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Numero 1(106)
GIOCHI PERICOLOSI
Trattenendo oltre i marinai britannici, l’Iran avrebbe potuto dare l’inizio alla guerra


    L’Iran e la Gran Bretagna si sono testati a vicenda: chi aveva i nervi più saldi? Tutti e due gli Stati hanno insistito fino all’ultimo sulle proprie coordinate del luogo di cattura dei 15 marines britannici. Sia Teheran che Londra si sono rifiutati categoricamente di dar retta alla parte opponente e hanno chiesto, come minimo, delle scuse. Il corpo a corpo diplomatico cominciava a sfociarse in minacce di azioni più decise da entrambe le parti.
    Gli iraniani avevano già tre anni fa catturato e arrestato dei marinai britannici, accusandoli di aver varcato illegalmente i confini del loro Paese. Allora la cosa si era risolta con le scuse ufficiali da parte di Londra e con la promessa da parte di quest’ultima di non lasciare che ciò si ripetesse in futuro.
    Gli iraniani allora non avevano ritenuto inutile realizzare una messinscena che servisse da esempio pubblico, con i britannici come attori-pedine. All’ultimo momento, la fucilazione dei marinai era stata sostituita dalla possibilità per costoro di porgere le proprie scuse al popolo iraniano. I condannati si erano scusati con entusiasmo, e dopo di che erano stati liberati.
    Londra aveva mandato giù l’umiliazione: allora, infatti, si credeva che l’Iran non avrebbe maturato la convinzione di dover sviluppare programmi nucleari. Non si potevano rovinare definitivamente i rapporti.
    Teheran invece aveva preso le scuse come una grande vittoria e si era andata per molto tempo rallegrando di come fosse riuscita a far abbassare la cresta ai britannici.
    Si pensava probabilmente in Iran che l’operazione mirata alla cattura dei marinai del 23 marzo 2007 fosse destinata a risolversi come quella di tre anni fa.
    Dopo il fermo degli impiegati del Consolato iraniano in Iraq da parte degli americani e la sparizione in Turchia di due generali e un colonnello dell’esercito iraniano, la necessità di dimostrare la propria forza all’Occidente era diventata particolarmente impellente.
    Ma questa volta il Governo britannico non ha avuto né la voglia né la possibilità di scusarsi. Anzitutto, secondo la versione britannica, i marinai non sarebbero entrati in territorio iraniano. Inoltre, dovendo supportare un eventuale attacco americano contro l’Iran, a Londra questa volta sarebbe giovato poco mantenere le “buone relazioni”. E alla fine, l’opinione pubblica anche ora continua ad insistere su una linea dura di condotta nei confronti di Teheran.
    Londra aveva dichiarato fermamente che gli iraniani di scuse non ne avrebbero avute. Il primo ministro Tony Blair aveva detto che l’Iran, qualora avesse perseverato nella sua decisione di non liberare i marinai, avrebbe rischiato di dover affrontare “una nuova fase” di sviluppo del conflitto.
    A Teheran ci si è allarmati. Ovviamente sviluppi di tal genere non erano previsti. Gli iraniani inizialmente avevano pensato di proporre ai britannici una “carota”, il rilascio di Faye Turney, l’unica donna all’interno del gruppo arrestato.
    Dopo aver visto che Londra reagiva a tale proposta senza grandi entusiasmi, gli iraniani hanno cambiato idea, dichiarando il comportamento dei brititannici “scorretto”. Invece di liberare Turney, hanno fatto vedere lei e qualche altro dei militari catturati su un canale televisivo statale. Le parole di Faye Turney: “Gli iraniani sono gentili, ospitali e simpatici”.
    I prigionieri intanto apparivano inquieti, mentre Faye Turney, l’unica ad aver avuto il permesso di palare, ha fatto pubblicamente ammenda per quanto compiuto, e si è profusa in complimenti e scuse rivolti a chi li aveva catturati.
    Nel Regno Unito, leader del Paese e gente comune hanno accolto queste sequenze con freddezza cupa: tutti infatti ricordavano in seguito a quale procedura i marinai catturati si fossero pentiti del presunto misfatto tre anni fa.
    Suscitava dubbi, inoltre, l’aspetto etico della cosa. In conformità alla Convenzione di Ginevra, la diffusione di immagini che ritraggano prigionieri è vietata. Il Governo della Gran Bretagna aveva quindi contestato la ripresa televisiva e aveva deciso di congelare qualsiasi contatto con l’Iran che non avesse a che fare con la liberazione dei marinai. “L’uso dei nostri marinai ai fini di una simile propaganda è scandaloso”, si affermava nella dichiarazione del Ministero degli esteri britannico.
