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Numero 5(50)
Italia - due settimane

    Per una settimana praticamente il Paese si è fermato, con l’attenzione polarizzata sull’avvenimento nazionale mondano più importante dell’anno: il Festival di Sanremo.
    La manifestazione ad onor del vero si è caricata anche di alcuni significati politici: la chiamata di Roberto Benigni nella serata di chiusura ha mobilitato una fetta dell’opposizione, in particolare Giuliano Ferrara, che hanno minacciato di boicottare l’esibizione del comico toscano con il tradizionale lancio di pomodori. Di fatto non è successo nulla: Benigni non ha infierito sul premier Berlusconi, anzi ha concluso il suo monologo augurandogli di farci tutti dormire “orgogliosi” di essere italiani.
    Passato senza tempeste l’evento canoro, la politica nazionale ha ripreso il suo iter con alcuni temi che continuano a tenere viva l’attenzione.
    Primo su tutti quello relativo alla modifica dell’ormai famoso articolo 18. Il Governo, verificata l’impossibilità delle parti sociali di trovare un tavolo comune di confronto (la considerazione vale anche per i sindacati spaccati su tale argomento) ha deciso di revocare a sé ogni decisione, intenzionato più che mai a non cedere. In questa situazione, visto che il Ministro Roberto Maroni pare decisamente intenzionato a procedere ad una revisione del tanto contestato articolo dello Statuto dei lavoratori, le organizzazioni dei lavoratori sembrano orientate allo sciopero generale. Una vittoria per la Cgil e Sergio Cofferati che fin dall’inizio avevano imboccato la via “dura” nei confronti dell’Esecutivo.
    Ora anche Cisl e Uil si sono dichiarate intransigenti rispetto ad un’ipotesi di ridiscussione dell’articolo 18 e quindi è assai probabile che tutto il Paese si fermi il prossimo 5 aprile.
    Altro tema di scontro è quello relativo alla normativa sul “conflitto di interessi”. Come si ricorderà la Legge proposta dalla maggioranza, che prevede la non vendita da parte del soggetto con responsabilità politiche di eventuali beni e soprattutto di strumenti di comunicazione, è già stata approvata alla Camera, con l’uscita dall’aula della minoranza. Lo stesso atteggiamento potrebbe ora ripetersi al Senato.
    Su questo terreno si sta verificando un fenomeno decisamente nuovo e interessante nello scenario politico nazionale: l’insurrezione del così detto “popolo dei girotondi”, migliaia di persone, trasversali ai diversi schieramenti, che in queste settimane sono scese in piazza per manifestare il proprio dissenso. Un atteggiamento e una mobilitazione che ha messo in difficoltà i partiti tradizionali che di fatto si sono trovati scavalcati dal rinascere di un’esperienza “movimentista”, che non ha mancato di coinvolgere dagli intellettuali alla gente comune.
    Anche i Vescovi prendono posizione su alcune recenti decisioni governative. La Cei, attraverso la voce del Cardinale Camillo Ruini, infatti, ha espresso serie perplessità sulla nuova Legge che regola i flussi migratori. Secondo l’episcopato italiano, infatti, la normativa è troppo rigida soprattutto per quanto riguarda il legame tra posto di lavoro e possibilità di ingresso nei confini nazionali, oltre a presentare notevoli lacune per quanto riguarda la possibilità dei ricongiungimenti familiari.
    Pieno appoggio della Cei invece alla proposta del Ministro Letizia Moratti in merito alla riorganizzazione scolastica.
    Intanto proprio in questi giorni il Presidente Silvio Berlusconi pare preoccupato soprattutto del suo ruolo di Ministro degli Esteri. Il Presidente del Consiglio si è recato in Medio oriente per cercare una non facile mediazione che risolva il conflitto tra Israele e palestinesi che, proprio di questi tempi, si è fatto particolarmente aspro.
    Sul piano interno, da annotare la “morte” del Partito popolare. Gli eredi dell’ex Democrazia cristiana hanno celebrato il loro congresso con il quale hanno deciso di confluire nella Margherita. Questo soggetto politico, quindi, si candida ufficialmente a divenire un polo importante nel contesto dei raggruppamenti del Paese.
    Naturalmente non si è trattato di un passaggio indolore: difficile per molti militanti rinunciare ad un simbolo e ad una storia che per almeno mezzo secolo ha rappresentato l’asse portante della vita italiana.
    Un ultimo dato che ha più il sapore della curiosità che non del valore politico: il più ricco tra i parlamentari italiani è il senatore Giovanni Agnelli, seguito ovviamente da Silvio Berlusconi.l

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