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Numero 5(96)
Rutelli e Veltroni, Formigoni e Casini
I "PAPABILI"
Alleanza per quattro se Berlusconi perde e Prodi cade


    C’è chi lo sa, chi lo mormora, chi lo dice, chi lo sospetta, chi lo teme, chi lo vuole, chi ci pensa, c’è chi lo capisce e chi no. La generazione di cinquantenni scalpita e i settantenni lo sanno. Chi sono? I primi rispondono ai nomi di Pierferdinando Casini, Roberto Formigoni, Francesco Rutelli e Valter Veltroni e non vogliono fare la fine di Carlo d’Inghilterra, eternamente eredi al trono. I secondi sono Silvio Berlusconi e Romano Prodi: osannati e mal sopportati, indispensabili ma ingombranti, sostenuti e traditi. L’Italia politica dopo dieci anni è ancora bloccata su questi ultimi due cognomi e poco conta che per Palazzo Chigi siano passati anche Massimo D’Alema e Giuliano Amato. Il prossimo Presidente del Consiglio è, dovrebbe essere uno di loro due.
    Prodi dovrà prima passare per le forche caudine delle primarie dove perfino chi più lo sostiene come Antonio di Pietro e Clemente Mastella gli si candida contro; Berlusconi deve fare invece i conti con il segno di discontinuità che gli chiedono i centristi dell’UDC.
    Sta di fatto che uno di loro due dovrebbe spegnere le settanta candeline all’inizio del proprio mandato di Presidente del Consiglio. Se accadrà a Berlusconi i cinquantenni (di centrodestra) sperano che non tramonti il suo sogno di spegnerle al Quirinale da Presidente della Repubblica invece che a Palazzo Chigi; se toccherà invece a Romano Prodi – come sembrerebbero dire i più disparati indicatori socioeconomici del paese – i cinquantenni (da una parte come dall’altra) mettono in conto la difficile coesione di quanti stanno nell’Unione. “E’ chiaro – ci ha detto per esempio Clemente Mastella, Segretario dell’UDeuR – che sono intellettualmente più vicino a Casini che a Bertinotti, ma credo che anche Pierferdinando sia più vicino a me che a Bossi! E il fatto che da Presidente della Camera sia venuto alla mia festa di Telese credo lo dimostri…” e a Telese Casini non le ha mandate a dire, ipotizzando perfino una UDC che corre le prossime politiche da sola. Se ne preoccupa Berlusconi? la tentazione di correre da solo è venuta anche a lui, magari con la sola Lega, unico alleato stabile ed affidabile. Farlo significherebbe però consegnare il paese all’avversario, e questo è l’unico motivo che lo trattiene dal fare a meno di coinquilini che hanno reso la Casa delle Libertà un edificio instabile al punto da costringerlo a una crisi da lui stesso definita “una farsa” e conclusasi all’epoca con un rimpasto che vide Giulio Tremonti (FI, ndr) subentrare a Marco Follini (UDC, ndr) nel ruolo di Vicepresidente del Consiglio dopo che qualche mese prima Gianfranco Fini (AN) ne aveva causato la defenestrazione da Ministro dell’Economia per essere sostituito dal suo primo dirigente, quel Siniscalco poi entrato pesantemente in rotta di collisione con il Presidente della Banca d’Italia Antonio Fazio, altro nodo spinoso della già contorta situazione politica nazionale.
    Prodi intanto parte in TIR per la sua campagna per le primarie e Di Pietro raccoglie le firme per la sua candidatura (ne servono diecimila in dieci regioni) e spiega “io ho un elettorato di opinione, non sono come Mastella – ci ha spiegato il Presidente dell’Ityalia dei Valori- e dall’UDeuR aspettatevi sorprese, capace che arriva secondo alle spalle di Prodi e prima di Bertinotti.
    Io la gente il 16 ottobre devo convincerla ad andare a votare, lui ha le truppe ‘mastellate’, ecco lo ho detto…che andranno a sostenerlo in massa”. “Ma che dice – risponde Mastella – se poi ho...abbiamo un consenso popolare, ma che male c’è? Ma secondo no, non ci arrivo sicuro...” e le firme? “di quelle ne ho già cinquantamila…”. E poi c’è Bertinotti che pare abbia detto ai suoi di sperare di non essere determinante nella prossima eventuale maggioranza, perché? Probabilmente per avere le mani libere di fare l’opposizione all’interno dell’Unione senza correre il rischio di far cadere Prodi una seconda volta.
