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Numero 5(104)
Economia a rischio e rischi per il Governo Prodi
FINANZIARIA NEL MIRINO
E DOPO LA FINANZIARIA SARA’ DI NUOVO AFGHANISTAN…


    Sarà la Legge Finanziaria la prova della verità del Governo Prodi che, per altro ironizza sul concetto. Il Premier scherza infatti sui pronostici che volevano il suo esecutivo e la sua maggioranza in crisi sul DPF, sulla politica estera, sul decreto Bersani… e che invece ha superato incolume questi primi ostacoli che secondo alcuni avrebbero potuto essere invalicabili.
    La Finanziaria, però, sarà pesante, e pesante da far digerire tanto agli Italiani come ai suoi stessi alleati. Il Ministro Padoa Schioppa era partito dalla stratosferica cifra di 35 milioni di euro, poi scesi a 30 grazie alle maggiori entrate registratesi nel primo semestre 2006. recuperare 30 mioni di euro, qualcosa come 60mila dei vecchi miliardi è comunque impresa non da poco, “ricordiamoci –ci ha detto Willer Bordon, Presidente dell’Assemblea federale della margherita- che questa si preannuncia come una delle due o tre Fianziarie più imponenti della storia politica italiana, di poco inferiore a quella del Governo Amato che è e rimane la più dura di tutti i tempi”.
    Francesco Rutelli, Presidente della Margherita e Vicepresidente del Consiglio, sulla Finanziaria non ha espresso dubbi, dai 30 miliardi di euro non si scende, altrimenti non si può rientrare nel famoso 3% nel rapporto deficit PIL come chiede l’UE all’Italia, e per trovarli, secondo Maurizio Gasparri, già Ministro delle Comunicazioni nel Governo Berlusconi, “Prodi non potrà che imporre nuove tasse ai contribuenti e fare della ‘macelleria’ sociale…”. Parole forti, ma che in realtà trovano qualche concordanza con la sinistra radicale, tanto che PRC, Verdi e PcDI hanno chiesto prudenza e attenzione nel varare questa manovra programmando il rientro non in un anno ma spalmato su due o tre finanziarie. Richiesta però cortesemente rispedita al mittente dal Presidente del Consiglio deciso a mantenere ferma la barra sui 30 milioni di euro almeno fino a quando quotidiani pur di sinistra come “la Repubblica” hanno ipotizzato che come si era scesi da 35 a 30 si potrebbe scendere da 30 a 27 escludendo ogni forma di riforma previdenziale dalla Finanziaria stessa.
    La manovra andrà in parlamento fra diverse settimane, ma il Governo sta cercando di capire quale grado di condivisione potrà trovare dopo che, per provvedimenti di ben diversa entità e portata, è dovuto ricorrere alla media di una fiducia ogni dieci giorni per evitare che nelle fila dell’Unione si aprissero varchi paurosi. “Dobbiamo stare attenti, perché al Senato i numeri sono tremendi”, a dirlo è Russo Spena, Capogruppo di PRC a Palazzo madama, proprio uno dei partiti che, anche attraverso il suo Segretario Franco Giordano, più duramente si è espresso sulle conseguenze di un impegno economico così gravoso come quello che il Governo prodi vorrebbe assumersi, tanto che l’unico Ministro di PRC presente nell’esecutivo, Paolo Ferrero, non ha nemmeno voluto apporre la sua firma in calce al DPF che ne anticipava in qualche misura i contenuti.
    E la CdL che fa? Pensa perfino alla piazza, ma soprattutto deve rinserrare le fila. C’è il rischio, quotidiano, che dai banchi di palazzo madama arrivi qualche brutta sorpresa. Se l’Unione dimostra di essere e di rimanere in difficoltà, aggrappata ai oti dei Senatori eletti all’estero e di quelli a vita difficile ci siano emorragie, ma se il Governo supera agile gli ostacoli che già si vedono lungo il percorso qualcuno potrebbe salutare ed andare a iscriversi nel lungo elenco degli Italiani specialisti nel pentirsi, nel cambiare sponda. Uno su tutti? Marco Follini, l’ex Segretario dell’UDC, un tempo inseparabile partner di Pierferdinando Casini, è oggi uno degli uomini più corteggiati d’Italia, politicamente parlando. E se al centro dell’Unione l’UDeuR del Guardasigilli Clemente Mastella si mostra fredda nei suoi confronti, appena un po’ più a sinistra gli inviti non sono solo dichiarati, ma perfino gridati e pubblicamente, consapevoli che Follini non è uno qualsiasi, che non arriverebbe mai solo, che pochi o tanti amici ma sicuramente qualcuno arriverebbe con lui, e qualche voto in più da una parte e in meno dall’altra… cambierebbe tutto. Sia al senato, ma in fin dei conti alla Camera se uno come Enrico Franceschini, Presidente dei Deputati ulivisti, ha detto “e anche alla Camera non crediate siano davvero rose e fiori”.
