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Numero 5(50)
Il pollo d’acciaio

    I rapporti tra la Russia e gli USA, appena rimessi sul bello, possono essere danneggiati dalla guerra commerciale.
    Il 6 marzo, le autorità statunitensi hanno annunciato ufficialmente di introdurre dal 20 marzo i dazi d’importazione per la maggior parte di prodotti d’acciaio importati. L’entità dei dazi sarà dall’8% al 30%. Potranno continuare ad esportare l’acciaio negli USA, senza pagare i dazi, i membri dell’organizzazione NAFTA: il Messico e il Canada, nonché l’Argentina, la Tailandia, la Turchia ed alcuni Paesi piccoli produttori. I Paesi dell’Unione Europea, la Russia, l’Ucraina, il Giappone, la Cina, la Corea del Sud ed il Brasile sono diventati, invece, vittime delle misure protezioniste. Le perdite dell’UE in seguito all’introduzione dei dazi ammonteranno a 2 miliardi di euro, quelle della Russia costituiranno circa 500 milioni di dollari. In seguito alla decisione di George Bush, i nuovi tassi saranno validi per tre anni: durante questo periodo l’industria dell’acciaio americana deve uscire dalla crisi e diventare più competitiva. Attualmente non è in grado di farlo a causa delle spese altissime, degli enormi pagamenti previdenziali e delle attrezzature obsolete, e non è detto che la stessa situazione non si ripeta fra tre anni.
    “Il Presidente ha dimostrato di essere un leader che mantiene la parola”, ha detto Dan Di Micco, direttore della più grossa azienda di produzione d’acciaio statunitense Nucor Corporation (nel corso della campagna elettorale Bush aveva promesso di salvare l’industria dell’acciaio). “E’ un messaggio forte al resto del mondo che ci cureremo dei nostri uomini e daremo loro una chance di essere competitivi”, conferma Robert Zellick, rappresentante commerciale degli USA.
    Ma questa decisione è quasi fatale per la siderurgia russa. E non tanto perché si ridurranno i proventi d’esportazione di tre o quattro stabilimenti siderurgici più grossi del Paese. Dell’acciaio, ce n’è troppo nel Paese anche oggi, e la riduzione delle sue vendite all’estero (gli Stati Uniti finora erano uno dei mercati più importanti per la Russia) susciterà l’effetto domino nell’economia della Russia. I redditi e quindi le spese degli stabilimenti siderurgici diminuiranno. E anzitutto si ridurranno le spese previdenziali.
    La Russia, del resto, ha trovato una risposta adeguata agli USA: il 1 marzo il Ministero dell’agricoltura ha dichiarato ufficialmente che dal 10 marzo la Russia sospende le importazioni dei polli americani, soprannominati “gambette di Bush”. Il motivo formale per il divieto è stato fornito dal fatto che gli americani usano, nell’allevamento dei polli, alcuni steroidi, antibiotici e concimi geneticamente modificati, rinunciando a presentare ai veterinari russi il loro elenco completo. E’ stato, inoltre, annunciato che in alcune partite esportate fosse stato riscontrata la salmonellosi. Per non creare l’impressione che si trattasse di un’azione di protesta contro l’aumento dei dazi per l’acciaio, i veterinari russi hanno ricordato che nell’anno scorso l’UE aveva ridotto notevolmente le importazioni dei polli statunitensi. Gli Stati dell’Unione Europea sono stati seguiti dall’Ucraina e dalla Cina. Come un’altra prova dell’imparzialità si cita il fatto che la Russia contemporaneamente ha sospeso le importazioni della carne proveniente dalla Cina.
    Per dimostrare agli americani che il nostro Paese sia assolutamente in grado di fare a meno delle “gambette di Bush” e per tranquillizzare i consumatori, i funzionari del governo hanno fatto una serie di dichiarazioni, secondo le quali, con lo sviluppo dell’avicoltura russa, verso il 2006 la Russia potrà fare a meno completamente della carne dei polli, e prima di quella data le perdite saranno integrate con le importazioni dal Brasile e da altri Paesi.
    La reazione degli USA al divieto delle importazioni delle “gambette” è stata assai nervosa. Il segretario di Stato degli USA, Colin Powell, nella conversazione con il ministro degli esteri russo, Igor Ivanov, ha detto che gli USA erano delusi dalla decisione, presa dalla Russia, relativa alla carne di pollo americana. Richard Bowcher, rappresentante ufficiale del Dipartimento di Stato americano, ha affermato che il divieto per le forniture della carne del pollame “arrecherà danni enormi ai produttori statunitensi” e ha sottolineato che la Russia avrebbe introdotto il divieto in modo assolutamente immotivato. “Negli USA sono tanti a mangiare la carne dei polli e tuttora nessuno si è ammalato”, ha commentato “chiaramente” la situazione il rappresentante del Dipartimento di Stato. Nel contempo, Bowcher ha aftto notare che la Russia non perderà tanto dalla riduzione delle forniture del metallo negli USA.
