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Numero 6(105)
Promuovere relazioni tra Paesi e Culture
Intervista ad Alberto di Mauro, nuovo direttore dell’Istituto italiano di Cultura a Mosca


    – Dott. Di Mauro, chi è in realtà il nuovo direttore dell’Istituto italiano di Cultura? Che preparazione culturale e che esperienza professionale vanta?
    – Il nuovo direttore si chiama Alberto Di Mauro, e svolge questa attività già dal 1983; in tutto vent’anni di dirigenza presso vari Istituti italiani di Cultura in diversi continenti, a Tel Aviv, Edimburgo, Berlino, Dakar, Jakarta, Tokyo, ed adesso qui. Questo perché, per scelta del Ministero degli Affari Esteri italiano, i direttori degli Istituti di cultura, al pari del personale diplomatico vengono inviati periodicamente – ogni tre o quattro anni- da una sede all’altra, con ogni tanto un rientro in Italia. Sono nato a Messina, ma dopo il conseguimento della maturità classica mi sono trasferito con la famiglia a Roma, dove ho conseguito una laurea in Lettere all’Università La Sapienza, un diploma di specializzazione in biblioteconomia rilasciato dalla Scuola speciale per bibliotecari e archivisti sempre nella stessa unviersità e una laurea in Lingue e Letterature Straniere, con specializzazione in lingue scandinave, in particolare il norvegese.
    – Quindi quante lingue conosce?
    – Beh, il norvegese, ovviamente, anche se ora è un pò arrugginito; il tedesco, il francese, e l’inglese. Il russo lo sto studiando, ma bisogna lavorare molto perché è una lingua abbastanza complicata, soprattutto se si inizia a studiarla in contemporanea all’attività lavorativa. Il giapponese richiede ancora più tempo, e in Giappone sono stato poco meno di tre anni, periodo rivelatosi insufficiente a consentirmi di padroneggiare l’idioma.
    – Quali sono secondo Lei le peculiarità dell’atmosfera moscovita? Quali differenze ci sono rispetto agli altri Istituti di cultura presso i quali ha lavorato?
    – Io sono qui da sette mesi. In questo lasso di tempo ho avuto l’opportunità di constatare che ci sono delle differenze sostanziali tra Mosca e per esempio Tokyo, dalla quale provengo. Intanto si percepisce chiaramente che Mosca, rispetto a Tokyo, è sempre l’Europa, che siamo in Europa, mentre Tokyo è una grande metropoli sì, ma orientale. Anche dal punto di vista storico ci sono più elementi accomunanti Mosca all’Italia; i monumenti, l’architettura e così via. Ovviamente ci sono molte più somiglianze tra la Russia e l’Italia che non tra il Giappone e l’Italia anche per quanto riguarda il carattere nazionale: in Giappone tutto è estremamente organizzato, c’è con molta precisione; in Russia invece è tutto un pò… beh, diciamo che l’organizzazione è diversa.
    – Sì, effettivamente è un pò diversa.
    – Ecco, però un punto in comune che io non mi aspettavo di riscontrare tra la Russia e il Giappone è il fatto che sia nell’una che nell’altro l’Italia è il più amato e il più conosciuto dei paesi europei. Passeggiando nei malls e nei grandi magazzini, nei centri commerciali, è facile sia in Giappone, sia a Mosca trovare tantissime parole italiane. Questo è un segno di quanto l’Italia, almeno in determinati settori, sia conosciuta e amata.
    – A che cosa è dovuta secondo lei questa simpatia?
    – Credo che dietro a determinati marchi commerciali famosi, e determinate parole, sempre collegate ad un marchio, faccia capolino uno stile di vita molto apprezzato, che attira. Quando i russi o i giapponesi tornano dall’Italia, in genere sono contenti. Visitando il paese trovano effettivamente qualcosa di speciale, nonostante tutti i discorsi che si possano fare poi sugli stereotipi o le idee letterarie riguardanti l’Italia, che è vero, esistono, ma in fondo dappertutto (anche noi in Italia ne abbiamo nei confronti della Russia). Da un lato c’è tutto il background della tradizione italiana, dell’arte, della grande storia che noi italiani abbiamo – non dimentichiamo che in Italia è conservato più del 60% del patrimonio artistico mondiale -. Dall’altro lato c’è il clima mediterraneo, con paesaggi naturali molto vari e suggestivi. Territorio, arte e storia creano poi anche lo stile di vita, perché l’italiano, anche se per lui è inconscio, in fondo eredita tutte queste cose e le vive; per fare solo un esempio, noi siamo abituati a mangiar bene, per noi è normale. Affascina gli stranieri probabilmente anche il carattere nazionale, che è abbastanza aperto e gioviale.
    – Dal punto di vista lavorativo e organizzativo, quali sono le difficoltà da affrontare per l’Istituto Italiano di Cultura?
    – Altri Istituti italiani di Cultura nel mondo sono più sviluppati. Per esempio Tokyo è un Istituto grandissimo, con un’ingente quantità di personale e 4000 studenti iscritti ai corsi di italiano, svariati servizi offerti, una grande bibilioteca. Inoltre è anche più antico. Tuttavia questo Istituto di Mosca, anche se di minori dimensioni, è favorito dal grande interesse che c’è in Russia per l’Italia. Noto infatti una costante e ottima predisposizione alla collaborazione da parte delle varie istituzioni che contattiamo, e questo è già un vantaggio.
    – Quali sono i Suoi piani per il futuro dell’Istituto?
