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Numero 10(55)
Guardiamo ad ESt e a Ovest

    Rispondendo a numerose accuse di aver fatto troppe concessioni all’Occidente, Vladimir Putin ha organizzato a Pietroburgo un vertice che ha dimostrato che il leader russo cerca di trarre vantaggi dai contatti non solo con l’Occidente, ma anche con l’Est.
    Il 6 e il 7 giugno nella città sulla Neva si sono riuniti i leader dei Paesi che fanno parte dell’Organizzazione per la collaborazione di Shanghai (Russia, Cina, Kirghizstan, Uzbekistan, Tagikistan, Kasakhistan), creata di recente.
    Era stata svolta anche la necessaria preparazione propagandistica. Putin, nell’intervista rilasciata al giornale cinese “Guenmin jibao” ha rilevato in particolar modo che la ripresa della cooperazione russa con gli USA e con l’Europa non comporta affatto la riduzione dell’interesse ai rapporti con la Cina. A suo avviso, proprio gli Stati come gli USA, la Cina e la Russia (che sono ritenuti un triangolo geopolitico determinante) dovrebbero formare insieme “un arco della stabilità” (è la risposta di Putin all’“asse del male”). Per Putin, sarebbe proprio questo il compito dell’Organizzazione per la collaborazione di Shanghai (OCS) e del rapporto bilaterale con la Cina. Nella stessa intervista Putin ha fatto capire di non essere incline a sopravvalutare l’importanza del nuovo livello di contatti di Mosca con l’Alleanza atlantica: “Per ogni politico dalla mente lucida è ovvio che la risposta alle nuove sfide e minacce, che l’umanità dovrà affrontare nel XXI secolo, non potrà essere data dall’adesione alla NATO, un alleanza militare con il numero limitato di membri”. Tale risposta, però, come segue dalle parole di Putin, potrebbe essere appunto l’interazione fra diversi sistemi regionali di sicurezza, uno dei quali dovrebbe essere anche l’OCS.
    Al vertice della OCS è stata firmata la Carta dell’OCS (il documento statutario principale dell’OCS che fornirà all’organizzazione la base legale) e gli accordi sulla struttura regionale antiterroristica, nonché la dichiarazione unitaria dei capi dei Paesi della OCS.
    La Carta afferma che l’OCS “è creata per rafforzare la fiducia reciproca, l’amicizia e la buona vicinanza tra i Paesi membri” e “non è un blocco o un’alleanza chiusa, né è orientata contro singoli Paesi o gruppi di Stati”. L’OCS si basa sui principi del rispetto reciproco della sovranità, dell’indipendenza, dell’integrità territoriale e dell’inviolabilità di frontiere, della non ingerenza, del non uso di forza o di minaccia di forza, dell’eguaglianza di tutti gli Stati membri.
    I capi degli Stati membri dell’OCS hanno autorizzato i coordinatori nazionali dell’organizzazione, senza aspettare l’esecuzione di tutte le procedure interne, legate all’entrata in vigore della Carta, di accedere alla preparazione di una serie di documenti contrattuali e normativi che regolamentino le modalità di lavoro degli organi dell’OCS e di altri settori della sua attività. I membri dell’OCS (soprattutto, ovviamente, la Cina e la Russia) vogliono influire sulla situazione in Medio Oriente, in India e in Pakistan, nella Corea del Nord, in Iraq e in Afganistan. Essi hanno pure dichiarato che nell’ambito dell’OCS saranno intraprese misure mirate alla lotta al terrorismo, al separatismo, alla circolazione illegale di droga e di armi, alle altre forme delle attività criminali che hanno un carattere transnazionale, nonché alle migrazioni clandestine.
    L’organo dirigente supremo dell’OCS è il Consiglio dei capi degli Stati membri dell’OCS, la prima riunione del quale si svolgerà nel 2003. Funzionerà, inoltre, il Consiglio dei presidenti dei governi che s’impegnerà nel coordinamento di concrete sfere di cooperazione, e il Consiglio dei ministri degli esteri. Il meccanismo della collaborazione pratica nei settori professionali verrà fornito da riunioni dei dirigenti di relativi dicasteri. Il Consiglio di coordinatori nazionali che aveva preparato l’incontro di San Pietroburgo, sarà responsabile del coordinamento delle attività quotidiane dell’Organizzazione. All’interno dell’OCS saranno formati anche due organismi impegnati continuamente: il segretariato, con la sede a Pechino e la Struttura antiterroristica regionale, con la sede a Biskek.
    Dopo la firma dei documenti (Carta, dichiarazione e accordo sulla struttura regionale antiterroristica), ogni leader ha fatto un breve discorso conclusivo. Il più magniloquente è stato il presidente Tzian: “L’OCS è la nostra scelta storica”. E’ comprensibile il pathos del leader cinese. La dichiarazione, infatti, ammette che il governo della Cina sarebbe l’unico legittimo, mentre la Taiwan sarebbe una parte inalienabile del territorio cinese. E’ proprio interessante, cosa ne diranno gli USA che hanno promesso di difendere la Taiwan da eventuali aggressioni della Cina continentale.
    Che l’OCS sia percepita come un’organizzazione seria è diventato chiaro dopo la domanda ufficiale dell’India che ha dichiarato ufficialmente di voler aderire a quest’organizzazione. Ora il compito principale della Russia è quello di non sperperare il capitale politico ottenuto e di non lasciare che l’OCS diventi una struttura amorfa come la CSI o l’Unione Centroasiatica ormai mezzo dimenticata.

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