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Numero 2(82)
Dimissioni attese e inattese

    Il 24 febbraio, ha avuto luogo un evento, la cui inevitabilità è stata evidenziata più volte da molti negli ultimi tre anni, il quale, peraltro, è risultato assolutamente inatteso: il presidente della Russia Vladimir Putin ha destituito il governo di Mikhail Kassyanov.
    Ha, inoltre, nominato il vice premier Viktor Khristenko (uno dei “veterani” dell’esecutivo) premier ad interim. Le dimissioni sono state operate in conformità al “metodo” preferito da Putin (ma anche da Eltsin): il Presidente stesso le ha dichiarate a sorpresa nel suo intervento, trasmesso da due TV pubbliche, cosicché anche molti ministri hanno saputo la notizia della destituzione in piena giornata di lavoro.
    Le ipotesi, relative ai motivi di questa decisione, sono comparse quasi subito dopo la pubblicazione del decreto presidenziale. La scelta, ha precisato lo stesso Vladimir Putin, “non è legata all’apprezzamento per il lavoro svolto dal Governo, che giudico complessvamente soddisfacente, ma alla volontà di manifestare un’altra volta la mia posizione sulla direzione che il Paese dovrà prendere dopo il 14 marzo”. C’è da rilevare che la decisione, inerente alle dimissioni dell’esecutivo, è diventata anche una specie di test di lealtà nei confronti del Presidente da parte degli esponenti dell’establishment, la maggior parte del quale, infatti, ha immediatamente valutato la scelta di Putin come “una mossa politica forte”, giusta e tempestiva, e il lavoro del Governo, come “insoddisfacente”.
    Quando a questo coro hanno aderito gli stessi ministri, la situazione ha cominciato ad essere simile a quella di qualche barzelletta dei tempi sovietici. Così, il vice premier Kudrin ha ribadito che il Presidente “ha preso una decisione giusta, coraggiosa e onesta”, manifestando in tal modo la futura politica della Russia. E il vice premier Karelova ha definito le proprie dimissioni “una dimostrazione del fatto che il Presidente della Federazione Russa reagisce con sollecitudine agli atteggiamenti degli uomini”. La dichiarazione di Kudrin peraltro potrebbe essere anche una specie di campagna PR, svolta da lui stesso, perché il vice premier è uno dei pretendenti per il seggio del premier e quindi magari cerca di piacere al Presidente, guadagnando qualche punto in più nella lotta per il posto ambito.
    L’ipotesi principale dei politici leali a Vladimir Putin è questa: il Presidente ha deciso di evitare l’appianamento delle divergenze, relative alla composizione dell’esecutivo, che potrebbe durare mesi e mesi, tagliando questo “nodo gordiano” e ottenendo un lavoro stabile del Governo.
    A valutare la mossa di Putin in modo critico sono stati, naturalmente, i candidati a Presidente in opposizione. Secondo Irina Khakamada, Vladimir Putin “in questo modo ha fatto saltare la situazione preelettorale”. La sig-ra Khakamada ha anche richiamato attenzione al fatto che il Presidente neoeletto, in conformità alla legislazione russa, dovrà sostituire l’esecutivo. Quindi, secondo lei, il Paese sarà tenuto al buio, relativamente all’attività del Governo, almeno per un mese. E’ per questo che Irina Khakamada definisce le dimissioni del Governo “la destabilizzazione della situazione nel Paese”. Nikolai Kharitonov, candidato a Presidente del Partito comunista, ha valutato la scelta del capo dello Stato come una mossa, chiamata a “farsi amare subito gli elettori e rialzare l’indice di gradimento elettorale”. Ivan Rybkin ha definito la decsione di Putin “una continuazione di quello stile nervoso di amministrazione, il quale ora prende a delinearsi”. Serghei Glaziev, candidato a Presidente, leader del gruppo “Rodina” nella Duma di Stato, ha espresso un timore che il Governo di Mikhail Kassyanov potesse essere succeduto da un esecutivo che continuerà le politiche di “Ciubais-Gaidar-Kirienko”. Toccando l’attività del governo dimesso, Glaziev ha detto peraltro che “è stata per niente professionale”.
