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Numero 2(94)
Sgambetto notturno e pattuglia turca

    Hollywood sirena per i registi. La grande tradizione cinematografica russa sopravviverà?
    Una volta, cioè circa dieci anni fa, si andava al cinema solo per vedere un altro capolavoro americano. Ricordando i film russi degli anni 90, vengono in mente poche opere (“Il barbiere della Siberia”, “Fratello-1”, “Fratello-2”), e poi ci perdiamo nel buio. Alcune commedie da Capodanno non facevano che riprendere una vecchia tradizione venuta a noia. I film americani di stampo Hollywoodiano cominciavano a far venire la nausea. Tra i film di scarsa qualità che giunsero a valanga sugli schermi russi dopo la caduta della cortina di ferro, valeva la pena di vederne uno su cento. Il così detto boom del cinema russo è piombato addosso al pubblico nel 2003, l’anno in cui sono usciti “Il ritorno” di Andrei Zviaghintsev, “Koktebel” (di Boris Khlebnikov e Aleksej Popogrebskij) e “Una passeggiata” di Aleksej Ucitel. Tutti e tre i film hanno partecipato alla Mostra del Cinema di Venezia del 2003, e “Il ritorno” ha ricevuto addirittura un Leone d’oro, cosa che non avveniva dal 1991, quando a vincere lo stesso premio fu l’“Urga” di Nikita Mikhalkov.
    Essi abbandonano ogni stereotipo e fanno ricordare come il cinema russo non abbia niente a che vedere con film d‘azione in cui l’ennesimo “tough guy” spacca a qualcuno la testa, oppure dove si vedono girare le BMW nere di gente dall’aria ostentatamente malavitosa. Il nostro forte è noto dall’Ottocento: è l’introspezione, la fine analisi psicologica e la descrizione dei moti dell’animo. Sembrava ormai chiaro chi fossero i nuovi divi del cinema russo. Nella primavera del 2004 si è potuto vedere “Giochi di farfalline” di Andrej Proshkin, con attori giovani e bravi come Andrei Ciadov e Oksana Akinscina e con Serghej Shnurov, la famosa “testa calda” leader del gruppo “Leningrad”. All’inizio del 2005 è andato in onda televisiva “I cadetti” di Andrej Kavun, una riduzione cinematografica del romanzo autobiografico di Petr Todorovskij “Ricorda o non ricorda...”. Testimoniano l’alto livello qualitativo dell’opera sia l’accurato lavoro del regista non solo con il testo originale, ma anche con i materiali d’archivio, sia il lavoro degli attori, che recitano come se dovessero morire domani, se non proprio oggi. Inoltre il serial è di sole 10 puntate e non dura dei mesi, come tutte le soap opera.
    Ma a questo punto, chissa perché, i produttori russi si sono messi a correre, di punto in bianco, verso Hollywood, si sono fatti vedere sulla passatoia rossa e hanno divertito la gente con “La pattuglia notturna”. Io personalmente prefersico il titolo datogli da Goblin, l’interprete burlesco dei film stranieri e russi, ovvero “Mercato notturno”. Si, è proprio un mercato: “Ohè, ragazzi, guardate che effetti speciali che abbiamo, comprate biglietti, a poco prezzo. Prendili, caro, i nostri effetti speciali sono veramente speciali!”. E dopo salta fuori che il venditore ti ha fregato di nuovo. E ora tocca allo “Sgambetto turco”...
    Lo scrittore Boris Akunin, popolarissimo autore di gialli raffinati ambientati in epoche passate non si presta alla riduzione cionematografica. I registi “inciampano” forse proprio in quello che piaceva particolarmente al pubblico nei libri di Akunin, cioè nell’adattamento stilistico alla letteratura russa del Novecento. Il primo serial, dedicato a Erast Fandorin, il protagonista dei romanzi di Akunin, andato in onda sul primo canale della TV, è riuscito ad assopire la mia nonna, assai sveglia. La seconda riduzione cinematografica sembra un misto di stampa popolare e videoclip sulla guerra russo-turca. Ma il pubblico arriva in massa a vedere il film. Ma cosa mangia in modo così disciplinato?
    Anno 1877, guerra tra Russia e Turchia, una spia omicida, amore e sangue: eccoli, tutti gli elementi di uno spettacolo coinvolgente, ma esso... non coinvolge. L’attore protagonista di nuovo non riesce a raggiungere la misteriosità e la forza di Fandorin. Il ruolo proprio non si addice a Egor Beroev (sebbene egli si sforzi onestamente di superare sé stesso). È brillante come sempre Gosha Kutsenko (è salvato ovunque dal suo umorismo). Quella che recita davvero perfettamente è Varvara Suvorova (il casting non è stato disastroso almeno in questa scelta). A proposito, si vede subito che il nuovo block-buster è stato ideato dagli stessi produttori della “Pattuglia notturna”: il libro d’origine è assai discreto, gli effetti speciali sono tanti, ma il film non c’è.
    Rimane senza risposta la domanda: in che direzione sta andando il cinema russo? Vuole raggiungere Hollywood, attraendo il pubblico con la somiglianza tra le nostre e le loro pellicole, oppure vuole restare fedele a sé stesso, migliorando gli scenari e l’immagine? Se per un giudizio ci basiamo sui risultati del 2004 e sul rating inedito della “Pattuglia notturna” (la gente ha dato retta alle televisioni ed è andata nei cinema), oltre che su quello dello “Sgambetto turco”, di poco inferiore al primo quanto a successo commerciale, vince la prima ipotesi. Se invece dobbiamo fidarci del fatto che proprio “Il ritorno” è stato premiato a Venezia e che proprio questo film e “Una passeggiata” vengono ancora oggi proiettati nei cinema (ormai da due anni), è lecito sperare nella conservazione dell’identita specifica del cinema russo. Ma più probabilmente si verifichera ciò che succede ovunque: sale stracolme per i fac-simile di “Hollywood”, appoggiati da grossi investimenti pubblicitari, e sale mezzo vuote per i film russi, premiati a livello internazionale.

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