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Numero 7(98)
Figli delle HLM
Perche sono scesi in piazza i ragazzi dei sobborghi parigini


    Per i francesi le HLM sono dei quartieri di edifici abitativi prefabbricati sorti in numero elevato alla periferia di grosse città della Francia. L’abbreviazione HLM (habitation a loyer moderé) significa “abitazione ad affitto moderato”: si tratta cioè delle tipiche case popolari.
    Tali quartieri sono popolati prevalentemente da oriundi delle ex colonie francesi, nonché da loro figli e nipoti. Nel corso di alcuni decenni la Francia ha accolto lavoratori immigranti dai Paesi dell’Africa settentrionale ed occidentale. Eseguivano dei lavori umili, mal retribuiti, ma si accontentavano, perché in patria si stava ancora peggio.
    Col passare del tempo, in Francia la situazione economica e sociale è cambiata. Il Paese è passato dall’era industriale a quella postindustriale, e la domanda di manodopera poco costosa e poco qualificata si è bruscamente ridotta. Ne è responsabile, da una parte, il progresso tecnologico, e dall’altra, il trasferimento delle industrie nei Paesi del Sud e dell’Est Asiatico.
    Di conseguenza, i figli e i nipoti degli immigranti, venuti una volta in Francia, si sono trovati senza opportunità di trovare un impiego. E la colpa da un lato è loro, dall’altro delle autorità francesi che per tanti anni hanno chiuso un occhio su diversi problemi che si moltiplicavano. È vero che i giovani “etnici”, o - per usare il termine politically correct - “multiculturali” hanno poche probabilità di conseguire un buon livello di istruzione, e, quindi un lavoro discreto. Ma è pur vero che i ragazzi delle HLM di voglia di lavorare o di imparare un mestiere sembrano averne poca, vedendo nell’attività criminale un metodo più facile per arricchirsi.

Un mutamento culturale e sociale
    Si è scatenato il pandemonio, attorno agli ultimi eventi in Francia. Tutti ormai sanno che i teppisti dei sobborghi parigini non sono, per così dire, francesi “indigeni”. Ma non sono neanche arabi, senegalesi o malesi. Nei quartieri degli immigranti francesi si sono formate specifiche comunità subetniche, i cui membri non sono ancora diventati europei come mentalità, ma non si ritengono più rappresentanti del terzo mondo. I ragazzi arabi e neri in Francia per la maggioranza sono nati in questo Paese e sono suoi cittadini. Ma per una serie di motivi non possono ritenersi francesi al 100%, nonostante parlino francese. Si sono trovati, infatti, all’incrocio fra due mondi: una comunità patriarcale familiare, nella quale erano cresciuti i loro genitori, e la civilità urbanistica occidentale, in cui i criteri dei rapporti interpersonali sono radicalmente diversi da quelli comunitari.
    A differenza dei propri genitori, non sono moralmente/psicologicamente preparati a spazzare le strade, fare i manovali o diventare artigiani. D’altro lato gli impieghi di prestigio sono a loro preclusi. Non va dimenticato, inoltre, che quasi tutti coloro che hanno preso parte ai disordini sono giovanissimi, che non hanno neanche raggiunto l’età di studenti universitari. Tanti tra gli arrestati e identificati hanno soltanto tra i 12 e i 15 anni. E le leggi della psicologia adolescenziale non le ha abrogate nessuno, sono sempre valide, in tutti i Paesi e per tutte le etnie.
    Anche l’Unione Sovietica visse una situazione in un certo senso simile negli anni 1930-1950, quando, in seguito alla totale industrializzazione e collettivizzazione, milioni di ex contadini diventarono cittadini. Per parecchio tempo cercarono di conservare uno status “comunitarista”, il quale, per giunta, veniva sostenuto dal potere sovietico. Una caratteristica di tale status è un atteggiamento sociale parassitario, come l’incapacità di risolvere i propri problemi in modo autonomo. L’abitudine di molti cittadini ad appoggiarsi in tutte le cose allo Stato continua a rimanere anche nella Russia di oggi un problema enorme, che frena lo sviluppo della società civile e l’integrazione del Paese nel mondo moderno.
    In Francia certamente la situazione non è speculare a quella descritta, ma anche là la difficoltà maggiore sta nel processo di adattamento alle realtà di oggi. Mentre i russi si sono trovati nel Duemila con i valori profondamente radicati dell’Ottocento, la comunità di immigranti francesi è arrivata nel futuro da un lontano medioevo.