    In Iran si era capito nel frattempo che occorreva battere ripetutamente su un tasto che è per i britannici fondamentale: quello dell’incolumità della vita umana. Per farlo, hanno lanciato la macchina propagandistica e massmediatica a briglia sciolta, mandando in onda tutti i giorni le sequenze con i poveri prigionieri che si profondevano in scuse dirette al “popolo iraniano”. Ma neanche questa mossa palesemente ingiuriosa ha suscitato il Gran Bretagna il desiderio di chiedere scusa per l’“invasione”. Tony Blair ha detto che il suo Governo avrebbe insistito “fermamente e inflessibilmente” sulla propria posizione, aggiungendo che per farlo sarebbe stata necessaria della pazienza.
    All’Iran ciò non è piaciuto. In primis, dal punto di vista di Teheran, non sarebbe stato l’Iran, ma il Regno Unito a strumentalizzare i mass media. E poi, gli iraniani deliberatamente avrebbero rifiutato di guardare con obiettività alla situazione conflittuale venutasi a creare.
    “Suscita perplessità il fatto che il Governo britannico abbia deciso di trasformare la vicenda in questione in una storia politica e mediatica invece di impegnarsi nell’esame tecnico della sua sostanza. Noi vorremmo risolvere questo conflitto tramite mezzi politici e diplomatici”, ha affermato Ali Larijani, il capo del Consiglio di sicurezza dell’Iran.
    E la frase successiva implicava una diretta minaccia a Londra: “Ma se i britannici non lo vogliono… Beh, nessun problema. La causa verrà esaminata in sede di tribunale”; frase che, tradotta dal linguaggio diplomatico significava: “Il Governo britannico deve fare quello che vogliamo noi, altrimenti i marinai verranno giustiziati”. Infatti, secondo le leggi iraniane, lo spionaggio (e proprio questo sarebbe stato il “reato” imputato ai militari catturati) è punito con la pena capitale. Dalla pubblicazione di quell’affermazione, è lecito dire che i soldati britannici non siano stati più da considerarsi prigionieri, ma ostaggi.
    I sequestratori hanno inoltrato le loro richieste “come da tradizionale copione” tramite missiva; nel caso in questione, una lettera che sarebbe stata scritta da Faye Turney, e che è stata poi trasmessa alla Gran Bretagna attraverso l’Ambasciata dell’Iran.
    All’inizio della lettera, le autorità iraniane hanno disquisito (per mano della soldatessa) su come i marinai fossero stati sacrificati alle politiche promosse da Gorge Bush e da Blair, e su come gli USA e il Regno Unito ingeriscano negli affari interni degli altri Paesi e maltrattino i detenuti nelle prigioni irachene.
    La sostanza, cioè le rivendicazioni degli iraniani, stava nella parte finale della lettera della Turney: “È ora di chiedere al nostro Governo di cambiare i suoi comportamenti oppressivi verso altri popoli”. Traduzione: “Smettetela di chiederci la sospensione del programma nucleare. Se l’Iran verrà attaccato, gli ostaggi verranno uccisi”.
    Ma il démarche dell’Iran è andato storto. Teheran alla fine si è vista costretta a cedere, e a rilasciare i marines. Se così non fosse stato, gli Stati uniti avrebbero avuto un ottimo pretesto per iniziare i bombardamenti.
    Infatti, nonostante Londra abbia sostenuto più di una volta che non avrebbe partecipato all’operazione americana contro l’Iran, per gli Usa era e rimane molto importante avere il consenso della Gran Bretagna per l’uso di due basi militari aeree situate sul suo territorio: una nell’arcipelago Diego Garcia nell’Oceano Indiano e l’altra nella contea di Glochestershire.
    Se l’Iran avesse fatto un qualsiasi passo falso, sottoponendo ad esempio i marinai al giudizio del tribunale, l’assenso di usare queste basi sarebbe stato immediatamente dato, e la cosa avrebbe agevolato notevolmente il compito degli americani. La Gran Bretagna infatti avrebbe considerato l’attacco all’Iran un’operazione volta ad eliminare i terroristi che avevano preso in ostaggio dei cittadini britannnici. Secondo le stime dell’intelligence militare russa, condivise dalla maggiorparte degli esperti stranieri, quasi tutto sarebbe già stato pronto per l’intervento: due gruppi di portaerei si sarebbero già trovati nel Golfo Persico.

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