    Per ora, comunque, sarà solo Kassyanov a lasciare il suo posto di lavoro. Gli altri ministri continueranno a svolgere le loro mansioni.
    Politici, giornalisti ed esperti in opposizione sostengono prevalenntemente che le dimissioni di Kassyanov sarebbero state operate per dare alle elezioni del 14 marzo un certo intrigo e per incitare gli elettori a presentarsi alle circoscrizioni elettorali (oggi come oggi, secondo i dati dei sondaggi, la quota necessaria della presenza, il 50%, è in forse).
    Tra le altre ipotesi, relative alle dimissioni, avanzate da politici ed esperti, è quella della vittoria del gruppo dei “siloviki” (esponenti dei Ministeri della difesa, degli interni, del Servizio federale di sicurezza, della Procura generale) nell’entourage del Presidente, i quali avrebbero superato, in tal modo, i membri della “famiglia” eltsiniana: Kassyanov ne era uno degli ultimi esponenti in una posizione di potere. Per confermare tale ipotesi, gli esperti facevano notare i rumori, secondo le quali a carico di Vladislav Surkov, un altro “ultimo della schiera”, il vice capo dell’Amministrazione presidenziale, sarebbe stato instaurato un procedimento penale, mentre Oleg Deripaska, l’oligarca della “famiglia”, ha scritto, a sorpresa, un articolo, mirato contro le azioni rudi, svolte dalla Procura generale nei confronti della grande impresa. L’attenzione di richiama anche verso un giudizio assai forte, dato da Vladimir Putin sul periodo della presidenza del suo predecessore, Boris Eltsin. Il 12 febbraio, parlando alle sue persone di fiducia, Putin ha detto che “i processi distruttivi della decomposizione dello Stato nella scissione dell’Unione Sovietica hanno toccato in seguito, come era facile prevedere, la stessa Federazione Russa... Le speculazioni politiche, basate sulla tensione naturale degli uomini verso la democrazia, gravi errori nello svolgimento delle riforme economiche e sociali, avevano comportato allora degli effetti assai gravi... Il Paese aveva caduto in una dipendenza umiliante da istituti finanziari internazionali e da diversi speculatori finanziari... La situazione di aggravava con il fatto che verso quel momento la Russia aveva perduto, in larga misura, la sua posizione autonoma nella politica estera”.
    L’interesse dei politici peraltro è sucitatato ormai non tanto dai motivi delle dimissioni di Kassyanov, quanto da una domanda: chi sarà il suo successore? La questione è così importante per l’élite politica russa perché proprio il posto del premier è un punto di lancio per il successore dello stesso Presidente: infatti, Putin, a qualche giorno dalla destituzione dell’esecutivo, si è lasciato scappare l’affermazione, relativa alla sua intenzione di prepararsi un “erede”. Il nuovo Governo e il suo capo, poi, diverranno simboli della direzione che Putin seguirà durante la sua seconda legislatura: se, cioè, preferirà mantenere intatta la “stabilizzazione” senza riforme di oggi, oppure il Paese dovrà affrontare una nuova fase delle riforme radicali, chiamata a liberare l’economia dal fardello pesante dei tempi sovietici e a far entrare la Russia fra le potenze più avanzate.
    Tra gli uomini che più probabilmente potrebbero diventare premier, ci sono Dimitrij Kozak, i vice premier Kudrin e Alioscin, il Ministro della difesa Serghej Ivanov, il presidente della Duma di Stato e il leader della “Russia Unita” Boris Gryzlov. Per quanto riguarda Ivanov, secondo alcuni analisti, egli non potrebbe essere nominato premier prima della fine del 2007: per non essere reponsabile degli eventuali fiaschi economici. E’ assai probabile peraltro che a diventare il nuovo premier sarà un personaggio assolutamente imprevisto: da quando è Presidente, Putin ha già acquistato la reputazione di un politico che trae dal suo cilindro conigli sempre nuovi...

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