha realizzato la produzione di basso livello, o di grande scala, e ha delocalizzato, adesso comincia ad avere grandi diffi coltà. La situazione si dovrebbe risolvere da sola fra qualche tempo. Tuttavia, giustamente lo Stato deve fare in modo che gli aiuti non li debba ricevere chi fa la delocalizzazione, ma solo chi produce sul territorio italiano e con le regole italiane. Questa è l'unica condizione. Sarà diffi cile. Tutte le cose sono diffi cili. Tutti i controlli sono diffi cili. Però si può fare.
    - In afferenza al tema, l'evasione fi scale in Italia rimane un grave problema. Sono state adottate misure legislative nuove?
    - Questo è un grave problema in Italia, cominciamo, da sempre. In merito sono state aggiuntedelle clausole a delle leggi. Si vuole tornare a fare in modo che la fi scalità possa essere applicata dagli enti locali. Il sistema della fi scalità funzionava quand'era il comune che, bene o male, parliamo delle singole persone, conosceva chi pagava le tasse. Poi nel '76 tutta la fi scalità è stata mandata a Roma. Quando io pago per Roma, sul territorio nessuno ha interesse a capire se io pago o meno. Questo non succederebbe se la cosiddetta fi scalità, come in tutti i paesi civili, rimanesse a livello territoriale. Facciamo l'esempio banalissimo di un paese piccolissimo in Europa - che poi non è in Europa - che è la Svizzera. Le tasse lì si pagano al proprio Comune. Poi il Comune manda una quota al Cantone, e una quota allo Stato. Sono io il primo esattore. Sono anche quello che è incentivato al controllo. Ma se il controllo viene fatto da una struttura esterna, Lei provi a pensare ad alcuni paesi del sud, in cui non ci sarà mai. È un problema di responsabilità. Col federalismo la gente sarà invogliata a comportarsi meglio. Sarà la cosa più diffi cile.
    - Cosa si potrebbe fare secondo lei per aumentare il civismo negli italiani? E sviluppare un senso dello Stato che non sia esclusivamente legato come al solito alla pizza, alla pasta…
    - Ecco, infatti ho provato una grande delusione, quando mi sono recato in zone lontane da Mosca. È ancora peggio di come lo descrive Lei. In Russia il termine che più spesso viene associate all'Italia è "mafi a". Non è solo "pizza".
    - Il fatto è che gli italiani quando pensano a se stessi e all'Italia non pensano al grande Stato italiano…
    - Ma non lo abbiamo mai avuto. E anche per quanto riguarda la pizza come componente dell'identità nazionale, io per esempio vengo da una zona in cui la pizza, sì, si usa adesso, ma non fa parte della tradizione gastronomica locale. Sono nato sul lago dii Como: da noi il piatto forte sono i risotti. Scherzi a parte, a prescindere dal fatto che nello Stato federale non avremo bisogno di sentirci parte di un grande Stato, il vero problema è che l'italiano non se ne sente parte forse per via di come gli è stato presentato. Ovvero, se il cittadino ha questo tipo di reazione, vuol dire che lo Stato non gli è mai stato amico. Infatti l'italiano tipo, quando vede uno della fi nanza, che lo ferma…
    - Aiuto!
    - Esatto. Entrano due fi nanzieri in un ufficio - terrore. Invece in altri paesi - Germania, Francia… - i fi nanzieri sono i consulenti delle aziende, che dicono loro come devono pagare le tasse. Allora vuol dire che non è il cittadino che sbaglia, in questo caso. Forse è lo Stato che deve proporsi in altro modo. Innanzitutto bisogna ricordare che lo Stato non è un intoccabile, è "un cittadino" anche lui. Quindi il concetto di civismo va fatto forse da quella parte. Bisogna ricordare che anche lo Stato è un cittadino, quindi, ma la cosa più importante è che bisogna ricordarsi di dire ai funzionari dello Stato che sono pagati dai cittadini. Mentre costoro pensano che li paghino delle entità sovrannaturali. Lei ha mai provato ad entrare in un uffi cio dove lavora un signore che appone timbri? Questo si sente il Padreterno. Invece è una persona normale, che sta svolgendo degnamente una sua funzione; è giusto che venga remunerato, ma che rispetti anche chi va a lui. Che si comporti in modo serio e rispettoso.Così si riuscira a far capire ed apprezzare questo stato che spero a breve federale.
    - Cosa signifi ca essere un senatore della Repubblica italiana? Cosa è indispensabile per svolgere bene questo compito?
    - Essere:
    - liberi di pensiero, non condizionabili, né tantomeno ricattabili, ma solo convincibili;
    - signori, che non coincide sempre con ricco;
    - avere buona memoria per ricordare sempre chi si rappresenta cioè i cittadini che ci hanno dato il voto.
    - Un'ultima domanda, senatore. Cosa ne pensa della direzione che sta prendendo la politica russa attualmente?
    - Ogni popolo è o dovrebbe essere sovrano nel proprio territorio, e artefi ce del proprio futuro, e non sta a me giudicare, ma starà eventualmente al popolo russo. Tuttavia, il varo di questa legge della barriera del 7% alle elezioni (in Italia abbiamo il 4%, in Germania è già altissima, arriva al 5%), è un dato che fa pensare . Il rischio è che il Governo si autoprecluda la possibilità di portare avanti una "sana" dialettica, ovvero interagire con chi potrebbe offrire nuovi stimoli e idee, che a volte arrivano proprio dall'opposizione. Perché non è detto che tutto quello che fa il Governo sia ottimo e tutte le idee dell'opposizione siano da scartare. E questa modifi ca alla legislazione elettorale russa, certo, fa pensare.

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