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Numero 11(56)
La nuova Russia di Putin

    Il 24 giugno, mantenendo la promessa fatta l’estate scorsa, il Presidente della Russia Vladimir Putin ha riunito circa 700 giornalisti e ha tenuto una conferenza stampa, trasmessa in diretta dal canale televisivo ORT.
    Per la maggior parte le domande, come anche le risposte, riguardavano la politica estera della Russia, ma Putin ha dovuto anche rispondere ad una domanda diretta sui motivi dell’elevata attività internazionale e sui suoi vantaggi. A sua detta, tale attività mira ad aprire i mercati per le merci russe e a procacciare investimenti stranieri. Putin ha anche rilevato che per farlo, la Russia deve entrare nella WTO, mentre alle obiezioni di chi gli faceva notare che la metà dell’imprenditoria russa ne fosse contraria rispondeva: “Chi ha fatto questi calcoli? Una parte rilevante degli imprenditori è a favore dell’adesione alla WTO. Ed è molto facile vedere chi siano: tutti coloro che rappresentano i settori relativi alle esportazioni, sono favorevoli. Tutti. Coloro che non sono sufficientemente competenti, sono contrari. Perché, secondo loro, l’arrivo di merci occidentali poco costose e di alta qualità li priverà di un futuro. Oggi la Russia è l’unica grossa economia a non far parte della WTO. Il 95% o più dell’economia internazionale cade sulla WTO. E’ pericoloso e stupido starne in disparte”. Parlando dei rapporti con l’Ucraina, Putin ha proposto a Kiev di creare una zona di libero commercio, ma sull’Unione tra la Russia e la Bielorussia Putin si è espresso in modo estremamente duro, dichiarando che è ora di cessare l’incertezza legale e fare una scelta definitiva fra l’istituzione di strutture sovranazionali con poteri ben definiti, come nell’UE, e la creazione di uno Stato unitario.
    Un’altra domanda concernente questo settore riguardava la posizione russa nei confronti di Kaliningrado. Putin ha ribadito che essa è “aperta, comprensibile e degna su tutti gli aspetti”. Egli ha stabilito intanto un margine netto di compromesso, rilevando che “noi non accetteremo mai soluzioni che, in realtà, avrebbero scisso il territorio della sovranità russa, mentre l’introduzione di qualche regime speciale per Kaliningrado sicuramente comporterà tali conseguenze”: la Russia, cioè, continua a richiedere il diritto di un transito libero.
    E’ interessante che per parlare delle sue priorità di politica estera, il capo dello Stato abbia usato anche la domanda di un reporter di Belgorod sul progetto relativo allo sviluppo di una produzione di massa nel settore della carne. Nella sua risposta, Vladimir Putin ha messo in rilievo innanzitutto l’irrigidimento delle norme nazionali concernenti la qualità dei prodotti alimentari, nonché la corrispondenza alla prassi internazionale dei dazi proibitivi per le importazioni. Nel contempo, il leader russo non ha perso l’occasione di rimproverare all’UE i doppi standard.
    La più “esotica” delle domande riguardanti la politica estera è stata quella fatta da un giornalista proveniente dagli Emirati Arabi, sui piani della dirigenza russa per risolvere la crisi mediorientale. La posizione della Russia è quasi identica a quella di tutta la comunità internazionale, con una sola eccezione: secondo Putin, Arafat deve rimanere in carica, dato che il suo ritiro non comporterebbe che la radicalizzazione del movimento palestinese.
    Alcune domande riguardavano i problemi interni della Russia. Rispondendo alle accuse di aver svolto una politica di conquista nei confronti delle regioni con bilanci attivi, Putin ha ricordato che la ridistribuzione della ricchezza a favore delle regioni piu’ povere ha permesso al Paese di evitare un’esplosione sociale che avrebbe spazzato via anche le zone benestanti. Replicando alla domanda sugli indugi nella riforma dei servizi comunali, il Presidente ha ribadito che non serve avere fretta in questa questione: la fretta potrebbe comportare effetti imprevedibili.
