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Numero 11(56)
La dimensione dei capolavori

    Il Museo dell’architettura Sciussev presenta la mostra “Gaudì pluridimensionale”.
    L’opera del genio catalano appare come viene vista attraverso l’obiettivo della macchina fotografica. Gli autori scelti per questa mostra sono Manel Armengol, Toni Catan, Manel Esclusa, Mark Limargas, Leopold Pomes, Umberto Rivas e Rafael Vargas. L’incontro con i capolavori l’attrattiva dei quali fa venire a Barcellona tanti turisti, una citazione di quest’architettura che sembra sorta dalla terra senza partecipazione umana, sarà sempre una festa per gli ammiratori dell’opera di Gaudì. Un vero appassionato che aneli alla comunione con i capolavori potrebbe, del resto, essere deluso dal fatto che questa “interpretazione” sia solo visuale, anzi mediata dalle foto.
    La visione fotografica dei capolavori di Gaudì è cambiata gradualmente man mano che si sviluppava la stessa arte fotografica. Non si tratta tanto dell’aumento delle potenzialità tecniche della fotografia, quanto dell’evoluzione dei principi estetici. Inizialmente la foto, presumendo a priori l’oggettività, era un mezzo incontestabile per creare quelle icone del “gaudinismo” divenute famose in tutto il mondo. Più tardi è diventato più evidente come nelle opere dell’architetto l’imponenza di un’immagine completa sia strettamente legata alla ricercatezza dei numerosi e piccolissimi dettagli. La fotografia, quasi incapace di trasmettere le reazioni motorie quasi organiche, le percezioni tattili dei vivi organismi architettonici di Gaudì, si rivolge con passione ai dettagli, a forme e scorci strani.
    Le forme create da Gaudì nascono direttamente dalla natura: la plasticità di Gaudì, con tutto il suo misticismo, non esprime mai idee astratte: al contrario, è sensibile e piena di oggetti concreti. Non a caso Gaudì viene definito “realista”. Diceva infatti al suo allievo Martinel: “Noi, uomini della cultura mediterranea, abbiamo gli occhi non abituati ai quadri fantastici, ci fanno più piacere raffigurazioni conosciute; pensiamo piuttosto con immagini realistiche che con fantasie: è per questo che ci esprimiamo meglio attraverso le arti visive”.
    Gaudì opera come la natura che crea minerali, alberi o il corpo umano. Gaudì costruisce usando la geometria della crescita armonica, geometria che si muove ridistribuendo le tensioni e che cerca un equilibrio dinamico. Benché Gaudì operasse nell’epoca del liberty, il suo pensiero sembra aver spazzato via tutti i limiti degli stili e tutte le barriere del tempo, creando un’architettura che non indica il passato o il futuro, ma piuttosto l’architettura dei tempi e degli sviluppi umani alternativi. La sua opera si oppone a qualsiasi classificazione, rimanendo, comunque, un fenomeno molto catalano. La Catalogna, in effetti, è anche Lulle, Mirò, Dalì e Tapies! Anche i fotografi che hanno raffigurato le immagini di Gaudì dimostrano la loro specificità catalana. I catalani, la cui lingua per secoli è stata condannata all’ostracismo, come i sordomuti, si formarono ad una speciale espressività del gesto: tutto ciò che prescinde dalla Parola si esprime al meglio nell’opera degli artisti catalani.
    A 150 anni dalla sua nascita, nell’anno, dichiarato dall’UNESCO l’anno di Gaudì, i fotografi catalani cercano di trasmetterci la pluridimensionalità della Cattedrale della Sacra Famiglia, della casa Batlio, dal parco Guel e di altri capolavori.

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