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Numero 10(55)
Immigrazione: questione aperta

    Settimana convulsa quella ormai trascorsa nelle aule parlamentari, e l’attuale è iniziata allo stesso modo, tuttavia il ddl del Governo è stato approvato martedì 4 giugno alla Camera ed ora passa al Senato per la rilettura.
    A tener banco sono state le questioni sull’immigrazione che hanno impegnato maggioranza e opposizione in un braccio di ferro protrattosi a lungo. Ecco i punti principali della contesa: impronte digitali, minori non accompagnati, ricongiungimenti, lotta al lavoro nero. Si è gridato allo scandalo quando la maggioranza ha osato proporre nella legge sull’ immigrazione Bossi-Fini, in discussione alla Camera, il rilevamento delle impronte digitali agli immigrati. “E’ un atto vergognoso, discriminatorio che non ha motivo di essere introdotto” - dicevano quelli della minoranza. “E’ l’unica maniera di accertare in modo assoluto l’identità delle persone sprovviste di documenti di riconoscimento” - replicava la maggioranza E’ vero, ne sanno qualcosa le forze dell’ordine quando fermando per l’ennesima volta un extracomunitario che aveva commesso un reato, non potevano arrestarlo, in quanto questa persona, sprovvista di carta di riconoscimento, forniva false generalità ai tutori dell’ordine, ben sapendo che costoro non avrebbero potuto condurlo in cella per mancanza di sicura identità. Invece con questa legge si potrà arrivare alla vera identificazione tramite le impronte digitali. Il rilevamento di queste, a scanso di equivoci, sarà presto esteso anche a tutti i cittadini italiani (europei?) come chiede la legge Bossi-Fini. Ma tale questione che ha suscitato tanto clamore sui media, sembra essere solo uno dei punti dello scontro. L’impressione è che da parte di qualcuno si sia volutamente spostato il baricentro della discussione su tale dettaglio (impronte digitali), per far perdere di vista l’impianto complessivo della legge. Pensiamo ad esempio all’importanza che avrebbe assunto l’emendamento Tabacci dell’UDC, Unione di Centro, partito che sostiene il Premier, sul lavoro sommerso degli extracomunitari, che si proponeva di affrontare in modo serio una questione glissata da tutti i governanti degli ultimi dieci anni. La legge Bossi-Fini ha proposto una soluzione per quelle donne straniere dei paesi dell’est europeo, chiamate badanti, che assistono malati, anziani o persone bisognose, senza fare altrettanto per tutte quelle migliaia di immigrati stranieri che lavorano in nero nelle aziende italiane e che con tale legge diventano di fatto dei fuorilegge. Il governo, dopo aver sedato gli animi all’interno della maggioranza, ha raggiunto un accordo-compromesso, che vedeva il ritiro dell’emendamento Tabacci , con grande soddisfazione della Lega e la promessa di ridiscutere del problema prima dell’entrata in vigore della legge sull’immigrazione. Ma se l’intenzione del Governo di mettere ordine in una materia così trascurata da tanto tempo è stata pregevole, ora bisogna vedere se di fatto l’esecutività di tale legge risulterà efficace. Penso ad esempio a come si riuscirà a mettere in piedi un’organizzazione per avviare concretamente un’azione di collocamento nelle ambasciate italiane all’estero; o come un imprenditore o una famiglia possano assumere un lavoratore extracomunitario solo perché l’istituzione ha fornito il suo nominativo; o se si sarà in grado di dare veramente il diritto di precedenza al lavoro agli italiani o ai discendenti degli stessi (argentini, ecc.), come prevede la legge, non riuscendo alla fine a farlo perché la complessità organizzativa e la burocrazia lo impediscono. Ci vorrà almeno un anno per capire se sarà stata una buona legge o solo una delle migliaia di leggi anonime aggiunte alle altre.

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