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Numero 11(56)
La lotta alla criminalità, o una campagna clamorosa?

    I mass media tradizionali ed elettronici hanno informato il mondo sulla nuova vittoria della legge sulla criminalità.
    Il 10 giugno, in alcuni Paesi europei (Svizzera, Germania, Francia, Italia, Monaco), nonché in Canada si è svolta una grande operazione poliziesca, denominata “Ragnatela”, finalizzata alla disfatta della rete criminale, che ha visto la partecipazione degli oriundi ex sovietici. Circa 50 persone sono state arrestate, e 150 si trovano sotto inchiesta. Sono state svolte perquisizioni in centinaia di uffici in Germania, Francia, Svizzera, Italia, New York. Venti persone sono state arrestate in Italia. Nel corso dei raid notturni, la polizia ha sequestrato immobili, auto e merci sfarzose e ha congelato 300 conti bancari, usati per trasferire dei soldi che, secondo le autorità, sarebbero stati accumulati per vie criminali. “Abbiamo trovato le tracce di un’organizzazione internazionale, fondata in Russia e legata alla criminalità organizzata europea. Cercando di reinvestire i loro soldi, essa usa una complessa rete di riciclaggio”, ha detto Francesco Gratteri, capo del reparto speciale della polizia italiana che coordina l’operazione “Ragnatela”. Ha rilevato, inoltre, che quest’operazione ha permesso e permetterà (visto che continuerà) di respingere l’attacco delle organizzazioni criminali contro l’economia pulita. Pierluigi Vigna, il procuratore nazionale che gestisce le indagini relative all’attività della mafia ha detto che la “Ragnatela” ha dimostrato come la criminalità organizzata riesca a riciclare i propri soldi, comprando e vendendo aziende e strumenti finanziari. “E’ la più grossa indagine italiana concernente il riciclaggio dei soldi da parte delle strutture mafiose dell’ex Unione Sovietica”, ha sostenuto in una dichiarazione per la stampa un altro portavoce delle autorità.
    Secondo quanto comunica il Corriere della Sera, l’operazione “Ragnatela” sarebbe stata avviata già nel 1997. Proprio allora un certo Pavel Markovtsev, che acquistava collant in Italia per venderli in Russia, aveva ricevuto minacce dai concorrenti protetti da clan criminali. La polizia italiana aveva aperto le indagini, scovando un’organizzazione internazionale che cercava di ottenere il controllo sul commercio tra l’Italia e i Paesi dell’ex Unione Sovietica.
    Si afferma che l’inchiesta sia riuscita ad individuare uno schema finanziario complicato, per mezzo del quale i mezzi venivano portati via dalla Russia e da altri Paesi dell’ex URSS per essere riciclati negli USA e reinvestiti successivamente in Europa o per tornare in Russia come investimenti o merci importate. Solo negli anni 1996-1998 in questo modo sono stati esportati almeno 3 miliardi di dollari USA. A parte questo, i gruppi criminali s’impegnavano nello spaccio di armi e droga, nonché nell’organizzazione dell’emigrazione clandestina. Il Corriere parla di concreti gruppi criminali russi che avrebbero partecipato a quelle operazioni: quello di Solntsevo e quello di Koptevo.
    Una cosa però è preoccupante: i media non dicono niente sulla collaborazione dei tutori della legge occidentali con i loro colleghi russi, mentre solo un mese fa lo stesso Vigna ha firmato solennemente con Ustinov un accordo di cooperazione. E’ un po’ strana anche l’intenzione insistente di correlare gli arrestati al gruppo di Solntsevo. I giornali hanno già scritto sui contatti fra i criminali e i guerriglieri ceceni, che avrebbero accompagnato trasporti di contrabbando in qualità guardie. Certi dubbi nascono anche quando si pensa alla somma alquanto bassa di mezzi sequestrati, più simili ai risparmi di alcune decine di imprenditori che “una cassa nera”. Non va dimenticato anche il fatto che per i giudici italiani questa non è la prima causa clamorosa. Nel decennio passato i loro “clienti”, nell’ambito dell’operazione “Mani pulite”, erano praticamente tutti i rappresentanti dell’élite politica di allora. Ma quell’operazione, pubblicizzata a più non posso, era finita in nulla. Inoltre, i media indicano, come centro dei trasferimenti dei soldi sporchi, la società “Benex”, che figurava nella “causa della Bank of New York”. Può darsi che si tratti della rianimazione della “causa BONY”, per gli stessi motivi per i quali essa era nata nel 1999: per esercitare pressioni sulle autorità russe in certe questioni.

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