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Numero 7(98)
Il business russo e' ostacolato dalla mancanza di apertura

    Una scarsa apertura del business russo ostacola l’aumento dei rating creditizi delle aziende russe, il che appare strano, sullo sfondo di una condizione delle finanze pubbliche piuttosto buona, constata il quotidiano britannico FT.
    “Il governo russo ha motivo di essere contento di sé: i prezzi alti del petrolio gli hanno permesso di estendere le riserve auree valutarie fino a 160 miliardi di dollari. I superflui del bilancio federale, la riduzione dei debiti e alti indici di crescita rinforzano il suo rating creditizio da investimenti. Sebbene le agenzie di rating esprimano preoccupazione per le riforme strutturali tuttora ferme, per la dipendenza eccessiva dalle risorse naturali e per la giustizia selettiva, le prospettive dei rating sovrani sono stabili. In questa situazione suscita compassione il settore corporativo russo, che non ha giovato di alcun effetto positivo seguito al migliormento delle finanze pubbliche”, scrive il giornale. Oggi solo due aziende, la “Vneštorgbank” e “Rossijskie Železnye dorogi” hanno l’equivalente del rating da investimenti conferito dalla Standard&Poor’s. Anche se tale abisso tra il rating corporativo e quello sovrano non è qualcosa di insolito per i mercati emergenti, raramente succede che sia così profondo e stabile.
    Un fattore notevole è la scarsa apertura delle aziende russe. Ad eccezione delle banche, non hanno ancora adottato le norme internazionali riguardanti la contabilità. Non sono abbastanza fermi i decreti contro le operazioni insider. Le strutture della proprietà rimangono non trasparenti. Tutte e 50 le più grandi aziende russe hanno degli azionisti che posseggono un pacchetto di controllo che può arrivare alla metà delle azioni. Non esistono norme di legge che prevedano l’identificazione dei proprietari effettivi, cosicché è noto solo un quarto dei proprietari privati delle 54 compagnie più grosse, osserva il Financial Times.

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