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Numero 12(57)
Il rafforzamento dell’euro non deve niente alla Russia

    Il veloce rafforzamento dell’euro rispetto al dollaro sui mercati valutari internazionali ha suscitato un’ondata di discussioni sulla stampa russa.
    La Russia era sempre ritenuta un Paese “dollarizzato”, in cui la circolazione del dollaro è paragonabile a quella del rubli. L’indebolimento del dollaro rispetto al suo concorrente principale, l’euro, ha comportato pertanto un dibattito su diversi scenari del possibile sviluppo della situazione. La maggior parte di essi, del resto, è basata su miti, anziché sulla realtà.
    Secondo il mito più diffuso, dopo il rafforzamento dell’euro la popolazione della Russia deve cominciare a vendere grosse quantità di dollari e a comprare altrettanti euro. Sebbene le relative domande fossero veramente fatte spesso da semplici cittadini, è lecito supporre che in un futuro prossimo ciò non accada. Il problema fondamentale dei risparmi in euro è che essi non sono richiesti dal settore bancario. La bassa domanda di crediti in euro fa sì che il tasso d’interesse sui depositi in euro sia di uno o di due punti più basso dell’interesse pagato dalle banche sui depositi in dollari. Fin quando rimarrà invariata questa notevole differenza nei tassi d’interesse, il dollaro manterrà la sua superiorità nei confronti dell’euro come mezzo di risparmio. Potrebbero le banche russe cambiare il loro atteggiamento nei confronti dei depositi in euro? Come abbiamo già rilevato, ciò dipende direttamente dal desiderio delle aziende russe di ottenere crediti in euro. Tali crediti rimangono per ora poco interessanti per le aziende, visto che la buon parte degli interscambi commerciali con l’estero è tuttora nominata in dollari. Così, sebbene la parte dei Paesi europei nel commercio estero della Russia ammonti a 40%, la circolazione dell’euro sulla Borsa valutaria costituisce solo il 7% del volume complessivo. E finché si manterrà tale sbilancio a favore del dollaro, non sarà possibile alcun aumento del costo dei depositi in euro.
    Poco notevole è anche l’influenza che può avere il sempre più forte euro sul budget. I funzionari del governo, d’altronde, hanno già fatto dichiarazioni intimidatorie, secondo le quali il rincaro dell’euro del 10% comporterebbe l’aumento del costo del servizio del debito di $300-400 milioni all’anno. Nel contempo, essi dimenticano di menzionare che circa 5 miliardi di dollari USA vengono ricevuti annualmente dal budget con i dazi d’esportazione per il petrolio grezzo e per i prodotti petroliferi, calcolati in euro. In altre parole, con l’euro più forte, le entrate del budget, espresse in dollari, aumentano di 500 milioni di dollari: una cifra che copre completamente l’aumento del debito.
    Il rafforzamento dell’euro può avere anche un effetto positivo su alcune aziende russe. In teoria, i produttori russi possono ottenere redditi supplementari dalla sospensione delle importazioni (in seguito all’aumento della domanda dei prodotti nazionali) o dall’aumento della competitività dei loro prodotti esportati. Purtroppo, visto che circa il 70% dell’export russo è l’esportazione delle materie prime, con contratti nominati in dollari, il rafforzamento dell’euro non avrà praticamente alcun effetto sui proventi d’esportazione. Nel contempo, è possibile prevedere risultati positivi nella metalmeccanica e nell’industria alimentare, in seguito all’aumento della domanda dei prodotti russi, dato che in questi segmenti del mercato la competizione con i prodotti importati è assai alta.
    Un altro momento assai importante è l’effetto che il rafforzamento dell’euro potrà avere sul costo del servizio del debito. Negli ultimi uno o due anni, alcune aziende russe si sono messe a rivolgersi attivamente alle banche occidentali con la richiesta di crediti, oppure ad emettere direttamente euroobbligazioni, nominate in euro. Nel contempo, maggiormente, le obbligazioni in euro vengono coperte dai redditi in valuta europea. In altre parole, le modifiche positive relative alla voce reddituale del business coprono a usura l’aumento delle spese di aziende.

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