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Numero 6(97)
Paura e odio a Nalchik

    Sembra che gli assalti alle città da parte degli islamisti radicali siano diventati una consuetudine nel Caucaso settentrionale. Dopo Nazran’ e Beslan, che hanno vissuto l’orribile esperienza l’anno scorso, si è aggiunta alla lista anche la capitale della Kabardino-Balcaria, Nal’chik.
    Tra le nove e le dieci del mattino del 13 ottobre un drappello di guerriglieri (secondo diverse stime dai 150 ai 300) ha fatto irruzione nel centro abitato. Si sono trovate sotto attacco praticamente tutte le strutture delle forze dell’ordine statali e municipali, il commissariato militare, il comando militare per la supervisione areoportuale e il negozio di armi “Arsenal”.
    Secondo alcuni dati, i terroristi avrebbero tentato di impadronirsi di un ripetitore televisivo, avrebbero fatto esplodere il centro operativo di telefonia mobile “Megafon”, il cui business risulta essere molto ben avviato all’interno della repubblica. Ma l’attacco non ha avuto successo. Evidentemente gli aggressori avevano sopravvalutato le proprie forze e il grado di impreparazione delle forze dell’ordine. Nessun sostegno neanche da parte della popolazione locale. Hanno occupato i primi piani del Ministero degli Interni (secondo un’altra versione quelli del quartier generale locale dei Servizi di sicurezza federali), ma non sono riusciti ad impadronirsi dell’intero edificio. Dopo la morte durante una sparatoria di uno dei leader degli islamisti locali, Anzor Astemirov, comandante della squadra, i guerriglieri si sono sbandati e frammentati in grupperelli, tentando disperatamente di fuggire dalla città. Alcuni di loro, abbandonando le armi hanno cercato di confondersi con la popolazione civile, che nel panico scappava dal campo di battaglia nel quale si era trasformata la tranquilla cittadina. Pare non sia stato sufficiente, tuttavia, il panico che incalzava alla fuga i civili: tra di loro 12 vittime. Le autorità hanno fatto di tutto per non perdere la faccia per la terza volta. Per ordine di Putin, Nal’chik è stata circondata dalle truppe della 58esima armata e occupata da diversi contingenti militari, truppe interne e agenti di polizia per un totale di circa 2000 uomini con l’ordine di sopprimere ogni tentativo di resistenza. Per la “direzione generale” delle operazioni è arrivato l’ambasciatore del presidente della FR per la regione federale meridionale, Dimitrij Kozak, il viceministro degli Interni Andrej Novikov e il vice procuratore generale della FR Vladimir Kolesnikov. A tarda sera la gran parte dei guerriglieri era già stata uccisa o incarcerata, e il resto asserragliato nell’edificio di una delle tre centrali di polizia di Nal’chik (8 persone), e nel negozio“Souvenir” (2 uomini). La mattina del 14 ottobre i terroristi dall’edificio della centrale di polizia hanno tentato di lasciare dalla città servendosi di ostaggi.
    Tuttavia, il conducente del minibus sul quale viaggiavano non è riuscito a mantenere salda la guida e il veicolo si è schiantato contro un albero. Un attimo di esitazione da parte dei terroristi è bastato a far sì che i corpi speciali che inseguivano il veicolo uccidessero tutto il gruppo. Gli ostaggi, tra i quali alcuni bambini, sono rimasti incolumi. Subito dopo sono stati uccisi i terroristi del negozio “Souvenir”. Per ironia della sorte, l’ultimo gruppo di terroristi, composto da 12 persone, ha lanciato un’offensiva il 14 ottobre, accanto all’edificio del distaccamento locale dei Servizi federali per l’esecuzione delle pene giudiziarie (organizzazione che ha in mano la gestione di diverse carceri e “penitenziari”).
    L’attacco a Nal’chik si è concluso per i terroristi in una totale sconfitta; 91 uccisi e 36 arrestati. Le forze dell’ordine hanno riportato 24 vittime e 58 feriti. Un simile bilancio non si registrava da parecchi anni. Diverse sono le ipotesi relative alle ragioni dell’attentato; dall’obiettivo da parte del gruppo di islamisti radicali locali di liberare i compagni prigionieri al tentativo di Šamil Basaev - che avrebbe comandato l’attacco e sarebbe morto nella sparatoria - di impadronirsi di un areoplano dell’areoporto per poi utilizzarlo in un attentato terroristico suicida. Si può anche prendere in considerazione la versione in base alla quale l’establishment politico locale avrebbe voluto dimostrare la propria efficienza al centro federale, che aveva intenzione di andare a stuzzicare “i vespai” locali (si ricorderà il rapporto di Kozak, poi trapelato e arrivato alla stampa sul “clanismo” vigente nel Caucaso settentrionale, e le dure dichiarazioni di Vladimir Putin del 23 settembre sulla necessità di riportare l’ordine nella regione). Tra l’altro, se si tiene presente che l’attentato di Beslan ha dato il via alle “riforme di settembre” di Vladimir Putin, l’attacco a Nal’chik potrebbe benissimo diventare il pretesto per nuovi, radicali interventi sulle strutture delle forze dell’ordine e delle autorità governative. In ogni caso, qualsiasi sia la versione dei fatti, è inevitabile che insorgano come al solito una serie di domande. La prima di queste è in che modo sia riuscito un contingente di circa 150-200 uomini armati ad attraversare senza ostacoli il territorio kabardino-balcariano (e facciamo notare che, a differenza dell’Inguscezia e dell’Ossezia settentrionale, la repubblica Kabardino-Balcariana si trova abbastanza lontano dalla Cecenia).
    Oltretutto le autorità, rispondendo a tali domande incorrono nella sfiducia dell’opinione pubblica, già avvezza alla menzogna e alla disinformazione da parte delle figure responsabili. Purtroppo il tentativo di disinformare si è constatato anche in quest’occasione. Per tre volte i rappresentanti delle autorità governative e militari hanno dicharato di avere messo fine al terrorismo, e subito dopo le azioni terroristiche sono continuate indisturbate. È ovvio, che menzogne di questo genere minino la fiducia in qualsiasi dichiarazione ufficiale. E dalla sfiducia nei confronti delle autorità governative all’odio il passo è breve. L’unica soluzione sembrerebbe un processo a porte aperte ai terroristi; per fortuna di comparse allo scopo se ne trovano a sufficienza.

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