    – L’Istituto per vari motivi negli ultimi anni ha avuto un’attività un pò frenata. Ora si tratta quindi di allargare la rete culturale e i contatti, promuovere la cultura italiana coinvolgendo il più possibile le istituzioni locali, utilizzando la loro esperienza per elaborare progetti ed organizzare eventi insieme, servendosi anche delle apposite infrastrutture che possono mettere a disposizione nel caso per esempio di mostre, spettacoli teatrali/musicali e rassegne cinematografiche. Ad esempio la rassegna NICE del cinema alternativo la organizziamo in collaborazione con il Museo del Cinema; presso il centro di musica e canto Galina Višnëvskaja abbiamo istituito dei corsi di italiano; l’attuale mostra “Roma Punto Uno” è ospitata dal Museo di Arte Contemporanea; insieme al Museo Puškin pensiamo per l’anno prossimo di allestire una mostra sul futurismo. Insieme all’Agenzia della Cultura e della Cinematografia e il Museo del Cinema presenteremo a partire dal 24 di novembre per quattro giorni la rassegna cinematografica dell’ultima Biennale di Venezia. Questo per fare alcuni esempi.
    – Pare che l’Istituto abbia fortemente implementato e capillarizzato la pubblicizzazione delle proprie attività.
    – Sì certamente, la comunicazione è essenziale, perché si possono fare migliaia di cose, organizzare grandi eventi, ma se nessuno o pochi ne sono al corrente, non ha senso. Quindi stiamo cercando di sviluppare la nostra rete di contatti di pari passo con l’attività vera e propria dell’Istituto, promuovendo non solo le aree culturali classiche della letteratura, della musica, del teatro etc, ma anche quelle meno note o meno tradizionali: ad esempio per l’anno prossimo abbiamo in programma un convegno sui distretti industriali in Italia. Oppure, anche in ambito musicale daremo più spazio alla musica etnica e alla musica jazz. Vogliamo sensibilizzare il pubblico anche in merito ad argomenti come l’alimentazione: il 28 di questo mese si terrà una conferenza stampa dedicata alla presentazione di un seminario in scienza dell’alimentazione, seminario in collaborazione con noti marchi italiani, come “il Borro” di Ferragamo, e la più famosa scuola di alimentazione in Italia, “ALMA”. Cercheremo di essere propositivi anche nel campo moda, perché la moda è sì commercio, però è anche arte, stile, e quindi è legata all’elemento culturale. Stessa cosa vale per la gastronomia e il design, che riuniscono una componente commerciale e una componente culturale.
    – Tempo fa tutti sapevano che i rapporti tra l’Ambasciata e l’Istituto di cultura non godevano di buona salute. Per molto tempo hanno fatto un pò vite separate, ci sono stati molti attriti, molte incomprensioni… qual è adesso la tendenza?
    – Il passato è passato, al presente i rapporti tra i due enti sono molto stretti, e lo testimonia lo stesso fatto che io sono sia direttore di questo Istituto, sia consigliere culturale dell’Ambasciata d’Italia. L’Istituto e l’Ambasciata agiscono pienamente in sinergia, e l’Ambasciatore è sempre al corrente dei nostri programmi e vi partecipa attivamente, offrendoci anche una grande collaborazione e aiuto. Questo peraltro è secondo me l’unico modo per potere lavorare bene, cioè coltivare relazioni amichevoli e proficue con l’Ambasciata, ed anche con tutte le altre istituzioni italiane presenti sul territorio russo, come ICE, Enit, Camera di Commercio.
    – Avete apportato delle innovazioni alla struttura dei corsi di italiano tenuti all’Istituto?
    – Sì, abbiamo dei progetti di aggiornamento degli insegnanti anche a livello glottodidattico. Stiamo cercando di dare alla struttura dei corsi anche maggiore coerenza. L’altra cosa che vorremmo fare è quella di settorializzare un pò l’offerta dei corsi: per esempio, adesso teniamo i già menzionati corsi di italiano presso il centro Galina Višnëvskaja ideati e progettati appositamente per gli studenti di lirica. Poi vorremmo organizzare dei corsi di italiano commerciale insieme all’ICE, insieme all’Enit invece dei corsi legati all’ambiente turistico. Insomma, vorremmo affiancare ai corsi generali delle alternative formative più specifiche. Un’altra cosa molto importante che stiamo tentando fare è quella di aggregare all’Istituto anche gli svariati centri fuori Mosca, in Russia. Ci sono tantissime città dove l’italiano viene insegnato, dove si svolgono attività sull’Italia, e che non hanno fino ad adesso avuto contatti con l’Istituto. Adesso stiamo cercando di “mapparli” tutti quanti, anche se non so quando finiremo, perché sono veramente tantissimi, e piano piano abbiamo cominciato già a stabilire delle relazioni con alcuni di essi. All’università di Kazan’ per esempio, un mese fa abbiamo aperto un centro italo-russo con la collaborazione dell’università di Firenze, a Tver’ e a Samara stiamo organizzando altre cose insieme… non è facile, perché probabilmente ci vorrebbe una persona che si occupasse solo di questo, ma ne vale sicuramente la pena.
    – Quali sono le sue maggiori aspirazioni riguardanti l’Istituto?
    – La mia aspirazione è che questo Istituto passi dalla promozione di eventi a quella di eventi-progetto, ovvero non solo eventi isolati, ma veri e propri progetti ai quali collaborino istituzioni russe e italiane, con l’appoggio dell’Ambasciata, dell’ICE, dell’Enit, di enti privati, etc.; dei progetti che si possano sviluppare nel tempo e che presentino delle componenti intertematiche; vale a dire dei percorsi culturali, che evolvano poi anche indipendentemente dall’attività dell’Istituto. Rendere insomma l’Istituto vero e proprio promotore di rapporti, relazioni, interscambi tra paesi e culture.
intervista realizzata da K.Weki

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