Una prima versione, il conflitto sociale
    Tra le ipotesi principali circa i motivi del conflitto prevalgono soprattutto quella sociale, quella religiosa ed etnica e quella criminale. I sostenitori di ogni ipotesi sono sicuri che solo la soluzione del problema da loro menzionato riporterà alla tranquillità e permetterà di evitare complicazioni in futuro. Speculano sull’argomento politici sia di sinistra che di destra, e non solo in Francia.
    In realtà, ognuna delle ipotesi ha titolo di legittimità, anzi trova conferma nei fatti. In alcuni quartieri degli immigrati, per esempio, la percentuale ufficiale degli disoccupati arriva al 100% di popolazione abile al lavoro, mentre in Francia questo valore ammonta a circa il 10%, e tra i bianchi a un indice ancora inferiore. È presente inoltre una discriminazione più o meno palese sul mercato del lavoro e nel settore dell’istruzione. Qui però ad entrare in gioco non è l’etnia dell’aspirante a qualche impiego o borsa, ma sono le sue competenze professionali, decisamente insufficienti.
    L’ipotesi della natura sociale del conflitto è sostenuta prevalentemente dai socialisti e in genere dalla sinistra, compresi i comunisti. I socialisti sono in opposizione all’attuale governo francese, di destra, mentre molti sindaci dei sobborghi pieni di immigranti sono comunisti.
    Quando nei primi giorni dei pogrom Nicolas Sarkozy, il Ministro degli Interni ha definito i ragazzi infuriati “una marmaglia”, ha dovuto subire un uragano di critiche da parte della stampa liberale e dei politici di sinistra, che hanno esatto da lui pubbliche scuse per l’appellativo utilizzato, sostenendo che tale parola non si addica a persone in realtà diventate vittime delle circostanze. Come si suol dire, rovinati dall’ambiente...
    Ma proprio con il governo socialista nell’ambiente degli immigrati si è creata una classe di parassiti sociali ai quali si era cominciato a pagare dei sussidi allorquando è scomparso il bisogno di manodopera. I sussidi permettevano loro di affittare abitazioni a buon mercato presso i cosiddetti HLM. I soldi bastavano anche per mangiare, per vestirsi e per divertirsi un pò. Di conseguenza, è cresciuita un’intera generazione che non ha mai visto i loro genitori lavorare. Dal loro punto di vista quindi, sarebbe naturale che chi li ha messi in tale situazione - cioè le autorità - li pagasse.
    Per i programmi previdenziali si stanziavano e si stanziano ancora enormi cifre. Ma tutti questi provvedimenti sono tattici, e non strategici. Invece di dare a quelli che ne hanno bisogno la possibilità di raggiungere qualcosa di più in modo autonomo, si dà loro una specie di elemosina, viziandoli e al contempo stuzzicandoli.

Una seconda versione, il conflitto delle civiltà
    La destra, dai conservatori al Fronte nazionale di Jean-Marie Le Pen, dà tutte le colpe al conflitto delle civiltà, al contrasto tra il “primo” mondo e il “terzo”, tra l’Europa cristiana e l’Oriente musulmano. Non va negato - e lo ammettono anche i servizi segreti francesi – che la situazione sociale tesa crea condizioni favorevoli per la propaganda dell’Islam radicale. Tuttavia, gli inviti alla jihad e le grida “Allah akbar!” tra i partecipanti ai disordini non si sentono.
    Tutti i reati, con poche eccezioni, sono stati diretti contro la proprietà pubblica o contro i simboli dello Stato, il che comprova il carattere sostanzialmente anarchico della rivolta. A differenza dell’Africa settentrionale e del Medio Oriente, dove l’Islam diventa un segno di autoidntificazione nazionale, quasi tutti i giovani multiculturali francesi per il momento sono apolitici e non religiosi. Non va dimenticato che i ragazzi sono cresciuti in Europa, e fin da piccoli hanno visto manifestarsi la cultura di massa della società dei consumi, diametralmente opposta ai valori della conservativa civiltà musulmana.
    Solo pochissimi sono andati nei Paesi arabi a studiare le basi dell’Islam, oppure a “temprarsi” negli scontri armati con gli infedeli. Anche i tentativi di influire sui giovani tramite le persone anziane, che tradizionalmente godono di tanto rispetto in Oriente, sono destinati al fallimento, perché i genitori, per i giovani “etnici” francesi non rappresentano un’autorità incondizionata. E qui emerge anche il tradizionale conflitto occidentale tra padri e figli, trasversale a quasi tutta l’Europa nei secoli XIX e XX.
    Intanto molti esperti notano anche una certa ambiguità nella situazione in cui si sono trovati i francesi. Proclamando i principi della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità, ed essendo apologeti della correttezza politica, più zelanti degli stessi americani, i francesi sono molto sensibili al fatto di dover coesistere con gente con una visione del mondo diversa dalla loro. Ciò, a sua volta, comporta una discriminazione degli “estranei”, manifestata spesso anche nella vita di tutti i giorni.
    Una persona può non essere assunta per un posto di lavoro o può non ammessa in un locale notturno non tanto perché non è bianca, quanto perché, non essendo bianca, potrebbe combinare dei guai. I figli degli immigranti, anche se si sforzano tanto di sentirsi francesi, non possono non rendersene conto.
    Come si è già detto, le offese si sono accumulate nel corso dei decenni. La Francia, che aveva accolto gli abitanti delle proprie ex colonie, li emarginava nei ghetti, eufemisticamente chiamati quartieri di abitazioni “sociali”. Ma erano anche gli stessi immigrati a riunirsi in delle comunità in cui per loro era più facile poi affrontare l’ambiente estraneo nel quale si erano ritrovati. Le autorità facevano finta che tutto andasse bene, e per molti motivi preferivano chiudere un occhio sulla situazione, che peggiorava continuamente. Nel periodo delle elezioni c’era la corsa ai voti degli elettori; dopo essere diventati membri del Governo o del Parlamento, i politici tuttavia trovavano degli affari più importanti a cui pensare e si scordavano del problema. Ora la Francia dovrà comunque cercare per i giovani “etnici” degli stimoli. Questo per evitare che delinquano. In particolare, a ciò contribuisce anche il fattore demografico. La Francia, come tutta l’Europa, sta invecchiando rapidamente, servono sempre più soldi per le pensioni e le garanzie prevedenziali. Non si riuscirà pertanto a rabbonire i giovani disoccupati dei quartieri degli immigrati solo mediante gli aumenti dei sussidi. Bisognerà cercare strade più efficaci, per favorire la loro integrazione nella società.

