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Numero 8(53)
Le Pen scuote la Francia

    Fino dal primo turno delle elezioni presidenziali in Francia, svoltosi il 21 aprile, la campagna elettorale veniva stimata come incredibilmente noiosa.
    Non si vedeva molta differenza tra due candidati più probabili che “dovevano” entrare nel secondo turno, il Presidente Jacque Chiraque e il primo ministro Lionelle Jospen, sebbene il primo appartenesse al centrodestra e il secondo alla sinistra. L’unica cosa che conferiva una certa attenzione alla campagna era il numero straordinario di candidati a Presidente: 16 persone.
    Tuttavia, i risultati del primo turno hanno sconvolto tutti. Benché Chiraque, avendo avuto il 19,67% di voti, si sia classificato primo, non ha avuto come avversario nel secondo turno il premier che aveva ricevutoil 16,7% di voti, ma Jean-Marie Le Pen che ha avuto il 17,02%. La reazione dei francesi al successo di Le Pen è stata fulminea: già domenica sera migliaia di cittadini della Quinta repubblica sono scesi nelle piazze delle città più grosse per contestare il leader del Fronte nazionale. In particolare, a Parigi, più di diecimila persone hanno fatto un corteo improvvisato per le vie della capitale, scandendo: “Vergogna!”, “Ci vergogniamo di essere francesi!”. A detta di testimoni oculari, la polizia, temendo i disordini, ha dovuto, per sciogliere i manifestanti, usare il gas lacrimogeno. Manifestazioni del genere si sono svolte anche a Lille, Lione, Tolosa, Monpellie, Grenoble e Strasburgo.
    Jean-Marie Le Pen è nato nel 1928, ha fatto gli studi in un collegio dei gesuiti e dopo, alla facoltà della giurisprudenza alla Sorbonne. Ha cominciato la sua carriera politica a 28 anni, diventando nel 1956 il più giovane deputato francese, rappresentando il partito “Unione di difesa dei commercianti e degli artigiani”, capeggiato da Pierre Poujade. In quei tempi Le Pen era stato mercenario francese: nel 1953 aveva combattuto in Indocina e nel 1957, in Algeria.
    Nel 1972 Le Pen crea il Fronte nazionale, cui leader permanente rimane tuttora. Il Fronte nazionale non godeva di popolarità, alle elezioni presidenziali del 1974 Le Pen ha avuto solo lo 0,74% di voti. Ma gradualmente, attorno a lui si riuniscono diversi partiti dell’estrema destra (“Nuovo ordine”, “Difesa dell’Occidente”, “Federazione dell’azione nazionale europea”, “Causa francese” ed altri), e il movimento diventa sempre più forte, avendo avuto anche la propria rappresentanza al Parlamento europeo.
    Alle presidenziali del 1988 Le Pen ottiene già il 14,38 per cento di voti, e nel 1995, il 15%. Alle elezioni politiche del 1993, i candidati del Fronte nazionale ricevono il 27% di voti, ma un accordo tra la destra e la sinistra e le particolarità del sistema elettorale francese fanno sì che nessun sostenitore di Le Pen entra nel Parlamento.
    Il successo di Le Pen al primo turno delle elezioni presidenziali è stato garantito dai suoi slogan sulla sicurezza personale, della limitazione dell’immigrazione, del ritorno del franco francese e dell’uscita della Francia dall’UE. Tutti questi argomenti, sullo sfondo della crescita enorme della criminalità etnica, degli scandali clamorosi, concernenti la presenza in Francia dei centri di addestramento dei guerriglieri islamici, e della crescita dei prezzi dopo l’introduzione dell’euro, gli hanno dato i voti dei piccoli borghesi.
