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Numero 7(98)
ZUPPE E MINESTRONI: I PIATTI DELLA TRADIZIONE
Ogni regione dItalia ha la sua ricetta, legata alla cultura popolare. E spesso la preparazione prevede limpiego di riso e pasta.


    A noi italiani, è la verità, piacciono minestre e zuppe quando ci si può infilare dentro il cucchiaio, e rimane diritto. Le minestre e le zuppe brodose non sono molto amate; e questo fa una differenza molto importante, anzi la differenza principale, ripensandoci,m tra la cucina italiana o mediterranea e la cucina dei paesi nordici o anche dei paesi orientali o sudamericani. Forse è questione di clima, forse ci sono altre ragioni. Certo è che quando un giornalista americano che faceva una delle prime inchieste gastronomiche in Italia, dopo la guerra, chiamò Milano addirittura, mother of minestrone, la madre del minestrone, in cui naturalmente compare il riso; senza parlare di tante altre minestre e zuppe in cui anche con verdure e legumi appaiono pasta o riso. Ce ne sono alcune anche con il pane, incominciando dalla celebre pappa col pomodoro, che è la prima ma non la sola nell’utilizzare tutto in cucina, incominciando dal pane raffermo; e quante ce ne sono con i nostri amatissimi legumi: fagioli, ceci, lenticchie, fave, un intero capitolo; quante altre si arricchiscono con uova o formaggio, o altro ancora. Insomma, il discorso è infinito, ma mi soffermerei alle zuppe vere e proprie, in cui entrano soltanto, o quasi verdure, oppure ortaggi, in tanti accordi e mescolanze. Preziosi, in queste ricette, zucchine, carote, catalogna, cipolle, sedano,asparagi, funghi, cavoli, rucola, finocchi, rape; e vogliamo anche ammettere la patata? Oltre alla lattuga, ancora, pomodoro, melanzane, peperoni, porro, scalogno, erbette, biete, spinaci, zucche, fiori di zucca e tutte le erbe aromatiche della nostra terra; ma l’elenco non è finito Pensate all’acqua cotta, che ancora si fa in molte regioni dell’Italia centrale. Nel più alto e affamato Medioevo si andava in cerca di erbe e pianticelle che crescevano spontanee; si les savano nell’acqua con un pizzico di sale, se c’era: e quello era tutto il cibo, a volte. In un convento della bassa Toscana, anche i poveri frati si nutrivano così- racconta una storia- con l’acqua cotta, aggiungendo solo quando potevano, quando ricevevano qualche carità, qualche pezzetto di pane o formaggio o salsiccia. A un certo punto, incominciarono tutto a essere assaliti di notte da sogni e visioni lussuriosi ; e pensando che si trattasse delle solite tentazioni diaboliche, andavano a prostrarsi sul pavimento gelido della chiesa , e si flagellavano inutilmente. Solo dopo una lunga penitenza si accorsero che, senza saperlo, avevano fatto con quelle erbe selvatiche una mistura veramente diabolica, cioè afrodisiaca. C’è sempre, ancora oggi, chi cerca di ritrovare la tanto potente combinazione di erbe, invano.
    Bene, tra queste zuppe ecco la” zuppa d’imbroglio”, ancora in auge fino a qualche anno fa nel com’asco (sul lago di Como). Le ragazze, dopo una notte di pioggia, a primavera, potevano andare a raccogliere verdure all’alba e con quella preparare una zuppa che si doveva far mangiare all’ignaro giovanotto preso di mira. Se mangiava era fatta: cadeva innamorato, si procedeva ai riti del fidanzamento, al matrimonio, alla crescita dei figli , e si ricominciava da capo. In quella zuppa entravano, potevano entrare anche oggi, volendo, tutte le verdure disponibili al momento : da passare prima in un soffritto poi da portare a cottura con acqua e brodo, aggiungendo alla fine un trito di aglio, lardo, basilico e qualche foglia di cavolo sminuzzato.
    Nella zona di Teramo si fa la “zuppa di virtù” , sempre con tutte le verdure disponibili, aggiungendo anche , secondo i casi legumi, maiale, pecorino e via dicendo; insomma diverse versioni dalla primavera all’inverno; molto sostanziosa , che in tempi recenti accetta anche la pasta corta.
    Tornando a noi, in pratica si possono fare minestre o zuppe con tutto ciò che l’orto ci offre ; il principio di solito è sempre quello: partire da un soffritto di olio di oliva o lardo o strutto o burro o anche questi grassi mescolati ; farvi appassire le cipolle, per prime, senza che prendano colore, poi unire le altre verdure, quelle disponibili o quelle prescelte , pulite, naturalmente, tagliate a rotelle o a dadini, come volete, rosolarle, portare avanti la cottura bagnando con acqua o brodo vegetale, o anche brodo di carne leggero, aggiustare di pepe e sale o peperoncino, unire anche erbe aromatiche come prezzemolo, basilico, maggiorana, timo ecc..Se tra le verdure è compreso il pomodoro, conviene forse aggiungerlo in principio alla cipolla prima degli altri ingredienti, per formare una base di cottura più morbida o, al contrario, dopo le altre verdure.
    La zuppa si può portare a cottura così semplicemente oppure si può insaporire , secondo versioni particolari, con l’aggiunta, alla fine, di un secondo soffritto in cui possono entrare diversi ingredienti rispetto al primo. E poi, come dicevo, tralasciando per necessità l’intero vasto, capitolo delle zuppe e minestre con fagioli e altri legumi ( ne faremo un capitolo a parte), vorrei ricordare ancora altre felici combinazioni. C’è per esempio , una bellissima zuppa di finocchi e formaggio per cui occorrono finocchi lessati e tagliati a spicchi, ma anche crostini o triangoli di pane arrostiti nel burro e fettine di formaggio fresco, morbido. Si dispongono in tegame, a strati crostini e fette di formaggio, finocchi, bagnando man mano con un po’ della stessa acqua di cottura dei finocchi tenuta prima da parte e si manda finalmente in forno ben caldo a legare.
    Con le uova mi viene in mente la stupenda zuppa di “cicoria, cacio e uova”, la ricetta è già nel nome. Comunque si parte sempre da un bel soffritto, poi si unisce abbondante cicoria (prima lessata, lasciata raffreddare perché perda un po’ del suo amaro quando si tratta proprio di cicoria selvatica e tritata) , sale pepe, uova sbattute e abbondante pecorino fresco grattugiato. Il tutto, attenzione, si passa in una zuppiera e così , fuori dal fuoco, si copre di brodo bollente.

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