    Più tardi Jim Samner, presidente del Consiglio degli USA per le esportazioni del pollame e delle uova (USAPEEC), venuto con urgenza a Mosca, ha concretizzato la cifra delle perdite degli avicoltori statunitensi: non meno di 50 milioni di dollari al mese. E Robert Zellick, il sopra nominato rappersentante commerciale degli USA, ha dichiarato addirittura che gli USA risponderanno alla decisione russa sul divieto delle importazioni, con il mantenimento nella Legge americana dell’emendamento di Jackson-Vanick, che limita notevolmente il commercio tra i due Paesi: una mossa che ostacolerà molto per la Russia la strada verso la WTO, dove vuole arrivare proprio tanto. Il funzionario americano non ha precisato, del resto, che l’emendamento non fosse stato approvato per il motivo delle importazioni della carne di polli in Russia, ma al contrario, in nome della libertà di emigrazione dei cittadini russi dal proprio Paese. Tali reazioni dell’amministrazione americana sono dovute al fatto che in seguito al divieto possono perdere lavoro decine di migliaia di imprenditori agricoli e di impiegati delle fattorie avicole, il che danneggerà notevolmente il rating di Bush.
    Grazie ai comportamenti nervosi del sig. Zellick, i pubblici ufficiali russi hanno avuto la possibilità di assumere l’atteggiamento di chi è stato offeso ingiustamente, e di mantenere la calma. Commentandoli, il premier russo Mikhail Kassianov ha notato: “Non è una posizione molto felice. La decisione dei servizi veterinari russi non è motivata dalla posizione politica del governo russo, ma esclusivamente dalle esigenze tecniche veterinarie”.
    A parte che, dal punto di vista formale le mosse della Russia sono legittime, i vertici russi sono calmi anche perché nella guerra dell’acciaio la Russia non è sola ad esserne danneggiata. Romano Prodi, capo della Commissione europea, ha scritto al Presidente americano una lettera in cui ha espresso la preoccupazione per la possibilità di un “grosso conflitto commerciale”. Anche il premier britannico Tony Blair si è rivolto a Bush. Secondo Blair, i dazi avranno un brutto effetto anche sull’economia mondiale e per i consumatori americani (che saranno costretti a pagare di più per i prodotti d’acciaio). Takeo Hiranuma, Ministro del commercio giapponese, ha detto di essere dispiaciuto del fatto che gli USA “non hanno dato retta alla voce dei loro partner commerciali”. E il Ministro dell’economia della Germania, Werner Mueller non capisce, “come sia possibile risolvere i problemi interni dell’industria siderurgica statunitense alle spese dell’economia tedesca”. Il 9 marzo, l’Unione europea ha presentato un’istanza ufficiale alla WTO contro la decsione degli USA ad aumentare i dazi per l’importazione dell’acciaio fino al 30%. Precedentemente simile mossa era stata fatta dall’Australia, dalla Nuova Zelanda e dal Giappone. A detta dei diplomatici, anche il Brasile e la Taiwan poco fa diventata membro della WTO, hanno intenzione di aderire all’istanza contro gli States. Pascal Lamis, membro della Commissione europea, responsabile del commercio, ha detto che l’UE esamina la possibilità di prendere misure immediate di risposta: introdurre i dazi d’importazione da molti miliardi per alcune merci americane, tra le quali potrebbero essere i prodotti agricoli e quelli hi-tech.
    Da parte sua, la direzione della WTO ha dichiarato di aver intenzione di intervenire nella situazione, venutasi a creare in seguito all’aumento dei dazi per l’importazione d’acciaio sul territorio degli USA, finché essa non sia sfuggita al controllo. Gli analisti ritengono che, a parte le contromisure che minacciano gli esportatori americani, gli effetti dell’introduzione dei dazi per le importazioni dell’acciaio da parte degli USA possono ridurre a zero i risultati delle trattative della WTO in Qatar, svoltesi nell’anno scorso, e le prospettive della creazione di una libera zona economica sul territorio dell’America del Nord e del Sud. Secondo gli analisti, le azioni degli USA avrebbero ripercussioni maggiori sui risultati del negoziato sulla riduzione della produzione mondiale dell’acciaio, che ha avuto luogo a Parigi. I rappresentanti dell’UE hanno dichiarato che in segno di protesta contro la decisione di Bush, essi lasceranno questo negoziato.
    Può darsi che la Russia possa usare questo “fronte dell’acciaio” per difendere i propri interessi, il che per ora non le è possibile, dato che non è ancora diventata membro della WTO. La Russia e l’UE hanno già dichiarato, infatti, di avere intenzione di ratificare l’accordo sul commercio d’acciaio. Secondo quanto ha affermato Maksim Medvedkov, vice ministro dello sviluppo economico, in conformità al testo di quest’accordo, le quote per le forniture nell’UE del metallo russo aumenterebbero nel 2002 del 28%, cioè le eventuali esportazioni del metallo dalla Russia ammonteranno a 1,2 tonnellate. In parallelo, il Ministero per lo sviluppo economico e il commercio ha dichiarato l’accelerazione delle indagini antidumping, relative alle forniture dell’acciaio dall’Ucraina e dal Kasakhistan e ha raccomandato al governo di ridurre i dazi d’esportazione per i metalli ferrosi e per i prodotti fatti con essi.
    L’ultimo accordo in questo contrasto è stato l’invito, ricevuto dall’ambasciatore statunitense Wershbow da parte del Ministero degli esteri della FR. I rappresentanti del Ministero hanno consegnato all’ambasciatore i documenti in cui sono esposti i gravami concreti dei veterinari russi, scontenti della qualità della carne di pollo americana. E il vice ministro dell’agricoltura della FR, S. Dankwert, ha detto che si potrà parlare della soppressione del divieto delle importazioni della carne del pollame solo dopo che gli ispettori russi avranno controllato tutte le fattorie rispettive statunitensi (e sono più di 400), cioè quasi mai.

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