Terza versione, il movente criminale
    Il terzo aspetto dei disordini di massa è criminale. In realtà è il coerente risultato di quello che provocano i due aspetti precedentemente trattati.
    Se un’intera categoria di persone viene respinta dalla società, se viene guardata male per le proprie origini etniche, viene poi inevitabilmente emarginata. Una situazione simile si verifica anche nei quartieri neri e latini degli USA, dove le bande da strada sottomettono rioni interi delle grosse città.
    In Francia si è lasciato che la situazione della malavita etnica da strada si risolvesse da sé. La polizia cercava di non farsi vedere nelle HLM, per non subire aggressioni e non provocare la gente del posto già esasperata. Esistevano dei taciti accordi tra polizia e “pesci grossi” della criminalità: costoro avrebbero cercato di limitare i reati gravi sul loro territorio, mentre la polizia avrebbe chiuso un occhio sullo spaccio della droga, la prostituzione e le risse da strada.
    Ma Sarkozy, avendo dichiarato una crociata contro la criminalità, ha toccato gli interessi dei malavitosi. I tentativi di riprendere il pattugliamento dei sobborgi poveri è risultato simile all’introduzione delle teste di cuoio nella curva degli ultrà durante una partita. Nonostante le dichiarazioni minacciose del Ministro degli Interni comunque, la polizia dà prova di un autocontrollo straordinario, non aprendo mai fuoco mirato.

Alla ricerca di una via d’uscita
    Ora è difficile negare che la sommossa parigina non sia dovuta in realtà a una sinergia tra le tre cause suindicate. È ovvio inoltre che si debba risolvere il problema venutosi a creare usando il metodo della frusta e della carota. Per quanto riguarda la frusta, tutto chiaro, visto che nella situazione di oggi va brandita immediatamente, ma per quanto concerne la carota, bisogna rifletterci bene, per non dover ottenere un risultato altrettanto triste.
    Nello stato di emergenza dichiarato attualmente gli eventuali trasgressori saranno intimiditi non solo dai tempi di reclusione, di solito abbastanza brevi, ma anche da multe di qualche migliaio di euro per i danni arrecati. E quando si tratta delle proprie tasche, tutti diventano più cauti. Inoltre Sarkozy ha dato un pò retta anche ai nazionalisti della destra, i quali chiedevano di rispedire tutti gli “ammutinati” alla patria d’origine.
    Farlo in modo legale è certamente una cosa impossibile, perché, come abbiamo già detto, i partecipanti ai disordini sono per la maggioranza cittadini francesi. Ma ci sono anche dei clandestini e degli stranieri che hanno in Francia solo il permesso di soggiorno. Il ministro degli esteri propone di deportare proprio questo genere di individui. Poco chiaro se ciò possa valere da ammonimento per gli altri, oppure suscitare una nuova ondata di sdegno.
    Tornando al disorso della “carota”, per ora il Primo Ministro De Villepin si è espresso vagamente in merito alla disponibilità di fornire nuove garanzie sociali ai ceti meno protetti della popolazione e di approvare una serie di programmi, mirati all’integrazione pratica e non ipotetica dei giovani “multiculturali” nella società francese. In che cosa consisteranno queste misure, per ora non si sa.
    Può darsi che le autorità sperino che i pogrom in ogni caso cessino, per il semplice fatto che l’energia degli adolescenti è potente, ma non illimitata. Poi per un certo periodo regnerebbe la calma, e il successivo scoppio di indignazione sarebbe affrontato da un altro Governo.
    Per i politici sarà molto difficile però mettere a tacere la cosa. Il 10% dei 60 milioni di francesi in Francia sono oriundi delle ex-colonie, prevalentemente musulmani, tutti con problemi simili. Quindi, questo rompicapo sociale-etnico con sfumatura criminale ai francesi toccherà comunque risolverlo.
Andrei Kuznetsov,
Sono stati usati i materiali del sito internet Lenta.ru

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