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Numero 16(61)
Tutti d’accordo nella squadra di Putin?

    L’avvicinamento delle elezioni politiche ha reso più attive le discussioni a proposito di quanto successo abbiano le riforme che Vladimir Putin ha iniziato nel 2000, e in che modo può cambiare il paesaggio politico in seguito alla convocazione della Duma di nuova legislatura.
    È chiaro ed evidente che il grande merito del presidente e della sua amministrazione è l’attivazione delle riforme in diversi indirizzi iniziata nel 2000. In gran parte queste riforme possono essere definite solo il primo passo nella direzione giusta: ciò riguarda sia la riduzione abbastanza formale dell’onere delle tasse, sia la riforma pensionistica tutt’al più di cosmesi, sia molte altre cose, ma nello stesso tempo il primo passo è di regola anche quello più faticoso. Forse le condizioni degli alti prezzi del petrolio, nelle quali la Russia ha vissuto tutti gli anni dopo la crisi del 1998, sarebbero potute essere sfruttate per iniziative più sostanziose nella direzione delle riforme, ma sono tutti castelli di carte. È assolutamente evidente solo il fatto che il 2003 sarà un anno di tregua nelle riforme, tregua dopo la quale o saranno riprese, o svaniranno.
    Il fattore chiave per le ulteriori riforme sarà sicuramente il livello dei prezzi mondiali del petrolio. Più notevoli saranno le risorse finanziarie, più possibilità avranno le autorità federali per iniziare la lotta contro la corruzione, rendere più semplici le condizioni di funzionamento per il business medio piccolo e semplicemente continuare a ridurre gli oneri fiscali. Tutti gli obiettivi di cui sopra sono stati più volte dichiarati dal Consiglio dei ministri, ma nello stesso tempo sono abbastanza costosi nella fase iniziale, finché cioè non cominciano a rendere, e prima di avere effetto passeranno almeno altri due tre anni. In altre parole di fatto la politica che incita ad aumentare la rendita detratta dal settore petrolifero per ridurre le imposizioni degli altri settori economici, in realtà renderà l’erario molto più dipendente dagli esportatori. E per rendere fattibile questa politica bisogna che lo permetta lo stato finanziario degli esportatori.
    Contemporaneamente a livello politico bisogna che ci si renda assolutamente conto della necessità di tali riforme. Quindi, la sussistenza delle forze politiche che facciano adattare il Governo a questo approccio è una condizione molto importante. Verso la fine del 2002 nelle alte sfere delle autorità si è manifestata una notevole divergenza di visione sulla priorità delle riforme. È un segno molto importante del fatto che nella leadership non c’è una linea unica, una squadra unica. Con la mancanza di una concezione unica delle riforme economiche, un ulteriore progresso è sicuramente problematico.
    Le elezioni del parlamento sono un avvenimento importante dal punto di vista di una nuova ondata di riforme. Evidentemente Vladimir Putin si trova adesso di fronte ad un difficile dilemma: volontà di rendere la Russia membro a tutti gli effetti della comunità mondiale, che presuppone integrazione economica e politica del Paese nei processi internazionali, o necessità di tenere conto degli interessi dei gruppi che hanno notevole peso politico all’interno della nazione? L’integrazione attiva della Russia nell’economia mondiale contrasta cogli interessi dei gruppi che hanno favorito l’approdo al potere dell’attuale Presidente. A livello economico, non sono molto interessati all’integrazione i grandi gruppi finanziario-industriali che verso il 2002 non si basano più esclusivamente sulle materie prime ma hanno acquistato attività anche nei settori interni, ad esempio nelle costruzioni meccaniche. Da come sarà il nuovo parlamento dipenderà se l’ago della bilancia si sposterà a favore di un’ulteriore liberalizzazione e apertura della Russia, o se questi processi saranno molto graduali e in balia delle circostanze.

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