    La situazione è complessa, la coperta in poche parole è corta, difficile fare corrispondere il rigore richiesto all’Italia dall’Unione Europea alle attese dell’elettorato di centrosinistra che dal Governo si attende meno tasse, più servizi, più welfare, più ammortizzatori sociali, più pensioni, più benessere diffuso. “Potranno farlo solo con maggiori tasse -ribadisce il Vicepresidente dei Senatori Lega Nord Paolo Franco- non c’è dubbio”. Il nodo, in questo senso, sono ancora i partiti che più rappresentaano le classi sociali meno abbienti e più preoccupate come appunto PRC, tanto che ancora Russo Spena ha detto che lo stralcio della riforma pensionistica dalla Finanziaria “rischia di essere un boomerang. Aperto il tavolo qualcosa bisognerà fare e PRC vuole solo quel che c’è nel programma dell’Unione, abolizione dello scalone di Maroni e al massimo gli incentivi, ma non i disincentivi”. Su questo fa leva la CdL, se si apre una crepa può venire giù il muro. Alla sinistra hanno già fatto ingoiare qualche boccone indigesto, e la sinistra della maggioranza, si sa, non è né abituata né incollata alle poltrone: piuttosto che disintegrare il proprio elettorato preferisce? preferirebbe? disintegrare un Governo che non fosse più quello delle aspettative preelettorali. Nell’esecutivo, per esempio, c’è un Bersani, che più realista del re dice che “sulla questione delle pensioni serve un avvio riformatore”, ma i sindacati non ci stanno, ed è ancora Rutelli a dire che lui sta dalla parte dei sindacati e che per Cesare Damiano, diessino Ministro del Lavoro, è ora di scoprire le carte. Insomma, situazione difficile e complessa che, per di più ha come luce alla fine del tunnel… un altro tunnel che si chiama ‘Enduring Freedom’. L’Italia deve ancora disimpegnarsi dalla missione ‘Nuova Babilonia’ in Irak, ha già impegnato i suoi militari nell’operazione ‘Leonte’ in Libano e deve fare i conti con il rifinanziamento di quella in Afghanistan dove sia il Presidente del Consiglio Romano Prodi che il Ministro degli Esteri Massimo D’Alema hanno detto che di diminuire il contingente italiano non se ne parla. Una faccenda delicata che ha già mandato in fibrillazione l’Unione che per passare indenne l’ostacolo, senza dover ricorrere ai voti che la CdL, ‘per senso di responsabilità’ aveva messo a disposizione , è dovuta ricorrere alla fiducia, unico strumento utile per avere il sì di una decina di dissidenti che altrimenti avrebbero messo in crisi la tenuta della coalizione. Il gruppetto si è allargato, quasi raddoppiato, e hanno detto che a dicembre, quando verrà chiesto un nuovo voto, il rifinanziamento non verrebbe votato nemmeno in caso di fiducia. Se al senato i voti erano e restano risicati diverso il caso della Camera dove il vantaggio dell’Unione è tale da sopportare senza problemi mal di pancia pacifisti come quello di Paolo Cacciari che ha messo sul piatto le proprie dimissioni da Deputato di PRC pur di non votare per il prolungamento di ‘Enduring Freedom’, dimissioni poi respinte ma che secondo lo stesso cacciari, hanno convinto tutta PRC che “se le cose rimarranno così -ci ha detto- voterà compatta per il no. Vede c’è una profonda differenza tra Irak, Afghanistan e Libano: quella in Irak è stata una guerra degli USA, in Afghanistan siamo andati con un cappello posticcio dell’ONU, solo in Libano i nostri soldati sono caschi blu, e solo ad una forza internazionale dell’ONU il nostro partito può essere favorevole, perché solo in Libano partecipiamo ad una effettiva missione di pace”.
    Prodi dovrà trovare un equilibrio, una mediazione alla volta. Si è esposto, con Rutelli, in maniera clamorosa sul fatto che dai 30 milioni di Finanziaria non si fa marcia indietro; si è esposto, con D’Alema, in maniera clamorosa sul fatto che in Afghanistan il contingente italiano non verrà diminuito. E stiamo parlando di Romano prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri, e di Francesco Rutellie Massimo D’Alema i due Vicepresidenti del Consiglio, leaders dei due partiti più importanti della coalizione, DS e Margherita uniti nei gruppi parlamentari dell’Ulivo. Quale mediazione sarà possibile senza che o il governo, o la sinistra radicale composta da PRC, Verdi e PdCI perda, perdano la faccia? Se l’Unione passa queste due vette poi ha mesi… molti mesi in discesa in cui stare a guardare la CdL rotolare giù per la scarpata. Se invece sul crinale vacilla… allora è bene che Prodi si guardi dalla scarpata, per non finirci lui.

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