    Sembra che la sinistra sia rimasta male specialmente perché il distacco fra Le Pen e Jospen è stato meno di 1%: di fatto il leader del Fronte nazionale è arrivato secondo solo in seguito alla migliore disciplina dell’elettorato di destra (in tutto, alle elezioni ha mancato il 27,63% di elettori). Jospen ha avuto il risultato scoraggiante, in parte, perché tanti elettori di sinistra avevano deciso di non sostenerlo, votando per un gruppo di candidati che erano più di sinistra, rispetto all’ex primo ministro. Non meno di tre trotskisti, un candidato del partito comunista, uno “verde” e un nazionalista di sinistra: loro tutti, messi insieme, hanno tolto alla sinistra abbastanza voti per far discendere il socialista Jospen al terzo posto. Nel complesso, essi hanno ricevuto il 26,3% di voti degli elettori, molti dei quali sono stati dati all’estrema sinistra. Inoltre, hanno giocato contro Jospen i suoi tentativi di conquistare l’elettorato della destra, usando la piattaforma di un socialismo ortodosso, che non vuole respingere la classe media. Invece, gli hanno mostrato le spalle gli elettori di sinistra, dato che non si fidavano di lui nella realizzazione di un programma veramente di sinistra che preveda la nazionalizzazione delle aziende, tasse alte e l’atteggiamento benevolo nei confronti di organizzazioni sindacali. Nel contempo, anche la classe media non ha creduto alla sincerità delle assicurazioni di Jospen, imputandogli l’introduzione della settimana di lavoro di 35 ore e l’aumento delle tasse.
    Le elezioni sono finite in una sconfitta totale per il Partito comunista: il suo candidato Robert U è riuscito a racimolare solo il 3,5% di voti. Pensare che ciò succede in un Paese in cui una volta i comunisti raccoglievano quasi un terzo di tutti i voti! E’ interessante rilevare che la maggior parte di ex elettori comunisti ora si schierano con Le Pen.
    Il risultato delle elezioni è stato il più felice per Jacque Chiraque che in un attimo si è trovato nei panni di Boris Eltsin del 1996, cioè nella situazione di uno che contrasta il pericolo del nazifascismo. I titoli dei mass media francesi ed internazionali, “Terremoto politico”, “Sconquassate le radici della Quinta repubblica”, “La fine della Quinta repubblica”, “Cataclisma di portata terrificante”, evidentemente gli hanno dato una mano per recitare meglio la sua parte. Chiraque ha invitato i francesi a riunirsi, visto che, dalle sue parole, è messa in forse la stessa esistenza dei “valori fondamentali della Quinta repubblica”. Egli ha chiamato i cittadini del Paese a “difendere i diritti umani e di mantenere l’unità nazionale, per ricostruire l’autorevolezza dello Stato”. “La sorte della Repubblica è nelle vostre mani”, ha ribadito Chiraque, diventato in un solo momento “il padre della nazione” e “il male minore”, rispetto a Le Pen. Di conseguenza, si poteva anche fare a meno del secondo turno di elezioni, che comunque ha avuto luogo il 5 maggio: Jacque Chiraque è diventato per la seconda volta Presidente della Repubblica francese, avendo ricevuto il 81,6% di voti. Quanto a Le Pen, che precedentemente aveva intenzione di dimettersi, ha dichiarato che gli elettori avrebbero “espresso sfiducia a Jacque Chiraque e Lionelle Jospen che hanno gestito il Paese in modo così poco efficiente nel corso degli anni passati” e che ora il suo ritiro dalla politica è impensabile.
    In genere, il fatto che un candidato dell’estrema destra sia riuscito a passare al secondo turno di elezioni è un segnale importante per l’élite politica sia francese, sia europea: dietro la brillante facciata dell’Europa unita alcune cose non vanno per niente bene, e la correttezza politica e il sistema di sovvenzioni previdenziali per gli immigrati piacciono a un numero sempre minore di elettori. E ciò non accade più nei piccoli Paesi com l’Austria o la Danimarca, ma in quelli che tradizionalmente venivano ritenuti capisaldi dell’umanesimo (a volte, del resto, eccessivo). Un altro monito è fornito dall’inedito numero di voti, il 19%, ricevuti alle elezioni regionali in Gran Bretagna da un’altra associazione nazionalista, il Partito nazionale britannico.

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