    E la risposta alla domanda del rappresentante del servizio russo della BBC sulla corruzione e irresponsabilità degli organi tutori della legge è stata sensazionale. Il Presidente ha annunciato che d’ora in poi, non solo i capi della Direzione generale degli interni e dei Reparti degli interni saranno concordati con i governatori, ma anche i capi dei reparti regionali della GAI (Polizia stradale). Le stesse regioni, poi, determineranno le modalità della vendita della terra. Interessante è anche la risposta di Putin quando gli è stato chiesto se egli senta un sabotaggio (delle riforme) da parte dei governatori: “I capi delle regioni sostengono senz’altro il Presidente e il governo. Ci impegneremo nell’ottenere l’esecuzione delle leggi federali. Abbiamo conseguito progressi nella soluzione del problema chiave: quello di far corrispondere le leggi regionali a quelle federali. I governatori non accettano tutto, ma ciò vuol dire che non tutte le soluzioni federali sono ottimali. A volte c’è anche opposizione, ma non a carattere distruttivo”.
    Rispondendo alla domanda sull’eventuale vittoria elettorale dei partiti di ultradestra, Putin ha detto che in Russia non esistono le condizioni necessarie per tale fenomeno, dato che le autorità cercano di trarre la popolazione dalla miseria e di garantire la sua sicurezza, oltre a cercare di non costringere gli oppositori alla clandestinità. A parte che in questi argomenti c’è parecchia furbizia, non va dimenticato che la popolazione serba ancora dolori fantomatici, e il ricordo della presunta grandezza dell’URSS, che potrebbe diventare un buon nutrimento per i populisti. Putin, del resto, non ha dimenticato anche questo pericolo, invitando a disfarsi della boria nazionale, dello sciovinismo da grande potenza. Rispondendo alla domanda sulla campagna di odore nazionalista rivolta contro gli emigranti attuata dal governatore di Kuban, Tkacev, Putin ha detto che in un Paese come la Russia istigare la discordia tra diverse etnie e confessioni religiose è enormemente pericoloso.
    Commentando la situazione della Cecenia, il Presidente ha affermato che “bisogna cessare le “pulizie” in Cecenia”. Putin ha rilevato che ciò diventerà possibile solo quando si sarà stato consolidato l’elemento legale, giuridico e poliziesco dell’amministrazione cecena, precisando che l’elemento poliziesco, per lui, implica la creazione di strutture efficienti degli interni, con reparti di guerra, tipo OMON e altri organismi del genere. A sua detta, quest’attività viene già svolta intensamente, e ciò è la fase successiva della normalizzazione della situazione in Cecenia. Putin ha anche messo in rilievo il ruolo della rete di spionaggio cecena nell’eliminazione di Hattab, il famoso comandante della guerriglia, sottolineando che a quell’operazione avevano partecipato non solo agenti segreti dal novero dei mercenari stranieri, ma “anche la popolazione cecena”. “La Cecenia dev’essere difesa dagli stessi ceceni”, ha sostenuto Vladimir Putin. Moltenski, il comandante delle truppe russe in Cecenia, ha detto quasi subito, del resto, che le pulizie continueranno. Rispondendo alla domanda sull’immagine negativa del popolo ceceno, il capo dello Stato ha ammesso che, purtroppo, essa esiste nell’opinione pubblica russa. “Il popolo ceceno non ha nessuna colpa tempo fa era stato lasciato in balia della sorte”, ha detto il Presidente. “Non ci metteremo a cercare colpevoli, ma è chiaro che la macchina statale della Russia non ha funzionato bene”.
    Alcune domande concernevano il rapporto tra Putin ed il primo Presidente della Russia Boris Eltsin, il cui successore ufficiale è appunto il capo attuale dello Stato. La risposta di Putin è stata abbastanza categorica: “Noi non neghiamo quanto è stato fatto finora. Sviluppiamo il Paese in base a ciò che era stato creato da Eltsin. Ma siamo diversi come persone, valutiamo le cose in modo diverso. E’ chiaro che se Elsin fosse stato Presidente adesso, non avremmo restituito i simboli dello Stato né l’inno. Egli ha la propria opinione, io ho la mia. Ma sono io responsabile del Paese. Noi lo ascoltiamo, ma opereremo in modo autonomo”. Fulmini anche per i mass media indipendenti, che, a detta di Putin, spesso si comportano poco bene. Per confermarlo, il Presidente ha raccontato una storiella su un certo governatore, dal quale sono venuti i giornalisti con una proposta d’affari: “Dateci 250 mila dollari e non scriveremo male di Lei. Questi soldi servono perché nessuno ci compri”.
    L’unica domanda veramente sgradevole per il Presidente è stata quella fatta dall’inviato dell’Economist, che voleva sapere chi sia il mandante di Putin. La risposta è stata breve: “il popolo russo”. Inoltre, il Presidente ha invitato a non “demonizzare” la polizia e l’esercito.

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