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Numero 7(52)
Non abbiamo paura delle riforme

    Sono passati vent’anni dall’ultimo sciopero generale e le piazze in questi giorni si sono riempite ancora.
    E’ l’orgoglio dei sindacati confederali (CGIL-CISL-UII) che dopo due decenni hanno riunito milioni di manifestanti contrari all’abolizione dell’articolo 18 (licenziamento senza giusta causa) dallo Statuto dei Lavoratori. E’ una riforma del lavoro, quella proposta dal Governo e dal suo premier Silvio Bcrlusconi, che prende avvio proprio da questo punto. L’esecutivo di Centrodestra, ormai al potere da quasi un anno, ha trovato sulla strada delle riforme, un intralcio da tempo previsto, quello dell’ opposizione popolare che si riversa per strade e piazze dimostrando tutta la sua contrarietà. Ciò è quanto si legge sui giornali e si vede alla televisone in questi giorni. Ma il Governo è tranquillo, dalla sua parte ha i numeri in Parlamento per arrivare ad una rapida modifica dello Statuto dei Lavoratori, ritenuto da più parti datato e superato e affrontare serenamente tutta la normativa che riguarda questo tema. Allora perché tanto clamore da parte dei sindacati e soprattutto delle forze politiche di opposizione? E’ il solito gioco al massacro tipico della politica italiana, poco comprensibile agli osservatori stranieri che da sempre faticano a capire le vicende politiche di casa nostra, che fa risultare tutto più difficile al punto che il gatto diventa topo e viceversa a seconda della convenienza, della capacità trasformistica di ciascuno e dello spazio di strumentalizzazione che si ha; e nella politica questo spazio è sempre tanto e subito pronto per essere usato. E’ certo però che di riforme bisogna parlare, anzi non solo: le riforme vanno attuate. Quelle promesse dal primo ministro Berlusconi sono, dopo meno di un anno, appena abbozzate e riguardano oltre al mondo del lavoro: la scuola, il sistema fiscale, le infrastnitture con le grandi opere viarie, la Pubblica amministrazione, e altre ancora. Insemina c’è un tentativo di ristrutturazione generale della locomotiva Italia, non solo di resteyling, per renderla più capace di affrontare le sfide. Sul versante internazionale la nostra diplomazia sta conquistando sempre più credito: tentativo di mediazione per la pesante situazione in Medioriente tra Israeliani e Palestinesi; contatti positivi con il Presidente russo Putin, avvenuto ai primi di aprile, con il quale il primo ministro Berlusconi sembra avere un feeling naturale (come a dire: fra uomini d’affari ci si intende). Registriamo inoltre il maggioi peso che sta avendo questo esecutivo in seno alla Comunità europea, dove si giocano gran parte delle scelte, tramutate successivamente in direttive, che saranno applicate a livello nazionale. Stiamo quindi aspettando che si metta mano a ciò che è stato promesso durante la campagna elettorale, ben sapendo che quando si cambia sicuramente qualcuno rimane scontento. Comunque non c’è più bella cosa di un regime democratico: sia perché le promesse sono sempre abbondanti e le conseguenti aspettative; sia perché al turno successivo si ha la possibilità di cambiare gruppo partitico, scegliendo quello che in quel momento ci sembra il più illuminato.

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