    Un rischio, quello costituito dai dissensi di PRC, Verdi, PdCI e correntone DS messo in conto proprio sia da Rutelli che da Veltroni nell’Unione come da Casini e Formigoni nel centrodestra. Tant’è che Casini alza la voce ma non si espone, non vuole rischiare, a dover correre lui contro Prodi non ci pensa, non vuole essere quello che fa la fine di Rutelli, che da leader del centrosinistra contro Berlusconi si è trovato ad essere solo il capo di un partito, la Margherita, che non è nemmeno l’azionista di maggioranza dell’Unione, e pure con una forte opposizione interna capeggiata dal prodiano doc Arturo Parisi. Ma se Berlusconi non vince lascia la politica e Forza Italia si frantuma, e se Prodi governa non è detto sia più longevo di dieci anni fa, e a quel punto il Presidente della Repubblica avrà il dovere istituzionale di aprire un giro di consultazioni per verificare se esista ancora una possibilità di maggioranza parlamentare. A quel punto, a fronte dei richiami del Capo dello Stato, i nostri non potranno sottrarsi: se le truppe di Rutelli, sommate a quelle dell’UDC, ai formigoniani di Forza Italia ed ai Veltroniani dei DS, con l’aggiunta dell’UDeuR, dei buoni di AN e simili, se insieme avranno il 51% dei parlamentari…guardandosi in faccia non resterà che decidere a chi toccherebbe governare questa nuova coalizione da cui far nascere poi il Grande Centro ipotizzato dall’ex Commissario Europeo Mario Monti semplicemente dicendo quello che tutti sanno e che tutti fanno finta di non sapere. Rutelli si è candidato da Premier ma è già stato bocciato dagli elettori; Veltroni non vuol correre il rischio di fare la fine di Massimo D’Alema che si insediò senza un passaggio per le urne che lo legittimasse diventando così il Caino di Prodi; Casini potrebbe essere ancora Presidente della Camera, o comunque non avere i numeri parlamentari per porsi alla guida del gruppo. Ecco allora Formigoni, leader centrista amato dalla chiesa, da Comunione e Liberazione come dall’Azione Cattolica e da molti altri movimenti, non inviso alla sinistra oppure… oppure proprio dall’altra parte magari Massimo Cacciari, Sindaco di Venezia. Né lui nè Formigoni, oggi Presidente della Regione Lombardia, si dovrebbero candidare alle politiche e potrebbero quindi essere chiamati da fuori, come accadde ad Amato, per reggere le sorti del paese, incolpevoli dunque nell’immaginario collettivo per i marasmi parlamentari che andrebbero a governare. Chi dei due? chi, alla resa dei conti, si trovasse in questa maggioranza parlamentare con più numeri, chi insomma in questo 51% da ricercare tanto a Montecitorio come a Palazzo Madama conterà per il 26%.
    Fantapolitica, certo. Una sorta di calciomercato parlamentare dove ogni trattativa è inventata fino al momento della firma, e vera un minuto dopo. Berlusconi rivince? non se ne fa niente. Prodi tiene saldamente in pugno Bertinotti, Pecoraro Scanio, Diliberto e il correntone DS? non succede niente. Diversamente può accadere di tutto: il voto quasi ‘cattolico’ di Francesco Rutelli agli ultimi referendum in materia di procreazione assistita (lui che era Radicale!), l’ammutinamento o quasi di una parte dell’UDC siciliana, la controversa posizione dei forzisti carolliano (Giorgio Crollo è l’ex coordinatore regionale del partito) in Veneto che hanno costruito un movimento per il PPE europeo…. Tante cose sono accadute, tante stanno accadendo, tante ne potranno accadere, tanti protagonisti camminano sul filo in precario equilibrio cercando la propria parte in copione. Le urne dovranno decidere tutto, se poi quello che accadrà non sarà quello che gli Italiani avrebbero voluto votando è, sarà davvero un problema? Con un referendum venne abolito il finanziamento pubblico dei partiti e si è inventato il rimborso elettorale, fu cancellato il Ministro dell’Agricoltura ed ora abbiamo quello per le Politiche Agricole, votammo Prodi e ci venne dato prima D’Alema e poi Amato. Insomma ci siamo abituati, anche è questo è democrazia: la libertà di fare tutto o quasi quello che si vuole, anche in politica…

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